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Minoranze scomode: il poeta neovolgare FRANCO SCATAGLINI

(di Valerio Cuccaroni)

Articolo postato venerdì 4 gennaio 2008
da Luigi Nacci

Si pubblica la sinossi della tesi di laurea di Valerio Cuccaroni, intitolata Un poeta neovolgare. Franco Scataglini nella poesia italiana del secondo Novecento (discussa all’Università di Bologna nel 2001; Premio Internazionale "Eugenio Montale" 2002). Nella versione integrale la tesi sarà pubblicata sul web-magazine "Fucine Mute" (la prima parte è già on line sul n. 103).
Nel file allegato a destra - sempre a cura di Cuccaroni - si può leggere una selezione di testi estratti da diverse raccolte di Scataglini (del quale segnalo il sito: http://www.scataglini.it/).

Colgo quindi l’occasione per ringraziare Valerio, che ha accettato di diventare redattore di AP. Qualche notizia su di lui: vive ad Ancona, dove è nato nel 1977; è dottore di ricerca in Italianistica all’Università di Bologna e Paris IV-Sorbonne (con una tesi su Paolo Volponi); come giornalista ha lavorato a Parigi nel Servizio di Conferenze e Convegni in Storia dell’Arte dell’Auditorium del Museo del Louvre e nella redazione di "Le monde diplomatique", svolgendo in seguito traduzioni per l’edizione italiana. Attualmente è direttore della rivista "Argo", di cui è stato fondatore, collabora con "Il Messaggero" e "Poesia". Ha pubblicato numerose recensioni, articoli e saggi, la silloge poetica Melodiche (1998) e il romanzo breve Gli anni dei padroni (2004). Nel 2003 ha fondato l’Associazione NIE WIEM Onlus di Ancona, con cui organizza laboratori di scrittura nelle carceri e nelle comunità terapeutiche per persone affette da disagio psichico, il Poesia Festival La punta della lingua e il concorso nazionale per cortometraggi Corto Dorico.


***


Minoranze scomode: il poeta neovolgare Franco Scataglini


Si è parlato molto negli anni passati di poesia neodialettale, indicando con questo termine una pianta, per alcuni infestante per altri benefica, che nel corso del secondo Novecento è germogliata e si è incuneata nel fusto della letteratura italiana, anche grazie all’impulso fertilizzante di autorità come Contini e Pasolini. Radici di questa pianta sono autori, per capirci, come Franco Loi, Tonino Guerra e Fernando Bandini, fra gli altri. Sono molti i critici che hanno contribuito alla beatificazione di questa piantina, trasformandola, come nei miti greci, in una vera e propria costellazione, entrata poi a far parte della vasta galassia della poesia dialettale italiana: Brevini, Isella, Mengaldo, Segre su tutti. E proprio a Franco Brevini, uno dei più strenui sostenitori della poesia dialettale, si devono i tre volumi de La poesia in dialetto, pubblicati nel 1999 nei Meridiani, opera che ha sancito il riconoscimento ufficiale della dignità letteraria di questo genere poetico.
Fra i massimi esponenti della cosiddetta poesia neodialettale, lo stesso Brevini e altri hanno indicato Franco Scataglini, poeta ormai incluso in tutte le antologie della poesia italiana del secondo Novecento, il cui valore è riconosciuto dalla maggior parte dei critici letterari italiani e dello sparuto pubblico della poesia contemporanea.
Scataglini, però, era un poeta in dialetto solo in parte, innanzitutto perché l’anconetano non è un vero e proprio dialetto, morfosintatticamente infatti non si discosta in maniera sostanziale dall’italiano, come invece, per fare un solo esempio, il casarsene di Pasolini, ma soprattutto perché Scataglini ha ibridato l’anconetano, spurgandolo dei suoi tratti vernacolari e ingemmandolo di arcaismi, andando così oltre il dialetto. Scataglini potrebbe considerarsi un neodialettale e andrebbe inserito in questa corrente, solo per ciò che pertiene la poetica, però, perché, come i neodialettali alla Pasolini o alla Guerra, egli ha scelto una lingua isolata non un dialetto diffuso né con grandi tradizioni letterarie alle spalle, come il milanese, il romanesco o il napoletano. Dal punto di vista linguistico, tuttavia, Scataglini sfugge alle classificazioni, avendo creando una propria originale lingua d’autore, più vicina al volgare toscano delle origini o, per venire al contemporaneo, ai pastiche di Gadda, che non alla lingua dei poeti vernacolari anconetani.
In poesia, del resto, differentemente dalla prosa (sempre che non sia prosa d’arte), si è sempre teso, soprattutto in Italia, alla costruzione di una lingua codificata, profondamente diversa dalla lingua parlata (già al tempo dei volgari). Non ha forse fatto la stessa operazione Dante con il Fiorentino del Duecento e Montale con l’Italiano parlato d’inizio Novecento, dotandolo di arcaismi e cultismi? Così la base linguistica di partenza di Scataglini è un vernacolo assai simile al toscano, quasi un italiano regionale, da cui però il poeta ha ricavato una lingua d’arte che non necessita di alcuna traduzione a fronte e che ha quindi tutti i diritti di trovarsi in una storia della letteratura italiana tout court e magari di metterla ulteriormente in crisi con la sua presenza. A meno che non si vogliano riproporre anacronistiche posizioni puriste.
Ho iniziato a occuparmi approfonditamente della poesia di Scataglini proprio per individuare l’esatta genesi, la natura e la qualità di questa inedita lingua d’autore. Ho dovuto scandagliare l’intera opera in versi per tracciare le coordinate del trapasso di Scataglini dall’Italiano al dialetto al suo personale idioma; ho dovuto ricercare nel suo laboratorio (fra dichiarazioni di poetica, interviste, scartafacci, lettere inedite, ecc.) le bozze, i piani teorici che hanno condotto alla definitiva realizzazione, alla “maravigliosa macchina” linguistica di E per un frutto piace tutto un orto (1973), So’ rimaso la spina (1977), Carta laniena (1982), Rimario agontano (1987), sintesi delle precedenti raccolte a cui il poeta ha voluto aggiungere la sezione Laudario, e del poema La rosa (1992).
Per valutare esattamente la fisionomia dell’opera di Franco Scataglini all’interno del panorama poetico italiano del secondo Novecento, ho pensato fosse utile tracciare un breve profilo storico-culturale che inquadrasse il cammino dell’autore verso il linguaggio poetico nel più vasto orizzonte di dibattiti e realizzazioni originali che hanno segnato la seconda metà del secolo passato.
Perché poi l’opera in versi di un cosiddetto “dialettale” non sia considerata soltanto a partire «dalla linguistica per finire con la sociologia», come denunciava lo stesso Scataglini («clanDestino», anno V, n. 4), ma si pregi anche di una analisi estetica, ho studiato la sua manifestazione linguistica, a partire dai presupposti di poetica alla base dell’opera per scoprire in che modo e fino a che punto essi siano stati realizzati.
Sicuro che la figura di questo autore periferico, con la sua lingua così difficile da definire e la sua originale poetica, possa inquietare non poco il mondo della letteratura italiana negli anni futuri, mi auguro che il mio lavoro serva in qualche modo quale stimolo alla sua lettura e quale contributo alla sua comprensione.
Ringrazio Christian Sinicco e Cristina Favento per averne permesso la pubblicazione sul bel sito "Fucine Mute". Per chi volesse leggerla, può farlo qui.
Chiunque abbia commenti, critiche o suggerimenti da darmi, sarò lieto di rispondere.


4 commenti a questo articolo

Minoranze scomode: il poeta neovolgare FRANCO SCATAGLINI
2009-09-30 12:44:02|di Salvatore Zito

La lingua di scataglini è innanzitutto una "voce" personale e universale a un tempo come la vera poesia sempre è!
Grazie per la persistenza con cui continuate a dare voce alla voce!


Minoranze scomode: il poeta neovolgare FRANCO SCATAGLINI
2008-01-07 14:53:51|

A quanto mi dicono sembra che la casa editrice Il lavoro editoriale ristamperà alcune opere singole. Mentre io sto cercando di far riprendere le grandi manovre per l’opera omnia. Staremo a vedere cosa succede. Sei vuoi aggiornamenti, scrivimi pure: valeriocuccaroni@iol.it
Ciao ciao


Minoranze scomode: il poeta neovolgare FRANCO SCATAGLINI
2008-01-04 14:32:30|

Bellissimo post e omaggio doverosissimo a un grande.

fm


Minoranze scomode: il poeta neovolgare FRANCO SCATAGLINI
2008-01-04 13:09:08|

Scataglini è un grandissimo!!!Fate bene a tenerne viva la memoria...
Quando l’editoria ristamperà le sue opere?

Un caro saluto

Luca Ariano


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