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Maria Lenti: CAMBIO DI LUCI

di Valerio Cuccaroni

Articolo postato sabato 29 maggio 2010

Maria Lenti, Cambio di luci, Canalini e Santoni, Ancona, 2009, pp. 92, € 13


«Facciamo un gioco, / bambine e bambini, / che valga tanto / e non duri poco?» Questa semplice, infantile domanda illumina il senso ludico e dialogico di tutto l’ultimo libro di Maria Lenti, poetessa urbinate con un passato da insegnante di materie letterarie e da parlamentare di Rifondazione Comunista.
Il libro si apre, infatti, con un distico, intitolato gioco a primavera («Passeggero: “Fuori il verde!” / Siepe: “Fuori il tuo, ché il mio non perde”») e ricollegato dall’autrice stessa, in nota, a un gioco della sua infanzia, che si faceva con le foglie di bosso. Il gioco lo ritroviamo quindi nella filastrocca citata all’inizio, una filastrocca francescana e pacifista, che dopo aver registrato il fatto che «... Siamo tutti contadini, / piantiamo alberi e sementi / [...] Allora siamo costruttori/ di case, porte e dormitori, / di panchine dentro i parchi, / [...] / ... Siamo sarti e cucitori», invita noi tutti a cucire «una bandiera / grande grande come il mondo: / la reggiamo, portata in tondo, / iridata sulle spalle, / tra le dita, nelle mani / fino ad un lontan domani...» E giochi (seri) di parole, fatti di rime figure etimologiche chiasmi, costellano l’intera opera: «Nell’apparente calma della sera / una barca s’imbarca alla deriva / ... veleggia ondeggia accelera spiata / e scampa la nottata» (bonaccia), «c’è un tanto che ti tocca / oltre il detto della bocca» (unicuique suum), «ancora insistono gli aerei / gli aerei ancora uccidono / e le granate come crepitano / come scoppiano altri arnesi // [...] // deserto è landa distesa di corpi / bruciati crivellati abbandonati / di dolore avvoltolati d’innocenza / sotto strisciate stelle danarose / avide di rose / del deserto» (chiasmo).
Al topos del gioco si ricollega poi quello del teatro, a cui rimanda il titolo: luoghi comuni che attraversano tutta la tradizione occidentale, ma che nella società contemporanea, così imperniata sullo spettacolo e sul gioco in borsa, acquistano tratti grotteschi, tragicomici, che non sfuggono all’autrice («punteggiati dentro un grande evento / che duri come un’eco all’infinito / di modo che teatro scorie e carte si lìbrino / con refe d’aquiloni / a stampigliate alte libagioni / su un quotidiano un teleschermo una rivista / nell’ansia che rovina e che non basta... // si spezza l’asta s’affloscia il materasso. / Si ricomincia, in basso», reiterazione e cronaca; e ancora: «pasto principale: / 70 gr. di spaghetti / carne mezzo etto / fetta (pane) o michetta / verdura ben scondita / acqua di rubinetto / vino: un bicchierotto // (una vicina di casa negli Usa / squarcia un ventre giovane / per far suo il feto-nove mesi. / Alla morta lascia gli altri tre bambini / uccisi) // pasto serale: moderato / niente lipidi pochi liquidi alcolici)», tg ore 13 – 25 settembre 2006).
Sempre presente ma, a conti fatti, grande assente in Cambio di luci è l’amore, costantemente cercato («S’interna incanto d’aria / ... vengo a cercarti / e non aspetto / pronto il mio corpo a cucce / caldo il petto», interno marzolino), lo si trova scolorito o mendace («Alla mia poetessa preferita / ad una donna splendida // (il disegno sanguigno di una rosa / una firma scolorita come prosa).», millanta; e ancora: «Cara, la mia Rossa, non ti dimenticherò. / Mai. Jamais de la vie. // (firma sparita alla duplice bugia)», dedica mendace). Ma non c’è nostalgia, solo leggerezza e libertà, come per Arianna abbandonata da Teseo («Teseo al largo è già / dolente e fiero // Arianna a Nasso / leggera e liberata», (Arianna e Teseo), che non a caso apre la serie delle Diverse, poesie che ricordano le Herodiades di Ovidio, visto che ciascuna ha per protagonista un’eroina greca a confronto con il suo amante.
È ampia la tastiera a disposizione di Maria Lenti e comprende anche gli Haiku, arguti più che meditativi, della penultima sezione («L’arco è spezzato / resta pur la freccia / con passa-mano», «Ahi che timore / girando spalle al muro / perno il futuro»), nonché la meno riuscita poesia dialettale Storia mia de me («Da picna propri pcina la lagna “fa’ la brava” / m’intronava per via che era morta la mi mama / e io er armasa come ’na pulcina / - sal sol sol tla testa»: «Da piccola proprio piccola la lagna di far la brava / m’intronava: era morta mia madre / ed ero rimasta come un pulcino / - col solo sale in testa»), che chiude il libro.
Più vicina alla linea civile e impegnata della poesia marchigiana, da Gianni D’Elia a Eugenio De Signoribus, che a quella lirica, da Umberto Piersanti a Francesco Scarabicchi, Maria Lenti si distingue, tuttavia, per l’apertura a molteplici generi, compreso l’haiku, come accade nella corregionale Maria Grazia Maiorino, e per l’evidente vena ironica e giocosa, che ricorda i modi poetici di Vivian Lamarque.

Valerio Cuccaroni

4 commenti a questo articolo

Maria Lenti: CAMBIO DI LUCI
2010-06-03 18:43:28|di Maria Lenti

Si può dire che sono felice per questa lettura? Grazie a Valerio, attento e critico. E grazie a Manuel. Maria


Maria Lenti: CAMBIO DI LUCI
2010-06-01 12:06:39|di manuel cohen

Ciao Valerio, bella recensione. Maria è brava, molto intrigante, con una musica e un’ironia molto personali. Giusti i tuoi riferimenti, anche se penso al magistero di Volponi, per il tratto segnatamente sperimentale e civile (lasse monorime, riprese formali del testo a fronte) declinato con una lingua più solare, e ariosa. (termini impropri, lo so, per dire di una calviniana ’leggerezza’ del verso della Lenti.Ciao, e a presto, manuel


Maria Lenti: CAMBIO DI LUCI
2010-05-31 17:04:58|di fm

Qui una selezione di testi tratti dal libro:

http://rebstein.wordpress.com/2009/...


Maria Lenti: CAMBIO DI LUCI
2010-05-29 15:45:35|di lettore

Si possono leggere dei testi?


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