Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
ripropongo - variato e aggiornato - un articolo
apparso sul «manifesto» il 28 marzo scorso
A poca distanza e anzi in contemporanea con la grande retrospettiva curata da Claudio Parmiggiani a Reggio Emilia, si è tenuta a Roma la mostra-omaggio "Ulissici", dedicata a Emilio Villa, presso Hybrida Contemporanea (28 marzo - 19 aprile), con opere di Balestrini, Della Porta, Di Donato, Fontebasso De Martino, Limoni, Lombardi, Lotito, Ricciardi.
È stata una ulteriore (felice) occasione di dimostrare come oramai del poeta, artista e critico Villa non si possa parlare come di un autore per pochi (precisamente: per i pochi possessori dei suoi introvabili testi). La grandezza di questo maestro del XX(I) secolo è ri/conoscibile grazie a pubblicazioni e ristampe che lo restituiscono al ruolo di rilievo che di fatto ha avuto e ha nelle arti, nella sperimentazione e nel dibattito vivo, di adesso. Moltissimo si deve, nell’attività soprattutto editoriale di memoria, difesa e rilancio (ristampa e studio) del suo lavoro, ad Aldo Tagliaferri (che dell’autore firma la biografia Il clandestino, DeriveApprodi 2004), e a Cecilia Bello Minciacchi, Andrea Cortellessa, Gianfranco Baruchello, Carla Subrizi.
Nell’edizione della Coliseum di Nanni Cagnone possono ancora trovarsi copie di Opere poetiche (1989). Come si trovano le 12 sibyllae pubblicate da Michele Lombardelli nel 1995. I volumi sono poi arricchiti dall’uscita delle poesie raccolte in Zodiaco (a cura di Tagliaferri e Bello) presso Empiria nel 2000.
Un testo prezioso, pubblicato dalle edizioni della libreria Coliseum di Giorgio Mosci, è Conferenza (1997), con fulminanti decisive note sull’espressionismo astratto che sono anche dichiarazioni di poetica e di etica. (Così come saggio e prosa materica formano le pagine de L’arte dell’uomo primordiale, che grazie a Tagliaferri è uscito per Abscondita nel 2005).
Pubblicati nel ’96 ma ancora disponibili sono gli scritti villiani dedicati a Burri: Pittura dell’ultimo giorno (Le Lettere); ma per il Villa critico d’arte fa testo sia la raccolta antologica Critica d’arte 1946-1984, curata da Aniello De Luca per Città del sole (2000), sia soprattutto la meritoria riedizione - abbondantemente accresciuta di saggi a suo tempo non stampati da Feltrinelli - di Attributi dell’arte odierna, di nuovo a cura di Tagliaferri, nella collana FuoriFormato diretta da Andrea Cortellessa per Le Lettere (2008).
Del Villa grecista e semitista vanno citate due opere: la traduzione dell’Odissea (riproposta da DeriveApprodi nel 2005) e la traduzione e commento di Proverbi e Cantico, dalla Bibbia, in un volume curato da Cecilia Bello Minciacchi per le edizioni Bibliopolis (2004), nella collana Poesia diretta da Mariano Baino. L’impianto fortemente laico delle traduzioni di Villa, e la loro ricchezza di spunti e note filologiche, trovano qui un primo organico esito editoriale.
Non dimenticabili sono poi alcuni studi su Villa. Due esempi, in estrema sintesi: la sezione monografica Nel mondo e con(tro) il mondo curata da Federico Francucci per la rivista «Atelier» nel marzo 2007 (con interventi di vari autori), e la raccolta degli atti del convegno dedicato a Villa dall’Università di Salerno nel novembre 2005, a c. di Gian Paolo Renello: Segnare un secolo. Emilio Villa: la parola, l’immagine (DeriveApprodi, 2007).
Assolutamente da leggere infine Villa(Vive!), la bella recensione della mostra di Reggio che Fabio Pedone ha scritto per Nazione indiana. Una scheda del catalogo della mostra è ovviamente sul sito delle Edizioni Mazzotta.
A proposito di cataloghi, stando a IBS sembrerebbe tornato disponibile il libro sulla mostra Emilio Villa. Opere e documenti, uscito nel 1996 per Skira (a cura di Bruno Corà e Tagliaferri).
Piccola nota bibliografica su Emilio Villa
2008-06-01 12:29:20|di luiginacci
Emilio Villa, un poeta sfrenato tra Duchamp e Pollock
Poeta per pochissimi, critico d’ arte per pochi, Emilio Villa torna con Attributi dell’ arte odierna 1947/1967, cronaca di un’ epoca artistica e di un pensiero. Libro «maledetto» uscito nel 1970 per «Materiali» di Feltrinelli, una collana che ancora oggi fa impallidire per il coraggioso catalogo, finì al macero nel 1980 e l’ annunciato secondo volume non arrivò mai. Quasi quaranta anni dopo, nella serie «Fuori Formato» curata da Andrea Cortellessa, ecco la restituzione anastatica del primo tomo finalmente completato dal secondo composto da Aldo Tagliaferri, l’ editor di allora e il maggior curatore dell’ opera dell’ autore lombardo (nacque nel 1914 ad Affori, studiò in seminario, scappò e morì, dopo un vivere sfrenato bloccato da un ictus nel 1995, nel 2003). Questi brani frutto di «notti romane fatte immense da un sonno acrobatico» e montati senza un preciso ordine cronologico sono i fotogrammi di una storia casuale della pittura con brillanti intuizioni: dietro al magistero di un Duchamp «esprit de la Hauteur et du Silence» (spirito dell’ Altezza e del Silenzio) lontano da riduzioni pop, Villa fu tra i primi a scrivere di Rothko, a capire Capogrossi, a dirsi «travolto dal bianco delle tue tabulae» rivolgendosi a Piero Manzoni e ai suoi «Achromes» e a svelare i gesti di Lucio Fontana nei calembour concettuali dedicati al «Trouzéro» - il «Buco Zero» che è un’ Origine uguale al Nulla. Alternando francese e italiano (e latino e inglese) la prosa di Villa stringe l’ opera in una reazione poetica tra metafora cosmica e aneddoto personale. Una critica d’ arte che non cerca il corrispettivo testuale del visivo - com’ è invece nell’ opera di un altro maestro come Roberto Longhi -, ma che si fa insieme all’ opera, ne diventa epifania poetica. È vero allora che: «L’ immagine, il rapporto, e il fenomeno che li capta, non sono oggetti, ma sono azione. Un quadro è l’ agire», ma altrettanto vale per la critica performativa di Villa, spesso disconosciuto dagli stessi autori di cui scriveva come Jackson Pollock. Un incidente del pensiero che dà corpo a uno stile furioso vicino alla scrittura automatica dei surrealisti e a James Joyce: neologismi in cui pulsano le traduzioni da lingue antiche (una sua Odissea vide la luce, un Antico Testamento attende ancora un’ edizione), plurilinguismo, elencazioni aggettivali senza requie e rapide opposizioni. Può essere allora che le pagine dicano solo «il nostro provocatorio, illimite, Niente» ma dietro si sente un’ alchimia verbale tesa a rendere il quid di una vita dentro un’ opera. Come davanti a un «Sacco» di Alberto Burri, con parole che sembrano dire della sua stessa indimenticabile scrittura: «Nostra dimessa cosmogonia, elegiaca esterrefatta composita, epos per istantanee quotidiane, miniatura rapsodica delle grandi formazioni del tempo».
Alessandro Beretta
30 maggio 2008, Corriere della Sera