di Chiara Carminati
Chiara Carminati (www.parolematte.it ) scrive libri per bambini e ragazzi, e conduce laboratori e incontri di lettura presso biblioteche, scuole e librerie.
Laureata in Lettere Moderne, ha conseguito il Diplôme d’Etudes Approfondies in analisi del testo all’Université d’Aix-en-Provence.
Specializzata in didattica della poesia, tiene corsi di aggiornamento per insegnanti e bibliotecari, in Italia e all’estero.
Tra i libri pubblicati, Poesie per aria (Topipittori), Il mare in una rima (Mondadori e Nuove Edizioni Romane), Diario in corsa (Einaudi Ragazzi) Rime per le mani (Franco Panini Editore) e il manuale per insegnanti Fare poesia (Mondadori).
Con i musicisti della Linea Armonica ha realizzato spettacoli e letture concerto (tra cui Parole Matte e In viaggio con Mozart). Insieme a Claudio Parrino ha ideato per l’ERT Teatro&Scuola del Friuli Venezia Giulia i programmi radio di storie e libri per bambini Rimbambelle e Rimbambook. È tra i redattori di Fuorilegge, il sito dedicato ai ragazzi e alle loro letture. È stata ospite di Radio Tre - Fahreneit per la rubrica “Vocabolario”.
di Cecilia Bello Minciacchi,
Paolo Giovannetti,
Massimilano Manganelli,
Marianna Marrucci
e Fabio Zinelli
di Yolanda Castaño
di Domenico Ingenito & Fatima Sai
di Maria Teresa Carbone & Franca Rovigatti
a cura di Massimo Rizzante e Lello Voce
Bambino non è il diminutivo di Bambi.
Non è nemmeno sinonimo di “piccolo adulto”. Eppure, chissà perché, quando si parla di poesia e bambini, pare che la visione di molti adulti si orienti verso l’una o l’altra di queste due estremità: la tendenza ad offrire ai bambini solo poesie melense e la convinzione che debbano appassionarsi alla poesia attraverso i poeti che hanno fatto la storia della letteratura.
Nel primo caso, si fornisce loro un menù di poesie che parlano di pace e fratellanza, prati fioriti e Natali di bontà e neve (che immancabilmente scende lieve lieve). Il tutto condito con metafore stereotipate e rime zuccherose. È una dieta senza danni immediati, ma poco o nulla nutriente: alla lunga debilita, il linguaggio, l’immaginazione e l’entusiasmo.
Il secondo caso, più diffuso tra coloro che si occupano di insegnamento, propone invece un salto di alimentazione poetica dalle filastrocche di tradizione orale direttamente a Montale, Ungaretti e Quasimodo. Un po’ come passare di colpo dalle pappe di riso alla caponata siciliana. Gli appartenenti a questo gruppo negano (o non conoscono?) l’esistenza di una poesia per bambini degna dell’attenzione dei bambini, mostrando così di ignorare il pensiero e il lavoro di quei poeti che intenzionalmente rivolgono ai bambini la loro comunicazione, il loro linguaggio e il loro immaginario. Dispiace che tra questi ci sia anche Erminia Ardissino, autrice di “Leggere poesia. 50 proposte didattiche per la scuola primaria” (Erickson) nonché docente presso la Facoltà di Scienze della Formazione di Torino. Con il suo libro, oltre alle proposte didattiche, l’autrice intende offrire un’antologia di “testi inconsueti” e “voci poetiche nuove, ancora ignorate dai libri scolastici” (cito dalla premessa). Voci poetiche nuove: e infatti, vi troviamo Ungaretti, Saba, Quasimodo, Montale, Caproni, Sanguineti, Merini, senza dimenticare Carducci, Pascoli, Leopardi e Dante. A parte il singolare concetto di “novità” di queste scelte, trovo ben poco condivisibile il criterio con cui sono state operate. L’autrice dichiara infatti di essersi volutamente indirizzata verso la poesia «grande», nell’idea che quella per bambini non sia evidentemente all’altezza delle loro esigenze di crescita e di creatività linguistica. Un punto di partenza che trovo sconcertante. L’autrice non ha quindi basato la scelta su un suo gusto personale, criterio che limiterebbe comunque il campo ma con una certa onestà di intenti (si sa quanto sia importante ’contagiare’ i bambini con ciò che più ci appassiona), bensì sull’esclusione esplicita a priori degli autori che scrivono per bambini (benché siano citati alcuni testi di Roberto Piumini). Scrive Erminia Ardissino alla pag. 44 del suo libro:
“Si dirà che non è il caso di presentare la «grande» poesia, che presuppone un lettore adulto, e che ci sono le filastrocche e le poesie per bambini. Ma, anche se si trovano poesie per bambini molto belle (…), esse parlano il linguaggio dell’infanzia. Il bambino invece ha bisogno anche di crescere ed è curioso del mondo vero degli adulti: lo vuole saggiare un po’ per volta, anche nel linguaggio.”
ll mondo vero degli adulti? Perché, quello dei bambini che cos’è? Un mondo finto? Non sarebbe invece opportuno, una volta tanto, che fossero gli adulti ad essere curiosi del mondo vero dei bambini? E che lo facessero con disponibilità all’ascolto e alla sorpresa, e non con quell’atteggiamento spocchioso e saputello di chi già pensa di sapere cosa troverà? I poeti per bambini non “parlano il linguaggio dell’infanzia”. Parlano il linguaggio dei poeti. E proprio in quanto poeti, e non macchine per fare versi, scelgono di rivolgersi ai bambini. Nel fare questo non banalizzano il proprio linguaggio, non lo abbassano, non lo impoveriscono in poesie-Bambi. Sono anzi perfettamente consapevoli della complessità del loro destinatario e dell’importanza del proprio lavoro. Semplicemente, i poeti per bambini si immergono nel mondo vero dei bambini. E lo raccontano, con le sue fragilità, le sue contraddizioni, la sua forza emotiva.
Uffa!
Ho due case, due camerette,
due scrivanie sotto la finestra
due bici per andare a scuola
e due zainetti per la palestra.
Ho due joystick per i videogiochi
due compleanni e due natali
due vacanze in mari diversi
otto nonni che fanno i regali.
Ho due mamme, di cui una vera,
un papà intero e uno a metà
tutti sanno qual è il loro posto
soltanto il mio è un po’ qua e un po’ là.
(Janna Carioli)
La poesia di Janna Carioli è tratta da “I sentimenti dei bambini. Spremuta di poesie in agrodolce” (Mondadori): un libro ricco di immagini, sapiente nelle rime e nei ritmi, che guarda al mondo bambino senza retorica e con una sorridente punta d’ironia. Annota l’autrice nell’introduzione: “Scrivendo ho inserito anche sentimenti scomodi. Ci sono moti del cuore che hanno un tale potere distruttivo da fare paura a noi stessi. Quando succede ce li teniamo dentro perché abbiamo paura di essere considerati “cattivi” e vogliamo continuare a essere amati dalle persone che noi amiamo. È così anche per i bambini, anzi, soprattutto per loro”.
E un altro poeta, Bruno Tognolini, ha dedicato un’intera raccolta ai “sentimenti scomodi” dei bambini: sono le cinquanta “Rime di rabbia” (Salani), in cui si alternano sorrisi e ruggiti, denuncia e autoironia, coraggio e dolore, in un linguaggio la cui semplicità è frutto di lavoro e esperienza di scrittura, e in ritmi trascinanti:
Rima lontana lontana
Non mi toccare
Non ci provare
Stammi lontano, non ti avvicinare
Intorno al cuore ho sedici cani
Intorno al cuore ho un incendio rosso
Se tu mi tocchi ti bruci le mani
Se tu mi tocchi ti saltano addosso
Intorno al cuore ho filo spinato
Le tue parole me l’hanno legato
E ora tu vieni e mi cerchi la mano
Ma non la trovi perché
Come una stella da un aeroplano
Sono lontano
Così lontano
Sono lontano da te
(Bruno Tognolini)
Una terza voce, quella di Giusi Quarenghi, nel prezioso “E sulle case il cielo” (Topipittori) racconta la meraviglia delle piccole scoperte, quelle che fa chi è bambino per età o per qualità dello sguardo.
Non mi piaci notte
Non mi piaci notte
buia, non mi piaci
sulle scale, non mi piaci
nel mio letto. E neppure mi piace
stare solo con te. Non ti voglio
sulle mani, non ti voglio
nella testa, non ti voglio
intorno a me. Ma se piccola
diventi, sui miei piedi
puoi dormire come una
gatta blu
(Giusi Quarenghi)
Sono solo tre piccoli assaggi. Tre esempi che pescano in un mondo, e in una produzione poetica, molto ricco e purtroppo poco conosciuto, evidentemente anche da chi si occupa (o dovrebbe occuparsi) di letteratura, linguaggio e bambini. Non credo che tagliare fuori autori e testi come questi dalle proposte poetiche per i bambini sia molto vantaggioso, nell’intenzione di appassionarli alla poesia. Penso anzi che siano voci particolarmente importanti per far sentire ai bambini che la poesia è un linguaggio che parla anche a loro, di loro e per loro. E non è soltanto un codice del “mondo vero degli adulti” a cui i bambini devono dimostrare di sapersi adeguare. In più punti del suo manuale, Ersilia Ardissino sottolinea, a proposito di uno o di un altro autore del Novecento, che i bambini hanno potuto comprendere il suo testo senza nessuna difficoltà. Infatti: non è la difficoltà ad essere in questione, ma l’interesse, la passione, l’entusiasmo. Sono queste le leve della motivazione a leggere, a imparare, a crescere, e non solo per la poesia. E per questo sono convinta che l’offerta di poesia debba essere ampia, frequente e quanto più variegata possibile: senza preclusioni e con molta curiosità. Da parte degli adulti prima di tutto...
Il logo del blog è di Rotraut Susanne Berner, da “Nel buio splendeva la luna”, Einaudi Ragazzi. L’immagine di questo post è di Giulia Orecchia, da “I sentimenti dei bambini”, Mondadori.
3 commenti a questo articolo
Poesia con i paraocchi
2011-01-15 23:04:08|di Bruno Tognolini
I bambini…
Molti anni fa alla Melevisione avevamo un regista che opprimeva le nostre piccole allegre puntate con musiche di Dmitri Shostakovich. Alle proteste di noi autori aveva ribattuto con l’argomento che sento e risento da sempre e dovunque: i bambini non sono mica gli stupidini che credete voi, queste musiche le comprendono benissimo e le apprezzano.
Molti anni prima, quando facevo teatro per ragazzi, ho visto tante compagnie mettere in scena storie e forme, contenuti e immagini adatte a un teatro sperimentale adulto (a cui forse non avevano accesso). A loro volta costoro, di fronte a timide critiche, sostenevano indignati: i bambini sono spettatori molto più evoluti di quanto si creda, e queste cose le comprendono benissimo.
Mamme vegetariane infliggono ai loro figli becchimi e crusconi: i bambini li gustano. Magistrati propinano alle classi lezioni di costituzione: i bambini annuiscono. Professoresse universitarie recitano Alda Merini: i bambini capiscono.
Tutti costoro non hanno capito però una semplice cosa. I bambini non sono, come parrebbe a un primo sguardo, dei piccoli grandi ruffiani che ci menano in giro: sono semplicemente degli esserini in ambiente ostile. Un ambiente dominato dai quei bestioni semidivini che siamo noi adulti, che tutto possono sulle loro giornate e che occorre quindi ingraziarsi a tutti i costi. I bambini hanno radar infallibili per certi grandi “di potere” che è meglio assecondare. Cosa ci vuole a dire a quel regista ("Li ho chiamati in studio, ho fatto sentire i brani!") che quelle musiche sono bellissime; o che quelle poesie sono bellissime: si fa contento un grande “potente” (un regista, uno studioso, una psicologa), la maestra fa bella figura con lui, noi con lei, e tutti siamo contenti.
Chissà però se questi adulti hanno mai visto davvero negli occhi di un bambino quel meraviglioso bagliore di accoglienza, di riverbero, di presenza repentina, che ad altri adulti, baciati da immeritato destino, è accaduto di scorgere.
Quando lo vedi non lo dimentichi più.
Un bagliore - attenzione - NON RICHIESTO. Tu gli dici, gli leggi, gli canti, gli dài. Poi non gli chiedi ti è piaciuto: li guardi. Ma… LI GUARDI però! E guardare un bambino, davvero lui, non la riprova delle tue teorie incarnata in lui, è – lo ammetto – una delle cose più difficili del mondo.
E attenzione: sono bagliori STUPEFATTI. Poverini, erano lì pronti a fronteggiare l’ennesimo adulto “esperto”, scrittore, ambientalista, magistrato, vigile urbano, venuto in classe a dire e spiegare e fare; erano pronti a dirgli come al solito bravo, bene, bello, come abbiamo imparato, così la maestra è contenta etc. etc. E invece… accade qualcosa. Ma cosa sta dicendo questo qui? Bagliore stupefatto. È… è… è bello!
Per la Melevisione ho scritto una canzone, che veniva cantata (absit iniuria verbis) dall’Orco.
Il ritornello diceva così:
Lo so io come sono i bambini!
Lo so io cosa fanno i bambini!
Lo so io dove vanno i bambini!
Lo so meglio dei bambini!
Poveri bambini. Che pazienza che hanno, con noi.
Per fortuna i bambini (io lo so!) sono esserini fragili, sì, ma come dice il celebre monologo da “Stalker” di Tarkovskij, di gran lunga più forti noi. E non ci sarà musica dodecafonica, o poesia post-ermetica, o teatro punitivo, o pastoni vegetariani, o lezioni di diritti e olocausto che riusciranno a distoglierli dal compito che li aspetta: crescere, venire qui prima o poi, e farci la festa.
Poesia con i paraocchi
2011-01-15 07:57:21|di Janna Carioli
Cari amici,
le vostre considerazioni mi hanno molto emozionato. Quando si scrive, anche se si ha un lettore in testa, è come spedire parole nel vento. Vedere che ogni tanto arrivano a destinazione dà una grande felicità.
Grazie di cuore.
Janna Carioli
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Poesia senza paraocchi
2011-01-17 22:07:39|di stefano
Volevo solo raccontare un fatto vissuto: un giorno ho iniziato a leggere a Marina (mia figlia, otto anni) "Sulle case il cielo" (vale la pena tener conto che viviamo in Catalogna e l’italiano non è la lingua che lei usa con maggiore scioltezza): all’inizio non ne aveva voglia, scalpitava un po’ ("guarda tu cosa mi vuole rifilare questo", doveva pensare...) e poi è successo l’imprevisto: quando finiva la pagina voleva sapere cosa diceva la seguente, e io le chiedevo se voleva smettere e lei faceva come la pubblicità delle patatine: ancora una e poi basta. E abbiamo finito il libro e ancora mi ha chiesto di rileggerne un paio che le erano piaciute più delle altre. Il fatto è che ce l’avevo in grembo e non mi è stato facile vederle il bagliore... però direi che l’ho sentito.