Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine

Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce

Redatta da:

Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.

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Paul Polansky

UNDEFEATED

Articolo postato venerdì 24 luglio 2009
da Maria Valente

PAUL POLANSKY

da UNDEFEATED
IMBATTUTO (POEMS 1991-2008)

THE PRESIDENT OF KOSOVO

A Serb tramp
who has declared himself
the president of Kosovo
sits every afternoon
on a wooden bench
across the street
from the Plementina train station
waving at every vehicle
that passes by.

When the president ok Kosovo
waves his ragged fur hat
at the highly polished NGO Jeeps,
you can see his sun-burnt face
looks like a miniature map
of his country
right down to the pock marks
that look like bomb craters.

Yesterday, the president of Kosovo
wore a big sign around his neck,
written in English. It said:

MY LATEST URINE SAMPLE
PROVED POSITIVE
FOR RECYCLED
NUCLEAR WASTE.

THANK YOU, AMERICA
FOR MAKING MY BALLS
GLOW IN THE DARK.

Il presidente del Kosovo

Un barbone serbo
che si è dichiarato
presidente del Kosovo
siede ogni pomeriggio
su una panchina di legno
di fronte
alla stazione di Plementina
facendo cenni ad ogni veicolo
che passa.

Quando il Presidente del Kosovo
agita il suo logoro cappello di pelliccia
verso le Jeep scintillanti delle ONG,
si può vedere la sua faccia bruciata dal sole
che sembra una mappa in miniatura
del suo paese,
fino alle cicatrici
simili a crateri di bombe.

Ieri, il presidente del Kosovo
portava attorno al collo un grande cartello,
scritto in inglese. Diceva:

IL MIO ULTIMO CAMPIONE DI URINA
E’ RISULTATO POSITIVO
ALLE SCORIE
NUCLEARI RIPROCESSATE.

GRAZIE, AMERICA
PER AVERMI RESO LE PALLE
FOSFORESCENTI AL BUIO.

*

CAMP REGULATIONS

No sitting in the shade.

NO laughing, singing, dancing. NO
smoking, eating, drinking. No
cooking, washing, grooming.

No spitting, shitting, fucking. No
moaning, crying, howling. No
praying, begging, stealing.

No running to the other side of the border.

Seeking freedom is absolutely forbidden.

LE REGOLE DEL CAMPO

E’ vietato sedere all’ombra.

E’ vietato ridere, cantare, ballare. E’ vietato
fumare, mangiare, bere. E’ vietato
cucinare, lavare, farsi belli.

E’ vietato sputare, cacare, scopare. E’ vietato
lamentarsi, piangere, urlare. e’ vietato
pregare, chiedere l’elemosina, rubare.

E’ vietato correre dall’altra parte del confine.

Cercare la libertà è assolutamente proibito.

*

MILOS RUZICKA

Living homeless in Prague park today
reminds him of his year in Auschwitz:

sleeping on cold pavement that is just
as hard as the bare wooden bunkbeds,

standing in line all afternoon for
one bowl of soup and a piece of bread,

sneaking around the corner to steal
cabbage leaves from the garbage cans,

scrounging for cigarette butts after the
polished black boots have walked away.

The barbed-wire is not around the park,
but around the politician’s souls.

MILOS RUZICKA

Vivere senza casa in un parco di Praga oggi
gli ricorda di quell’anno ad Auschwitz:

dormire su un marciapiede freddo
duro proprio come i letti a castello di legno senza materasso,

far la fila tutto il pomeriggio per
un piatto di zuppa ed un pezzo di pane,

girare furtivamente l’angolo per rubare
foglie di cavolo dai bidoni di immondizia,

raccogliere mozziconi di sigaretta dopo che
gli stivali neri lucidi si sono allontanati.

Il filo spinato non circonda il parco,
ma le anime dei politici.

*

NATOS

Honorary grandfathers
shouldn’t have a favorite.
I do- Sadeta:

a four-year-old
Gypsy girl in Plementina
who has bruised fists like a boxer.

At the age of one,
during Nato bombing of Kosovo,
she broke so many things

her parents
renamed her
Natos.

Three years later
she’s still breaking things,
every time a plane flies overhead.

NATOS

I nonni putativi
non dovrebbero avere un favorito.
Io ce l’ho- Sadeta:

una piccola zingara di quattro anni
di Plementina
con i pugni contusi come un pugile.

All’età di un anno,
durante i bombardamenti della NATO in Kosovo,
aveva fracassato così tante cose

che i suoi genitori
l’hanno ribattezzata
Natos.

Tre anni dopo
continua a fracassare le cose,
ogni volta che un aereo passa in volo.

*

CALL IT WHAT YOU LIKE

You call it
what you like,
but I’ve only
found it
on the street.

At home
it wasn’t love
what my father
did to me.

In high school
it wasn’t love
what the boys
made me do
in the backseats
of their cars.

In my own marriage
it wasn’t love
when my husband
threw up
on me,
every night.

In the county home
it wasn’t love
when the male nur
ses made you
do anything
they wanted.

But on the street
it is love
when someone
shares
a blanket,
and doesn’t
touch you.

CHIAMALO COME TI PARE

Chiamalo
come ti pare,
ma io l’ho
trovato solo
per strada.

A casa
non era amore
ciò che mio padre
mi faceva.

Alla scuola superiore
non era amore
ciò che i ragazzi
mi facevano fare
sui sedili posteriori
delle loro macchine.

Nel mio matrimonio
non era amore
quando mio marito
mi vomitava addosso
ogni notte.

All’ospizio
non era amore
quando gli infermieri
ti facevano
fare quello
che volevano.

Ma in strada
è amore
quando qualcuno
divide con te
una coperta
e non ti tocca.

Paul Polansky è nato a Mason City (USA) nel 1942. Dal 1999 è impegnato come attivista e difensore dei diritti delle popolazioni Rom in Kosovo. Polansky è anche un prolifico e apprezzato romanziere e poeta. Ha pubblicato numerose raccolte di poesie, tra cui Living thru It Twice (1998), Stray Dog (1999), The Blackbirds of Kosovo (2001), Un-leaded Blood (2005), Safari Angola (2007) e Gypsy Taxi (2007), il romanzo The Storm (1999) e la raccolta in tre volumi One Blood, One Flame: The Oral Histories of the Yugoslav Gypsies before, during and after WWII (2006-2008).
Poesie tratte da Undefeated/Imbattuto (Poems 1991-2008), Multimedia Edizioni 2009.
Traduzione e cura di Valentina Confido

Il volume è parte dei progetti di Casa della Poesia
www.casadellapoesia.org

Portfolio

Arnulf Rainer

2 commenti a questo articolo

Paul Polansky
2009-08-05 22:05:36|di maria v

grazie a te, carmine.
un caro saluto


Paul Polansky
2009-08-04 20:59:15|di carmine vitale

il pozzo

Mi presero al mercato
dove la mia gente una volta vendeva abiti,
dove gli albanesi ora fanno contrabbando.
Quattro uomini mi gettarono nel sedile di dietro
di una Lada blu, gridando “Ve lo abbiamo detto,
niente più zingari a Pristina.”

Mentre mi spingevano sul pavimento,
sentii la canna di una pistola nel mio orecchio sinistro. Era così fredda
che sobbalzai proprio mentre qualcuno premeva il grilletto.
Il sangue mi schizzò sulla faccia
dalla ferita sulla spalla.
Caddi giù, fingendo di essere morto.

Pregai la mia amata e defunta madre,
tutti gli spiriti, che quegli uomini non si accorgessero
da dove fuoriusciva il sangue.
Quando arrivammo, mi tirarono fuori
per i piedi. La testa sbatté per terra
rimbalzando su alcune pietre.

Mi gettarono a testa in giù in un pozzo.
Non toccai l’acqua.
C’erano troppi corpi.
Rimasi rannicchiato, quasi incosciente
fino a che l’odore della calce umida
mi fece riprendere i sensi.

Trattenni il fiato finché sentii
la macchina ripartire, poi mi sentii soffocare
dal fetore che mi circondava.
Con una sola mano, mi tirai su
arrampicandomi su gambe rigide
che mi fecero da scala.

La mia faccia, le mani, il mio intero corpo
bruciava per la calce. Usai dell’erba
per pulire quello che potevo,
poi camminai barcollando lungo una strada sporca
verso una lunga fila
di luci che si muovevano lentamente.

Venti minuti più tardi ero sull’autostrada
guardando i camion e le jeep color oliva,
che mi passavano accanto come se fossi un palo del telefono.
Alla fine crollai davanti a due fari.
Non so dire se l’ultimo suono che sentii
fu uno stridio o un grido.

Il giorno dopo in un ospedale militare
NATO fui interrogato per qualche minuto.
L’interprete albanese fece ridere i soldati.
A mezzogiorno stavo camminando
attraverso i boschi seguendo un sentiero per carri
che nessuno usava più,

tranne gli zingari
che fuggivano da un paese
in cui avevano vissuto
per quasi
settecento anni.

ciao maria
c.


una poesia una di paul polansky

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