Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine

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Redatta da:

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Lettere dalle ragazze

N.9

Articolo postato giovedì 3 maggio 2007

Non ve l’ho mai raccontato, ma prima di lavorare per i giornali ho bazzicato per un certo periodo nel campo della critica d’arte. Scrivevo per una rivista d’ambiente universitario che si chiamava "Entasis", e saltuariamente scrivevo le introduzioni per i cataloghi delle mostre (ebbene sì: anch’io ho i miei bravi scheletri nell’armadio). Al ginnasio avevo avuto un professore di storia dell’arte che aveva dato un forte impulso alle mie speculazioni intellettualistiche. Non si allacciava le stringhe delle scarpe da ginnastica: per me era l’incarnazione del Puro Spirito. Ricordo che una volta andammo in pellegrinaggio a Ferrara, in visita a una mostra del Canova. Dio, la folgorazione! Il refrigerio del candido marmo contro i bollori dell’adolescenza... un’esperienza che raccomando vivamente alle più giovani. Ma a parte questo, scusate, ciò che mi sta a cuore dirvi qui è la storia della mia alienazione da quel campo specifico. Ovvero come capii, in maniera traumatica, che la cosa non faceva per me. Non so se avete presente quella specie di frate incappucciato, riprodotto in tutti i manuali di storia dell’arte, di cui è visibile solo la mano poggiata sul cuore, mentre tutto il resto è tunica e drappeggio. Ecco, quel frate maledetto fu la mia bestia nera. Stavo dando l’esame per il dottorato, l’assistente aprì una pagina a caso e mi guardò. Io dissi: Claus Sluter, 1340 ca-1405, processione dei quaranta piangenti eseguita per il monumento funebre di Filippo l’Ardito, a Digione. Poi mi bloccai e non mi ripresi più. Nel pomeriggio venne mia madre a recuperarmi in portineria. Mi trovavo allora in pieno stato confusionale, ma oggi lo chiedo a voi: cosa c’è di inquietante nel cappuccio di un frate? La mia risposta è: la pura tenebra. Avevo sempre pensato che l’arte servisse a mostrare, non a nascondere, o insinuare. Mi ero concentrata sulle nudità e non avevo colto la scabrosità dei drappeggi, le pieghe oscure che certi non hanno vergogna di dipingere a profusione (volete un altro nome? il Sassoferrato. Non fatevi ingannare dalla levigatezza delle forme: il suo Bambino che dorme è in realtà ancora tutto avvolto negli intestini tentacolari della madre... una cosa francamente sconvolgente, e tanto più in ambito sacro). E vengo qui al tuo problema, mia cara V. di Adria (Ro), e scusami se l’ho presa un po’ lunga. Le foto che mi hai mandato non sono affatto scandalose, credimi. Ti si ritrae nuda come un verme, è vero: e allora? Io penso di poterti dare più di una valida ragione per non preoccuparti. La prima è che il divano su cui sei distesa non presenta alcun tipo di fossa, o depressione (e i divani sono terribili: profonds comme des tombeaux, direbbe Baudelaire). La seconda è che l’impermeabile che si intravede sulla sinistra appare miracolosamente spianato. La terza è che le tue ascelle sono ben visibili, cioè squadernate verso l’obiettivo senza alcuna ambiguità. Da tutto ciò si deducono chiaramente l’onestà e la rettitudine morale dello sguardo che ti ha colta. Perciò ti dico: tranquillizza tuo marito e vai pure in giro a testa alta. Fai i complimenti al fotografo, e non preoccuparti delle chiacchiere.

2 commenti a questo articolo

Lettere dalle ragazze
2007-05-04 08:20:49|

grazie! mi fa molto piacere. Questa poi è anche l’ultima lettera...

silvia


Lettere dalle ragazze
2007-05-03 23:25:35|di molesini

E’ da un po’ che provo a dirti che sei uno spasso ma i commenti su di te non vogliono aderire.


http://silviamolesini.splinder.com

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