Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Presentiamo gli autori di La punta della lingua 2006 - Poesia Festival, il cui direttore artistico è Luigi Socci.
I testi di Natalia Paci, qui riprodotti, sono una selezione di quelli letti dall’autrice lunedì 28 agosto nell’incontro su "La poesia femminile delle Marche".
Si ringrazia l’Associazione Culturale Nie Wiem Onlus ed in particolare il responsabile della comunicazione Valerio Cuccaroni.
L’ODORE DELLE CHIESE
L’odore delle chiese non mi appartiene
mi sento extracomunitaria in territorio sacro.
Profanatrice di umori cristiani
prendo a morsi come meretrice
il corpo di cristo:
trasformo stigmata in cicatrice.
Il suo corpo contorto
così magro e sfinito sulla croce
è sempre stato il mio tipo
se lo avessi conosciuto, ci avrei provato
lo avrei voluto come fidanzato
per avere proprio dentro
tutta la fede che non sento.
HO LE SCATOLE VUOTE
Ho il frigo pieno
di scatole vuote.
Mi si è detto che non è corretto
ma io ci tengo a conservare a lungo
tutto il vuoto che hanno dentro.
Hanno da nutrirmi molto
quelle scatole di pappe per gatti finite
quelle bottiglie di Becks asciutte
quei pacchetti di sigarette
che non mi hanno ucciso
ma continuano a minacciare morte.
Ho bisogno di osservarli:
restano intatti
con gli spigoli eretti,
i colori vivaci non stingono,
le scritte non cambiano,
Anche gli ingredienti - scritti sul retro -
negano persino l’evidenza.
Il loro orgoglio voglio.
Confrontarmi ogni giorno
con la loro compostezza
con la dignità che mostrano all’esterno
nonostante tutto il vuoto che si portano dentro.
Aiutano, danno il buon esempio.
CORDIALMENTE TUA
La presente
Per comunicarle che
La funzionalità del prodotto
È stata manomessa
Con l’uso, delusa
L’aspettativa promessa.
Sarebbe comunque gradita
Una sua nota di commento
Onde apportare opportuno adeguamento
In vista di futuri altrui utilizzi.
In effetti, rincresce constatare
Una certa indifferenza
Una discreta assenza di confidenza
Da parte sua, soprattutto
Dopo tanta intimità
Nella nostra precedente attività.
Si confida vivamente
In un suo riscontro
In nome dei consolidati e cordiali rapporti
Intercorsi, frequentemente,
tra i nostri corpi.
Si auspica che possa farmi avere
- anche tramite legale rappresentante -
un plico contenente
una chiara ed esauriente spiegazione
di ogni sua passata e presente
emozione.
DISOCCUPATO DISOSSATO
Sono un disoccupato attivo
disponibile al reimpiego
da quando ho perso il posto
sono stato socialmente utilizzato
collocato in varie posizioni
per tutte le mansioni
sopra mobili, sotto tavoli
l’importante è restare immobili:
perché la stabilità del posto
è al primo posto.
Anche se la paga non appaga
bisogna lavorare, dimostrarsi attivo
anche un po’ sportivo
il fisco verifica il fisico:
che i nervi siano saldi
anche senza soldi.
Mostrarsi aperti ai creditori
in attesa di tempi migliori:
non ho alcun preconcetto
verso il precetto
porgo tutto il mio rispetto all’ufficiale giudiziario
che arriva in orario.
Pignorate pure, tutti i beni
dalla testa ai piedi
toglietemi le unghie, i capelli,
il primo strato di pelle, tagliate pure la lingua
prendetemi l’anima per pulirci per terra.
Sono un disoccupato disossato:
felice di fluttuare nel mercato.
PRONTA IN BILICO
Murata tra queste quattro ossa
mi prendo le misure
mi riempio di torture
affido a muscoli distratti
- per nulla agili -
i miei passi a scatti, instabili:
Testo il mio equilibrio
con in testa un libro
provo a prendere di testa
- e non di petto -
tutti gli imprevisti che mi aspetto
del mio aspetto:
Apro la bocca davanti allo specchio
cerco nel vortice di un orecchio
un punto di fuga,
un solco di ruga
affronto il di fronte
fino all’orizzonte,
mi guardo da sopra a sotto,
mi strizzo l’occhio:
Su un filo di luce,
non perdo di vista
il mio punto di vista, impronta di riferimento
impressa sempre dentro,
pronta
in bilico,
sulla punta della lingua:
Funambola inesperta,
sonnambula incerta
incontro ostacoli di percorso
in agguato lungo il mio dorso
costola dopo vertebra
nelle vene, dentro il ventre
sulla strada - non asfaltata -
tra il cuore e la mente.
Natalia Paci è nata con le idee poco chiare il 16 aprile 1974 ad Ancona.
Nel 1980 si iscrive alla prima elementare della Martin Luther King School di Boston. Impara a scrivere in inglese e solo due anni dopo in italiano. Il suo primo diario è dunque bilingue.
Nel 1993 si trasferisce a Bologna e, dopo anni di felici e assidue frequentazioni delle lezioni della Facoltà di Lettere, si laurea con il massimo dei voti in Giurisprudenza.
Ora è Avvocato e Professore precario di Diritto del Lavoro presso l’Università di Urbino, nonché Presidente dell’ Associazione Culturale Nie Wiem di Ancona. Scrive solo arringhe poetiche o versi giuridici. Partecipa con successo a tutti i poetry slam del suo quartiere. Coordina un laboratorio di poesia haiku per persone con disagio psichico. Ancora non si è chiarita le idee ma ce la sta mettendo tutta per restare così com’è.
> Natalia Paci, sulla punta della lingua
2006-10-01 17:31:47|di Martino
Tutto sommato questa poesia mi piace, anche se la trovo ancora squilibrata. La struttura ritmico-fonetica mi sembra ingabbiare - pur nella sua irregolarità (o forse proprio per quella) - l’andamento sintattico, senza apportare un surplus di significato. Gioca bene con inversioni e iperboli sul piano del senso ("se lo avessi conosciuto, ci avrei provato / lo avrei voluto come fidanzato"), ma ritmicamente la sorpresa funziona meno, anzi mi are un po’ meccanica. Non saprei dire se si tratti quindi di residuo ereditato, (come dire: di "accordatura"), di alibi formale o di "ilare spreco". Per giudicare ci vorrebbero più testi e soprattutto poter osservare un’evoluzione. Pttimisticamente propendo per la terza e ultima opzione e per questo la trovo/spero libera e gravida di potenziali sviluppi "palazzeschiani".