di Massimo Rizzante

Massimo Rizzante (1963) è poeta, saggista e traduttore. Ha fatto parte dal 1992 al 1997 del Seminario sul Romanzo Europeo diretto da Milan Kundera.
Dal 1993 al 1996 è stato redattore della rivista letteraria Baldus. Dal 1994 è redattore della rivista L’Atelier du roman. Nel 1999 ha pubblicato la raccolta di poesie Lettere d’amore e altre rovine, Biblioteca cominiana. Dal 2004 dirige la collana Biblioteca di poesia, Il Metauro. Nel 2005 ha tradotto Il sipario di Milan Kundera, Adelphi. Nel 2007 è uscito il saggio L’albero, Marsilio e ha pubblciato la seconda raccolta poetica, Nessuno, Manni. Nel 2008 ha tradotto Un incontro di Milan Kundera, Adelphi e curato l’antologia poetica di O. V. de L. Milosz, Sinfonia di novembre e altre poesie, Adelphi. Nel 2009 è uscito il saggio Non siamo gli ultimi, Effigie. Nel 2010 ha curato la raccolta poetica di M. Crnjanski, Lamento per Belgrado, Ponte del Sale e ha pubblicato la novella Ricordi della natura umana, La Camera Verde.
Ha curato una nuova edizione dei "Sonnambuli" di H. Broch, Mimesis, 2010.
Insegna all’Università di Trento.

pubblicato venerdì 29 luglio 2011
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a cura di Massimo Rizzante e Lello Voce

aggiornato domenica 27 novembre 2011
 

Per Milan Kundera

Dialogo - Sulla poesia

Articolo postato sabato 11 settembre 2010

Massimo Rizzante: A causa del tema principale de La vita è altrove ti sei fatto una fama di nemico della poesia. Eppure tu stesso in passato hai scritto alcune raccolte di versi e mi hai sempre parlato con amore dei poeti cechi Nezval, Holan e del tuo amico Skácel. Qualche tempo fa ci era venuta l’idea un po’ folle di mettere insieme una sorta di Antologia dei poeti dimenticati del XX secolo. Mi ricordo che in quell’occasione mi hai fatto scoprire Oscar V. de L. Milosz, un poeta lituano-francese, fin troppo presto cancellato dalla memoria letteraria europea…

Milan Kundera: Io distinguo sempre molto nettamente le nozioni di lirismo e poesia. Il romanzo di cui parli è un’analisi del lirismo, dell’atteggiamento lirico. Questa parola è stata abbondantemente definita e commentata da Hegel: il poeta lirico, affascinato dalla sua anima, lascia parlare il suo “io” interiore per risvegliare nel lettore gli stessi sentimenti. Tuttavia, per Hegel la più lirica delle arti non è la poesia, ma la musica, perché essa è una confessione ancora più intima, più soggettiva dell’anima. Ciò ti dimostra che la parola lirico (o lirismo) non riguarda direttamente un genere letterario, la versificazione, ma è una nozione che ha le sue radici nell’esistenza. Per questo posso definire la giovinezza come l’età lirica, che, come sai, era il titolo provvisorio de La vita è altrove.

M. R. Il romanzo è per te l’arte antilirica per antonomasia. Hai anche detto: il romanzo è “poesia antilirica”. Ti pregherei di precisare meglio questa tua affermazione. La “poesia antilirica del romanzo”: che cosa vuoi dire?

M. K. Flaubert era un romanziere violentemente antilirico: oggettività, ironia, messa al bando dell’“io” dell’autore; ma è stato sempre Flaubert a innalzare il romanzo fino alle più alte vette della poesia: la sua intenzione di “cercare al di sopra di tutto la bellezza”; la sua cura per ogni singola parola, per la melodia delle frasi, per l’originalità di ogni singolo dettaglio. Secondo André Breton, il grande traguardo della poesia moderna era “la fusione del sogno con la realtà”. Ma è nei romanzi di Kafka che questo ideale poetico si era già realizzato qualche decennio prima! Musil è stato un romanziere estremamente ironico, e perciò antilirico. Ma è lui il grande maestro della metafora. Quest’ultima, nel suo caso, non voleva incantare, né abbellire, ma conoscere: definire ciò che senza di essa sarebbe indefinibile. In questo senso io vedo nel romanzo, soprattutto nel romanzo moderno, una “poesia antilirica”.

Nota Il breve dialogo con Milan Kundera (la cui prima versione è stata pubblicata in Milan Kundera, «Riga», 20, a cura di M. Rizzante) farà parte del libro Avanzando verso il passato, una raccolta di dialoghi e ricordi, che sto ultimando. M. R.

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