Absolute Poetry 2.0
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Oltretomba - 1998

In Laude del Transessuale Colombiano

Articolo postato lunedì 4 giugno 2007
da Lorenzo Carlucci

Pompa eres de dolor, seña no vana
De nuestra vanidad.

(L. de Gòngora y Argote)

Corporeità e quasi ‘gestione’ oggettuale della vita biologica non da ieri brillano nei testi della poesia contemporanea, specie italiana (e non solo femminile).

(M. Giovenale)

Dall’Oltretomba: non resta dunque che farsi penetrare, dare a chi chiede, stringere il laccio nero della scarpa al pantalone; che non cada, che non cada, per la strada! Non più il luogo, sbatti la testa al muro, il muro alla testa. Cogli l’orrore della forma. Cerca chi ti provoca terrore, presso il cancello che il nulla dal nulla divide, cògli il volto che vuole e sa terrorizzare, il cazzo che sgocciola infocato, scruta l’occhio del toro di ferro feroce; attendi la mano che ti strappa le lenti e le scardina, che strappa le viti che con pazienza hai strette nel vetro dei tuoi occhi con scelta attenta di strumenti proprii, sorridi al rostro che ti spacca il viso, strappando il volto, per contemplare infine un fanciullo d’amore; svuota del saio le tasche, sempre più dolcemente ridi a chi ti squatra, frantumando numeri tra i denti. Bacia la mano che ti macchia, saluta chi ti deruba e dimentica chi ti ricorda. Dimentica. Trattieni nell’unghie l’orrore, e spargi cenere su tutto. (Attendi alla porta un istante, pulisci l’immagine allo specchio, non te, e sdraiati nudo su marmo).

Per le vie (Nella vertigine dell’obelisco. Infine è sconsacrato il Tempio. Il Dio vivente si è dato una scrollata. Sul suo groppone infuria la pulce. (Succhia il suo stesso sangue, el mismo.) Vertigine d’obelisco). Il transessuale colombiano è elegante, ha un grosso cazzo. Affonda l’occhio nel gocciare dello sperma, nell’ansia del contatto. Strozza con le mani forti la vita, per osservarla al limite di morte, penetra con gli occhi neri il dramma, pozzo d’occhi, notte, pozzo a cui la goccia interminatamente cade. E’ in questa sospensione la sua scienza. Nei quindici anni della sua apertura, nell’assommare limite a limite, soma a soma, trasumanando? no, rifiutando vita e forma, schiacciandosi sotto la colpa della forma altrui, addossandosi la colpa della dualità. Non v’è colpa forse, ma Natura. Non v’è natura doppia, ma scissione, e tu, Natàlia, sei scissione fissata, carnificata; e l’anima tua s’annida come fiera nella fessa pietra, ombra del falco sulla prata, ombra del falco l’anima nel dolore. Ancora la possibilità di una forma, ancora l’imponibilità di una forma. Dice : - Ho posto due guardiani al cuore mio, torridi d’occhi, sfingi affronte mute, per essere l’ergon tra i due opposti. Per essere quella differenza. Che nulla è, che nulla è, anima mia. Libero resto non io, non io, giammai del corpo scarco, semmai spaccato dalla troppa differenza; libero da me l’anima (la ridò a mia madre). Altre forme non seppi sopportare. Schiacci la mandorla tra due sassi, schiacci il cazzo tra due seni sul petto robusto ed inebriato di ragazzo. Cozza contro te stesso, ancora ancora, perdi l’ultima pena in questa stretta vana ogni difesa perdi perdi perdi perdi. Spiri via.

I

Chi va spargendo il sale delle stelle
Sulla ferùta aperta e l’ossa rotte
Incide del suo nome la mia pelle,
Affonda il rostro al petto della notte.

Gemella forma per la via apparuta
Mi dici che non va alla guerra il pazzo
E strappi gridi da una bocca muta
Mentre ti pieghi per succhiarmi il cazzo.

L’orrore che mi stinge il volto allora
E’ il penetrar del nome nel mio cuore
Che come chiodo la mia carne fora.

Nell’occhio tuo si perda il mio colore!
Che la tua furia atroce che divora
Contempli infine un fanciullo d’amore.

II

Tu sborri sulle gambe di mio nonno
Col cazzo acceso di una luce viola
Io cozzo contro il limite der monno
Mentre bianchissimo il tuo seme cola.

L’occhio che vuole e sa terrorizzare
E’ spillo fitto nel mio vano volto
Tu vuoi girarti per farti inculare
Dal fanciullo solenne ch’hai raccolto.

Se stringo tra le dita i tintinnanti
Occhi del toro di ferro feroce
Mi riconosco simile alli santi

Ai quali scioglie a volte nella voce
Il riso tenerissimo tra i franti
Denti nello stridor di morte atroce

Portfolio

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