Absolute Poetry 2.0
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Paola De Benedictis - STRABICA

Poesie

Articolo postato venerdì 31 luglio 2009
da Lello Voce

Che la poesia erotica sia, prima ancora d’essere erotica, poesia politica, commited, è chiaro ormai almeno sin dai tempi di Sade.
Se non altro perché la prima politica è quella del corpo. E’ con esso, grazie ad esso, per esso, e in esso che siamo, noi tutti, commited
Ma è altrettanto evidente che ogni poesia erotica corre sempre il rischio di trasformarsi in un corpus ‘sentimentale’ di sensazioni, o, peggio, in una tavolozza perversa (letterariamente perversa) di nuance un po’ debosciate, o, ancor peggio del peggio, in un catalogo di insoliti rituali, tanto vari quanto caduchi, che niente hanno a che fare con i propri illustri antenati, a cui pure dichiaratamente si ispirano, che siano le 120 giornate, o il Kamasutra, fallendo così il suo scopo principale, che è per l’appunto quello di dire, o conoscere, o indicare, o smascherare l’eros. Cioè un percorso dal sensibile verso la conoscenza.
Per Platone l’eros era addirittura sinonimo della filosofia stessa, della fame di conoscenza. Non un catalogo di sensazioni, ma una presa di posizione, uno scegliere una ‘parte’, un bisogno di verità, che pur nasce da quella che Bloch avrebbe definito un’utopia ‘concreta’.
Da questo punto di vista le poesie di Paola De Benedictis sono tra le più erotiche, cioè politiche, che io abbia mai letto.
Scritte in punta di sprezzatura, ritmate sulle scansioni pari di un pendolo prosodico che pare alludere all’ineluttabile scorrere del tempo (di quello musicale e di quello biologico), esse sezionano con crudeltà ogni sensazione, smascherandone il suo essere l’innesco di sentimenti in cui spesso l’anima (ciò che secondo Ernesto Sabato sta in mezzo, ad unire anima e corpo) non è all’altezza delle utopie che i corpi, con la loro chimica, i loro odori, le loro tattilità, producono con naturalità direi biologica.
Il risultato è uno sguardo strabico e cinico, a volte davvero sorprendente, che scava le pieghe, che dice ciò che un pudore ben più dannoso di quello che fa ricoprire il pube, cela usualmente con mantelli di ipocrisie e illusioni. Il risultato è un versificare attento, che a volte diventa una vera mitragliatrice di schiaffi al comune senso dell’amore, e di conseguenza a quello che definirei il ‘comune senso del dolore’. E dunque, infine, accede allo spazio decisivo che è sempre al di là di generi e sottogeneri.
Di tutto ciò questa piccolissima crestomazia credo sia testimone esplicito ed inoppugnabile.
l.v.

AL MIO ISOTOPO LASCIVO

Ero la bimba del venerdì sera.
P di parcheggio tatuata sul culo.
Special discount per un pasto frugale.
Cuore in regalo se prendi il mio sesso.

PER STRADA

Verticale e scrostato è il silenzio a S. Andrea Della Valle.
M’infilo nel frigo.
Provo correggere una vita che non trovo tra le mie carte,
dentro ogni cosa che dici.
Ma attiro lo sporco, lo zucchero, le briciole sotto il tavolo.
Allora esco di nuovo a cercarti.
Mi vedi di profilo. E non senti nulla.

LA MORTE DEL MIO IMENE

Maestri, madri, preti
tutti schierati sul confine del mio cervello.
Saudade.
Esplosione di uccelli.
Oh, non ho concluso niente col tempo.
Quando là fuori il mondi attende
resto alla finestra come a dire:
“Mi ami?”

- Sono forte-
“Solo stanotte”.
(Provare ad entrare nei miei pantaloncini
graziosamente scivolarci dentro)
“Il paradiso cattolico…
è durato un attimo”

- Poi?-
“Non si può dire”.
“Devo andarmene dal tuo letto
triste come una scuola a notte”.

- Per quel che mi riguarda il capitolo è chiuso-
“Ma tu avevi promesso…”
“Mio padre è morto in mare.
Mia madre tesse in manicomio.”
Tempo, scuoti quelle gambe grasse
E fammi vedere:
“Fu la più gran notte della mia vita.
(perché continua a spingermi?)
C’avrei lasciato le penne nella burrasca.
Il rapido galoppo dei miei polmoni.
Sangue in ritmici flussi di stelle.
Unghie di calce. Ventre lavagna. Carne all’idrogeno.
La notte che mi fece”.
(perché continua a spingermi?)
Pausa.
Ora, amici, cantate tutti in coro
per la morte del mio IMENE.
Piegato.
Contratto
e fresco, tuttavia.
Splendidamente steso ai vostri piedi.
Festeggiate tutti
per la morte del mio IMENE.
Esso santifica. Premia.
Beve la risciacquatura di follia.
Ballate tutti
nella nerezza del mio IMENE.
Morto.
Teso.
Vivo in croce.
Benedetti sette volte
a profondità di candele dal mio IMENE fluente.
La caduta.
Fine di un sogno.
Inchino.
Amen.

C-ANCILLA

Gomma vagina gomma vagina
chiamami così
cancello ogni tuo no.

LA SCUOLA

Che farebbe Duchamp del mio corpo?
Uno snack da finger food?
L’ avanzo di Mac Donald?
L’ avanzo di pizzetta nei mattini liceali?
Oh, come mi manca!
Come mi manca la scuola e l’odore buono
dei quaderni a quadretti.
Tutte le addizioni, le moltiplicazioni.
Le odiate divisioni,
con quel resto imperfetto
così familiare.

POTESSI APRIRTI IL CUORE

Come lavanda calda,
come vagina gomma
per cancellarti meglio
chi prima è stata impronta.

Ma sei membrana dura
che irrigidisce e punge
e resto pasto al cane
che trovo o la sua cagna.

STRABICA

Strabica al cuore,
per averti dietro
e vederti avanti.

2 commenti a questo articolo

Paola De Benedictis - STRABICA
2009-10-25 23:53:01|di Paola de Benedictis

io sono un animale politico e il politico è necessariamente erotico. il civile, pornografico.
paola.


Paola De Benedictis - STRABICA
2009-09-13 21:05:11|di molesini

hai ragione
è un erotico politico
si
brava Paola, scusa che leggo a scossoni


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