di Massimo Arcangeli

Massimo Arcangeli è linguista e sociologo, critico letterario (militante) e scrittore.
Coordina numerose imprese editoriali, dirige varie riviste accademiche (oltre a un Osservatorio della Lingua Italiana per l’editore Zanichelli), è titolare di rubriche giornalistiche, radiofoniche, televisive.
Il suo ultimo libro è il pamphlet Il Medioevo alle porte, pubblicato da Liberilibri (Macerata 2009).

pubblicato martedì 30 agosto 2011
Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti! Carlo Pisacane Macché giovane e (...)
pubblicato giovedì 6 gennaio 2011
Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese io canto, che furo al tempo che passaro i Mori d’Africa il mare, e in (...)
pubblicato domenica 31 ottobre 2010
O cameretta che già fosti un porto a le gravi tempeste mie diürne, fonte se’or di lagrime nocturne, che ’l dì celate per vergogna porto. (...)
 

di Stefano La Via

aggiornato giovedì 24 marzo 2011
 

di Massimo Rizzante

aggiornato venerdì 29 luglio 2011
 

di Gabriele Frasca

aggiornato giovedì 5 maggio 2011
 

di Cecilia Bello Minciacchi,
Paolo Giovannetti,
Massimilano Manganelli,
Marianna Marrucci
e Fabio Zinelli

aggiornato domenica 18 marzo 2012
 

di Rosaria Lo Russo

aggiornato sabato 21 maggio 2011
 

par Pierre Le Pillouër

aggiornato giovedì 17 maggio 2012
 

di Luigi Nacci & Lello Voce

aggiornato domenica 13 novembre 2011
 

di Sergio Garau

aggiornato lunedì 6 febbraio 2012
 

di raphael d’abdon

aggiornato sabato 2 aprile 2011
 

di Claudio Calia

aggiornato venerdì 2 dicembre 2011
 

di Yolanda Castaño

aggiornato martedì 9 novembre 2010
 

di Giacomo Verde

aggiornato sabato 4 giugno 2011
 

di Domenico Ingenito & Fatima Sai

aggiornato mercoledì 10 novembre 2010
 

di Chiara Carminati

aggiornato giovedì 13 gennaio 2011
 

di Gianmaria Nerli

aggiornato giovedì 16 settembre 2010
 

di Maria Teresa Carbone & Franca Rovigatti

aggiornato giovedì 17 marzo 2011
 

a cura di Massimo Rizzante e Lello Voce

aggiornato domenica 27 novembre 2011
 

Mare

Articolo postato lunedì 13 settembre 2010

né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né ’l debito amore
lo qual dovea Penelopè far lieta,

vincer potero dentro a me l’ardore
ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore;

ma misi me per l’alto mare aperto
sol con un legno e con quella compagna
picciola da la qual non fui diserto.
Dante Alighieri

E se quella notte speravo in una notte
più calma e di risentire il mare
non era per predare, non era
per gettare il capo in un bianco fuoco,
ma era per avere quiete, quiete
se non amore, quiete un poco…
Davide Rondoni

Sfidava fragorose tempeste per sfuggire la quiete.
Per puntare a un “amore” silenzioso grida bonaccia.

Il mare come metafora della tensione verso l’ignoto, il suo rumore come anticamera di sospirosa pace. Tra ulissismo omerico e post-ulissismo dantesco; Dante e la fuga dell’indomito eroe dalla petrosa Itaca, Rondoni e il desiderato approdo dell’emigrato del Sud a una Milano da sdemonizzare (“Quante volte sono venuto al tuo inferno, / Milano, a inaugurarlo”). Tra i simboli traboccanti di senso, il mare: fluido sensuale o liquido amniotico, luogo di purificazione (se agitato) o promessa di vita duratura (se sondato nelle profondità).
Il mare e la terra: la vita e la morte allacciate insieme. Si nasce dal mare (Afrodite), si torna alla terra. Ma anche l’oceano, senza la terra, non si struttura in architetture di significati, nemmeno elementari. Anzi. Lo sconfinato, soprattutto, ha bisogno di limiti, margini, confini. Trae, da questi, tutta la sua forza. Specularmente l’isola, senza l’immenso mare aperto, non può interpretare se stessa. Sembrano soli, oceani e isole. Cercano invece, anche loro, un punto d’incontro. In fondo, ha ragione Amos Oz, siamo tutti penisole. Bisognosi di comunicare. Di crescere. O di maturare. Per un mare che s’è ingrandito (in latino era ‘stagno’ o ‘laguna’), un oceano che s’è ridimensionato. Un tempo era un dio, di quelle acque che si credeva cingessero l’intero pianeta.

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