Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
di Patrizia Dughero
la limpidezza è sempre una caratteristica
della morte e dell’elemento minerale
la tendenza ossessiva alla limpidezza può
provocare l’insorgenza di rappresentazioni ossessive
Simon says’ game
Stavamo nel salotto con il cugino Pietro, l’americano
sprofondati nel divano
incapaci di alzarci per i saluti
gli ultimi per alcuni.
La stanza s’è richiusa come scatola
noi incapaci di trovare arnesi aspri
per inconsistenti serrature,
osservando la macchina partire
come un cavallo sudato, al galoppo nella nebbia.
Una voce abbiamo udito, si avvicinava a dire:
“Vi faccio uscire.” Abbiamo detto sì.
“Dite: vogliamo avere una macchina veloce” ha detto.
“Non possiamo dirlo, non la vogliamo.”
“Dite: non crediamo in Dio” ha detto poi.
Non abbiamo più risposto.
Avevamo scelto il “Simon’s game”:
“Simon’s a computer, simon has a brain,
you either do Simon says
or else go down the drain!”*
Siamo rimasti chiusi per molto tempo
nella stanza serrata invocando la macchina
che indistintamente diventava
un pezzo di metallo schiacciato
il motore ancora appeso
all’albero dei giardini.
Un orribile stagno davanti
rotondo. Fango e odio in quell’istante
si stavano guardando il dolore che
tornava allo stagno con moto circolare.
Non avevamo trovato i ferretti storti
che aprissero le porte
e la voce del Simon in americano ci incitava:
“Anachronic voices” così pareva e non capivamo.
Più volte abbiamo tirato i dadi per vincere.
Ci arrivava solo un pezzo di carta
su cui era scritto: “In God we trust”
Non eravamo guardiani, non sapevamo aprire porte
né usare arnesi stizzosi.
Troppo stretta la stanza per sprofondare
su divani come pietre che contano solo
sull’ attrazione terrestre.
Noi potevamo sollevarci.
*“Simon è un computer, Simon ha un cervello,/ anche tu fai Simon says/ oppure vai in malora!”
***
Tal Cjars, ancjemò
Mi lavris jerin mutis
sicu il bosc clâr di cestis pieris
nessun savêve il passaç
che o fasevino pa restâ unîts.
E tu pur mi voleves ben
nome il sen
di cûr je vite vêre.
Il plasê se disfe tant che lis gotis
di rosade
treme ta la piel: supala, ancjemò
tant che la gote e je supada e sparîs
tal flôr.
Gnis bregons, gnis giambis
la bocje, lis volis fontis
gno cûr, il pet
dut sarà roseât
ma cuant la tiere varà glotît il cuarp
gotis infinîtis se poiaran intor.*
*Nel Carso, ancora (dal friulano)
Le mie labbra erano mute/ come la bianca selva di queste pietre/ nessuno si era accorto del passaggio/ che esisteva per unirci./ Eppure ti sono stato caro/ soltanto il desiderio/ del cuore è vera vita./ Il piacere di disfa come goccia/ di rugiada/ trema sulla tua pelle: risucchiala/ così come la goccia svanisce nel fiore./ Le mie braghe, le mie gambe/ la bocca, gli occhi profondi/ il cuore mio, il petto/ tutto sarà roso/ ma quando la terra avrà assorbito il corpo/ gocce infinite vi si poseranno intorno.
***
il typus di circolazione sanguigna è determinato dal sangue
che entra negli organi come sangue arterioso rosso
e li lascia come sangue venoso blu
Compito
A volte li frantumo i sassi
per vedere se trovo qualche pezzo
buono da salvare.
Difficile risalire le parole, appellativi,
come fatua, ad esempio, che impedisce il peso
di ogni mia lettura.
Difficile tessere fili che vedi sparpagliati
se non sei abituata a ore di telaio.
Un giorno una veggente che mi piaceva
consultare - era molto brava -
disse che il mio compito è tutto ciò che è materiale.
Basta con la meditazione e la contemplazione
e tutto ciò che è trascendente.
Occorreva appoggiare i piedi a terra.
Non l’ho ascoltata e ho continuato.
Ma quando il dono è arrivato, io l’ho accolto.
Ho iniziato a trasportare ciò che ricevevo, onorando,
a tramandarlo, lasciando che trabocchi su altri.
Ho iniziato a trasportare mattone su mattone
asciugando il sudore con la pietra bianca.
Mi hanno insegnato che esiste il taglia e cuci
anche per i vecchi muri: tecnica raffinata.
Io l’ho osservata e ora è quel che faccio,
che tento, coi gesti e le parole, se posso.
Scavo dei buchi ai vecchi muri e poi li copro
L’ intesso con mattoni nuovi e poi li mostro.
Vinco la vergogna, a volte, sperando
che sia utile e che serva.
Un compito pesante.
da Le stanze del sale (Le Voci della Luna, 2010)
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