di Massimo Arcangeli
Massimo Arcangeli è linguista e sociologo, critico letterario (militante) e scrittore.
Coordina numerose imprese editoriali, dirige varie riviste accademiche (oltre a un Osservatorio della Lingua Italiana per l’editore Zanichelli), è titolare di rubriche giornalistiche, radiofoniche, televisive.
Il suo ultimo libro è il pamphlet Il Medioevo alle porte, pubblicato da Liberilibri (Macerata 2009).
di Cecilia Bello Minciacchi,
Paolo Giovannetti,
Massimilano Manganelli,
Marianna Marrucci
e Fabio Zinelli
di Yolanda Castaño
di Domenico Ingenito & Fatima Sai
di Maria Teresa Carbone & Franca Rovigatti
a cura di Massimo Rizzante e Lello Voce
né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né ’l debito amore
lo qual dovea Penelopè far lieta,
vincer potero dentro a me l’ardore
ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore;
ma misi me per l’alto mare aperto
sol con un legno e con quella compagna
picciola da la qual non fui diserto.
Dante Alighieri
E se quella notte speravo in una notte
più calma e di risentire il mare
non era per predare, non era
per gettare il capo in un bianco fuoco,
ma era per avere quiete, quiete
se non amore, quiete un poco…
Davide Rondoni
Sfidava fragorose tempeste per sfuggire la quiete.
Per puntare a un “amore” silenzioso grida bonaccia.
Il mare come metafora della tensione verso l’ignoto, il suo rumore come anticamera di sospirosa pace. Tra ulissismo omerico e post-ulissismo dantesco; Dante e la fuga dell’indomito eroe dalla petrosa Itaca, Rondoni e il desiderato approdo dell’emigrato del Sud a una Milano da sdemonizzare (“Quante volte sono venuto al tuo inferno, / Milano, a inaugurarlo”). Tra i simboli traboccanti di senso, il mare: fluido sensuale o liquido amniotico, luogo di purificazione (se agitato) o promessa di vita duratura (se sondato nelle profondità).
Il mare e la terra: la vita e la morte allacciate insieme. Si nasce dal mare (Afrodite), si torna alla terra. Ma anche l’oceano, senza la terra, non si struttura in architetture di significati, nemmeno elementari. Anzi. Lo sconfinato, soprattutto, ha bisogno di limiti, margini, confini. Trae, da questi, tutta la sua forza. Specularmente l’isola, senza l’immenso mare aperto, non può interpretare se stessa. Sembrano soli, oceani e isole. Cercano invece, anche loro, un punto d’incontro. In fondo, ha ragione Amos Oz, siamo tutti penisole. Bisognosi di comunicare. Di crescere. O di maturare. Per un mare che s’è ingrandito (in latino era ‘stagno’ o ‘laguna’), un oceano che s’è ridimensionato. Un tempo era un dio, di quelle acque che si credeva cingessero l’intero pianeta.
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