Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Michele Fianco (Roma, 1968).
Si occupa di comunicazione istituzionale e culturale.
Negli anni Novanta pubblica in diverse antologie e riviste come autore e come critico.
Redattore della rivista di letteratura "Dàrsena" (Minimum Fax, 1994-1996), è presente nelle antologie Tutti Frutti (Le impronte degli uccelli, 1999) e La poesia di ricerca in italia del Cirps, a cura di Francesco Muzzioli (2001). È tra gli autori dell’Almanacco Odradek 2003 e 2007. Nel 2008 è presente nell’antologia Poesia a comizio, a cura di Marcello Carlino e Francesco Muzzioli (edizioni Empiria). Sempre nello stesso anno pubblica la raccolta Versi in via di liberazione (e un numero civico) per Le impronte degli uccelli. È del 2009 invece la plaquette The Best of... che raccoglie brani ‘esemplari’ dal 1990 ad oggi, con interventi critici di Carlo D’Amicis, Mario Lunetta, Francesco Muzzioli, Paolo Restuccia. Sta proponendo i suoi versi in un concerto jazz&poetry dal titolo Solo in versi, in quartetto con Alessia Piermarini, Stefano Nencha e Francesco Poeti.
Da Versi in via di liberazione (e un numero civico)
viale mondo
viale mondo, centrale viale,
dove la via, via via, sale
che trovi un incontro, un incontro
che quell’incontro sei tu,
se dio vuole, ed era da andare,
sì, da lasciare accadere,
disparo anno pure se paro,
notte notturna di più
ti ho offerto un po’ tutto quello che c’era
in quest’angolo bar,
facile in fondo l’asciugo dei cieli,
la luce dei mari
e il fondo davvero, uno specchio
dove io nonché il viso mio
e tu, il viso uguale, di rara
armonia di momenti rari
ma non ora era il gioco
quello del dire, quello del fare
non è questa la strada che
dico, non ti ho mai detto questo
se non le vite dove vanno
a girare dentro e di più,
dentro di sé invece di andare
ma di andare all’amore,
tutto il bisogno, bisogno
mio, peccato di verità
un tocco toccato di fretta,
che potemmo ma di fretta
ma fino al vivo del vivo,
nel letto di un letto non basta
in testa di testa, di cuore
nel cuore e tu dammi retta
le parole per noi sono già state
scritte in ogni parola,
da sempre e per sempre con tutto l’io
che posso e che ho potuto
finora e con ora sul viale
del mondo, viale centrale
che arrivai in tempo, giusto in tempo,
per vederti salutare
(e fu forse anche una lacrima tua
ma dalla vita mia)
*
numero paternalistico 512
vieni, ti racconto che più vicino
ai cinquanta che ai venti
pare che tutto si riapra e si respiri
tutto nuovamente
se in corso di vita rinnovi te
e rinnovellato, andando,
vai incontro al mondo che
a braccia aperte abbraccia, così, correndo,
e ti racconto pure
che se ci credi infine ci riesci
a metterti alle spalle le scale
che le scale alle spalle
sono già fatte e aprirti all’amore
ora ti è quasi banale
tanto quanto per più meglio lavorare
il c’entro centrare,
poi potrei dirti,
possibile figlio mio, figlio adorabile,
che non ci sei per un appuntamento
mancato, che è vero
in parte e in parte questo mondo
ti è già stato dedicato,
spezzettato, esploso tutto per te
in mille lingue tradotto,
tradotto e abbandonato ma non importa,
l’angolo di sguardo
è quello che porta, che porta
avanti me e te, mica cosa,
e poi che non è tua madre che
non è voluta venire,
che non vuol restare e poi
i capricci non soffocare,
si sa, non sarebbe giusto,
come giusto non è accollare
la crisi mia all’ipocrisia,
alla barbarìa di questa via
senza via, di questo falso passo
senza piede e riede
alla porca mensa borghese,
che così è chi ci crede
e ti racconto che non è vero
dopoguerra di vita
questo, che stai e stai bene
in potenza se dimezzato
o anche deficiente che onore dai
nell’essere aiutato
ma non pensarti individuo
se non vuoi essere ammazzato,
vedrai, vedrai in faccia quelle facce,
le voci ascolterai
che nulla sapranno dirti,
né diranno ad alcuno mai
se vuoi fare fai ma che sei tu
e il tuo aiuto quello che serve
diranno invece se di sé
responsabilità ti danno,
tu non prendertene mai,
gioca sempre poi combina guai,
mi raccomando, non fare
tutti gli stessi errori miei,
mio esempio errato,
ironico, politicamente scorretto,
cercatore delle verità,
padre di un figlio mai stato,
vieni e ascolta, ora che sto più vicino
ai cinquanta che ai venti,
che sia giusto che il mondo, la vita,
il pensiero s’arroventi
è giusto come è giusto
che tu non sia mai nato, sappi,
possibile figlio mio,
incontro di lavoro mancato
(che se fossi nato saresti nato – ahimé –
nato imparato)
***
Da The Best of…
faccio tutto!
faccio tutto, facci caso,
pure se ho scritto per te tanto,
tenendoti il muso, sì,
ma almeno un milione di frasi intanto
ti ho detto e ti ho fatto
e cantato almeno decine di standard
anche se tutto vuoto è intorno,
già, come sempre era stato...
faccio tutto, faccio ancora,
che a imparare si sbaglia, sempre,
soprattutto imparando
una strada, una cosa, ecco, la vita
falla e sta zitto, tutta,
quella che viene, sì, faccio vita
ch’a impararla si sbaglia
ma non, però, di qualche attimo in giù...
faccio padre e madre, faccio io,
da un tempo che si perde,
e facendo di me, di me che –
che poi l’ho fatto di te,
l’ho fatto di tutti, d’ogni –
sbagliando – con chi poi ci è stato
e chi no, e non dire perché,
farei di tutto un perché...
perché il tempo è questo, ecco,
tempo faccio (ho fatto il mio)
tempo che non c’è, che non arriva,
non son questi i pianeti,
non è questa la storia,
la geografia, ma – vero! – faccio,
sì, anche qualcosa di più,
di più che ci ho perso la faccia...
faccio tutto, tutto in rincorsa,
un lavoro, un amore e stare,
e stare e aspettare, allora aspetto
a pensare ma il pensiero
non viene, non parte il concetto,
non parte più niente, certo,
non so cosa faccio per farmi campare,
non so spiegare...
faccio tutto, faccio scuola,
faccio luce nella tua vita
che vedi e rivedi e hai rivisto
e non hai mai capito mai,
sai, così inghiottita,
pensi di averla fatta tu la mossa,
credi, quando il tempo,
quando questa storia di storie muore...
ma alla fine, ultima ipotesi,
faccio sempre, mentre
merda fuori piove, sì,
ne piove tanta e non ti ripari
e alla fine non la senti più andando,
come tu,
ché alla fine, ultima ipotesi,
citòfoni mondo...
(ma strani i voli tuoi,
non cadono veramente mai!)
*
that’s amore!
cara chi...
dimenticavo: ingrasso,
e se non fosse per questo paese
(forse, italia) che ti caccia ogni momento,
da queste parti,
qui, da me, ci si starebbe,
non dico tutti, ma, sì, bene,
come il bene che ho voluto,
che ti ho voluto tanto e dare,
così, ma senza troppo scervellare...
immagina, oggi m’incontri e chiedi:
come stai? come sto? sto qui con l’anima,
qualche luce – solo – a base di pesce,
non voglio dirti il tempo era diverso,
che in questo tempo, tempo ufficiostàmpa,
te ne ingozzi, di parole, di niente...
è averne il gusto – e a questo punto sigla,
sigla di tutto, mi parte l’orchestra,
dal cuore, e non saprei più tornare...
cara chi...
riinizio, un’altra volta, a ballare,
per quanto si può fare,
io che, invecchiando, avrei cantato,
sembra, mi dicono, a me,
che non ricordo mica niente il mio futuro,
sembra poi...
che te lo fanno sembrare, da lì,
non da me, sì, da un angolo
assessorato, medievato, dato,
ma è il timin’ che conta,
l’attacco, il canto, appunto,
e tutti questi non ce l’hanno, punto.
Che bella, invece, la tua biografia lontana,
sì, marina,
la tua biografia santalucìa,
che la vedo, che ci vedo,
così, io, te e tutto il mondo a dire...
mi hai sparito, vita, via, via da me
che ti ho cercato tanto e poco, il giusto,
il giusto statistico, che non basta,
già, ma ora, alle cinque della vita,
no, non è un testamento – testamenti
ne son già sanguinati, vero, e tanti –
è amore, slancio, qualcosa da fare,
se poi, alla fine, ci si mette in mezzo,
e di traverso, un po’ di nostalgia...
cara chi...
avrai capito, né habitus primo
né natìo sarà,
questo, che ti rendo,
ma io son sempre io, come lo lasci
lo ritrovi, ormai sporco di tempo,
in un tempo che ti ruba:
il lavoro, l’orgoglio, l’intimità,
mi dici un incontro?
certo, ma un caffé
è troppo rapsodico, una cena ballabile
invece, che almeno una volta al mese
ricordo di te,
il tuo volto perfetto,
ma solo se io vengo da te,
qua non è dato, come ti ho detto,
mutilato il rispetto,
così, damblé, che nemmeno alla mèrica...
tipo, fai prosa, ché la vita è prosa
(la vie en prose, in effetti, non male)
o lavorare, ma farlo davvero,
è averne il senso, poi, di questo, il passo,
che, aspetta un attimo: chiudo agosto
e vengo, ma che brutto cielo intanto,
che, se io metto mano al mondo, giuro,
fa giorno tutto il giorno invece, faccio
un coso, sì, che ci posso giocare,
non una ruota da lasciarlo stare...
già, ma è tanta vita fa, cara chi,
è averne il gusto giusto di parlare...
Pièsse.
E a questo punto sigla, ma di tutto...
senza ritorno,
nessun rimpianto,
solo un saluto,
neanche il biglietto,
mi parte l’orchestra, guarda, da sotto
***
Da Le oggettivamente belle (inedito)
Sì, due anni in quindici chili
ho preso, vero,
ma penso a tutto pure,
ho tutto in testa,
in breve, medio e lungo tempo
messe in ordine
tutte cose, cose concrete,
tanto, molto,
che potrebbero
– non dico solo per me –
essere un piano, il piano,
di programmazione
sociale, economica e culturale,
già,
i prossimi anni
di intera una nazione:
sì, ma quale?
Ma son davvero cose belle,
ti assicuro, certo,
oggettivamente belle,
cose (ed esistono),
molto, molto oltre te.
Perché come il sole sei tu,
anzi di più,
è il sole proprio,
è il sole che è come tu,
è caldo sempre, si sa,
ma poi se ne va.
Ho più biografia io
di un pianeta, di un mondo,
di un’altra cosa
tipo me che ero con te.
Bagnato di luce, d’ombra
un ramo accettabile,
la vita che va, tutto qua.
Non come ora,
dove morire – sai, sì? –
è un gesto, il batterio
la regola, l’urgenza
il senso del fare.
E tutto questo così,
ma senza respiro,
senza me, senza tutto.
Le oggettivamente
belle, invece, di cose, esistono.
Tu no,
non c’è un mondo di te,
né l’acqua oramai.
Michele Fianco, poesie
2012-01-16 18:49:16|di tutto il bisogno, bisogno mio, peccato di verità un tocco toccato di fretta, che potemmo ma di fretta ma fino al vivo del vivo, nel letto di un letto non basta in testa di testa, di cuore nel cuore e tu dammi retta le parole per noi sono già state scritte in ogni parola, da sempre e per sempre con tutto l’io che posso e che ho potuto finora e con ora sul viale del mondo, viale centrale che arrivai in tempo, giusto in tempo, per vederti salutare (e fu forse anche una lacrima tua ma dalla vita mia)ca
Un poeta che riesce a dare immagini, all’anima di chi legge!