Absolute Poetry 2.0
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La rivoluzione silenziosa dei Crepuscolari

L’Unità, 2007

Articolo postato lunedì 19 febbraio 2007
da Lello Voce

Strano destino quello dei poeti Crepuscolari. A ben guardare tanto del loro operare artistico ci riguarda da vicino, ci è prossimo per atmosfere, orizzonti, prospettive. Di più: il Crepuscolarismo pare essere una delle radici più solide e sviluppate della poesia contemporanea, fino al punto da indurre uno studioso attento del nostro Ottocento letterario come Giuseppe Zaccaria a individuarvi un’attitudine addirittura postmoderna «nel rifiuto di ogni idea della poesia come intuizione pura o espressione immediata del sentimento» e nel suo intendere la poesia come «fare, tecnica costruttiva, progetto fattuale che passa attraverso le sottili mediazioni di una scaltrita consapevolezza letteraria».

Eppure di Crepuscolarismo si parla ancora troppo poco, nonostante l’accento posto su di esso anche da poeti decisivi del nostro secondo Novecento, come Edoardo Sanguineti, nella sua lettura di Gozzano, e nonostante anche alcune voci delle generazioni più giovani, come quella di Giuliano Ladolfi, si siano recentemente levate in difesa del movimento e del suo caposcuola, addebitando certe tiepidezze al fatto che se ne «sia colto solo l’aspetto esteriore», senza porre tutta l’attenzione che meritavano alle «cause » che erano a monte di determinate scelte stilistiche. Certo, lo sdoganamento di tutto il campionario della poesia orfica, romantica, o più semplicemente ‘sentimentale’ che ha interessato certi aspetti della lirica italiana dell’ultimo trentennio non ha aiutato il Crepuscolarismo ad ottenere giustizia, quasi che la sua lotta contro il dannunzianesimo e tutti i suoi cascami fosse ancora interamente da combattere, nonostante quanto la letteratura italiana ha comunque prodotto dopo e oltre D’Annunzio e Gozzano.

Ben venga dunque l’antologia di poesia crepuscolare recentemente proposta da Roberto Carnero sotto l’azzeccato titolo di Felicità e Malinconia, una crestomazia nata non solo per offrire al lettore una selezione mirata che gli permetta di conoscere con agio e facilità buona parte della produzione dei crepuscolari, ma anche per riaprire il dibattito critico su un -ismo che promette di essere bacino di feconde scoperte anche per la nostra contemporaneità.

Da Gozzano a Chiaves, da Corazzini a Palazzeschi, Govoni, Moretti, la scelta di Carnero offre un panorama ampio e composito che permette, tanto a chi abbia già una conoscenza dell’argomento, quanto a chi invece si avvicina per la prima volta a una poesia che può sembrare, ancora oggi, ‘insolita’, di percorrere le tappe principali di un movimento per molti versi decisivo.

Individuato per la prima volta come –ismo da un pezzo di Giuseppe Antonio Borghese sulla Stampa del settembre del 1910, che ne indicava nel gusto dell’abbassamento del tono, nella «smania rientrativa» la caratteristica decisiva, il Crepuscolarismo avrà in realtà vita breve e potrà considerarsi concluso già alla fine del primo conflitto mondiale, riuscendo in un pur breve lasso di tempo, a dare una sterzata netta alle nostre vicende poetiche, ad aprire orizzonti nuovi che saranno ben più fertili di conseguenze del roboante verseggiare di certo D’Annunzio, se è vero, com’è vero, che al Crepuscolarismo faranno comunque riferimento nomi decisivi delle successive vicende letterarie, da Saba a Montale, Ungaretti, Caproni, per tacere delle affinità elettive con alcuni esponenti della Neo-avanguardia anni 60, o del rapporto tra la ‘rivoluzione’ crepuscolare e il futuro sviluppo delle avanguardie storiche, che è evidente e lo sarebbe comunque, anche se a segnalarlo non ci fosse la diaspora futurista di autori basilari, quali Pazzeschi e lo stesso Govoni, che pur finirà ermetico.

AA.VV.
Felicità e malinconia – Gozzano e i Crepuscolari
Baldini Castaldi Dalai
Pg.392, €. 10,50

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