Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
3 commenti a questo articolo
NASCITA E MORTE APPARENTE DELLA POESIA IN DIALETTO TRIESTINO
2009-03-15 16:41:35|di Christian Sinicco
Luigi, il "non hanno attecchito nelle generazioni di poeti più giovani (nati negli anni Sessanta e Settanta), più interessati a confrontarsi con esperienze nazionali e straniere, anche per timore di scivolare nella retorica del campanilismo o della difesa ad oltranza di un’identità troppo poco granitica per essere difesa", non credo di condividerlo pienamente.
In prima istanza, nel senso che il dialetto triestino in relazione all’identità triestina non è mai stato una realtà così granitica (nato a cavallo tra settecento e ottocento), ed è comunque usatissimo pur avendo perso modi di dire...ma il fatto è che il triestino non si è mai posto seriamente il problema dell’identità di triestino. Nel momento in cui le vicende storiche lo hanno richiesto, dovendo scegliere tra l’Italia e l’Austria, e tra l’Italia e la Jugoslavia, ha scelto di aderire a delle identità, senza minimamente soffermarsi sulla propria, tesi per cui la mitteleuropea "magrissiana" Trieste è stata fino ad oggi una bella finzione, cosa su cui penso tu concordi.
Forse è questo il momento in cui credo che Trieste si interroghi di più sulla propria identità, per via della caduta dei confini, per via delle polemiche sul friulano, per via di una cospicua immigrazione da serbia, bosnia e romania soprattutto, che ha lasciato di stucco le componenti culturali e linguistiche maggioritaria italiana e minoritaria slovena (per non parlare di tutte le altre comunità), essendo impreparate anche dal punto di vista della scolarizzazione a gestire l’immigrazione. Di conseguenza questo è il momento in cui discutere di identità a Trieste, immaginandone il futuro - ma come sai la classe politica fra tutte le parti in gioco non sta dimostrando molto coraggio o immaginazione.
In secondo luogo, c’è di mezzo comunque la scolarizzazione, che prima non c’era - una cosa che credo debba essere fatta a scuola, e che non si fa, ma si potrebbe fare ovunque in Italia, è l’accenno nei programmi alle diversità dialettali, alla scoperta degli autori delle proprie terre, dei diversi modi di scrivere proprio lo stesso dialetto, etc (tu ne sai più di me su queste differenze perché credo li hai letti tutti i nostri dialettali). In un certo senso credo che la scuola pubblica debba, oltre l’autonomia, darsi anche dei programmi.
In terzo luogo, i modelli nazionali e internazionali: non credo che la nostra generazione (a Trieste) abbia come riferimento stretto la poesia italiana, impegnati a fare, produrre letture, spettacoli, performances, riflettere indipendentemente da dieci anni a questa parte...se non forse, negli ultimi 5 anni, ad essere un po’ più conosciuta in Italia, in un ambiente comunque ristretto, fondamentalmente lobbystico, senza più una critica - per il fatto (come ben affermi) che la ricerca è stata spazzata via, e non è detto che qualcuno tra quelli rimasti non sia il furbo del quartierino; per non parlare del fatto che la critica non ha saputo trovare in internet un modo per riorganizzarsi, anche informarsi. Tutta una serie di opportunità sprecate.
Infine: il declino demografico della città e l’invecchiamento della popolazione fanno il resto...non so quante possibilità di pubblicazioni si hanno oggi, proprio a Trieste (per non parlare del fatto che il nostro giornale tratta da 20 anni i soliti temi), però c’è un disco in loop che oramai noi non sopportiamo, mentre la necropoli avanza.
NASCITA E MORTE APPARENTE DELLA POESIA IN DIALETTO TRIESTINO
2009-03-11 23:57:17|di Valerio Cuccaroni
Lo leggerò con molto piacere.
A proposito di dialetto, segnalo l’uscita nell’ultimo numero di TESTO A FRONTE (n. 38, II semestre 2008, Marcos Y Marcos) di un mio saggio su LA ROSA, riscrittura del ROMAN DE LA ROSE compiuta da Franco Scataglini e pubblicata per la Einaudi, con prefazione di Cesare Segre, nel 1992.
Lo segnalo per i legami più stretti di quanto finora sia emerso fra dialetto triestino e dialetto anconetano, fra Giotti e Scataglini.
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NASCITA E MORTE APPARENTE DELLA POESIA IN DIALETTO TRIESTINO
2009-03-18 09:54:04|di mary b tolusso
è una realtà condivisibile, un ritratto esaustivo, di cui ora tutti gli opportuni riferimenti bibliografici. Trieste ti impone un doppio vincolo, tra il restare e l’andare, tra l’adeguamento e la rottura. Ciò che mi ha sempre incuriosito, e qui lo spunto per un ulteriore approfondimento, allargandomi su generi diversi, è perché la narrativa non ha subito una sorta di necrosi tematica. Perché se Trieste e la triestinità compaiono (Pietro Spirito, Mauro Covacich ecc…) è solo come mezzo, quasi vedetta sensibile (al contrario quindi) di un mondo in trasformazione.