Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine

Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce

Redatta da:

Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.

pubblicato martedì 19 novembre 2013
Blare Out presenta: Andata e Ritorno Festival Invernale di Musica digitale e Poesia orale Galleria A plus A Centro Espositivo Sloveno (...)
pubblicato domenica 14 luglio 2013
Siamo a maggio. È primavera, la stagione del risveglio. Un perfetto scrittore progressista del XXI secolo lancia le sue sfide. La prima è che la (...)
pubblicato domenica 14 luglio 2013
Io Boris l’ho conosciuto di sfuggita, giusto il tempo di un caffè, ad una Lucca Comics & Games di qualche anno fa. Non che non lo conoscessi (...)
 
Home page > e-Zine > Poesia, la fine dei maestri

Poesia, la fine dei maestri

Articolo postato venerdì 22 febbraio 2008
da Luigi Nacci

Libri, festival, incontri celebrano un genere considerato minoritario. E i critici discutono sugli ultimi grandi

Poesia, la fine dei maestri

«Zanzotto, Giudici, Pagliarani i sopravvissuti». «Ma è il pubblico che non sa ascoltarli»

Tre milioni di italiani scrivono poesie. Certo, i risultati variano dalla pubblicazione in collane storiche (la Bianca dell’ Einaudi, lo Specchio della Mondadori) alle plaquette pubblicate a spese proprie. In generale comunque la categoria sembra stare bene, anche secondo i calcoli di Giuliano Vigini, direttore dell’ Editrice Bibliografica, che nel 2007 ha censito in Italia, su un totale di circa 8800, 730 editori specializzati in poesia (molti grandi editori poi hanno una collana dedicata) che, nel complesso, hanno mandato sul mercato 2328 novità. «La maggior parte destinate all’ invisibilità - spiega Vigini - perché nelle librerie non c’ è nemmeno lo spazio sugli scaffali, con il risultato che, dopo sei mesi, alcuni sono già fuori catalogo». Eppure il fermento c’ è: dal 21 febbraio al 24 aprile Teramopoesia riunisce autori come Franco Loi, Vivian Lamarque, Silvia Bre, Umberto Piersanti, mentre il 25 febbraio Milano dedica una serata a Elio Pagliarani a Palazzo Reale. Allora perché si ha la sensazione che la poesia rimanga un genere minoritario, senza incisività sulla vita culturale? «Non è finita la poesia, è finita la nostra percezione che vi siano ancora grandi poeti - sintetizza il critico e scrittore Franco Cordelli - . Gli ultimi che percepiamo come tali sono i sopravvissuti della generazione nata negli anni Venti: Zanzotto, Giudici, Pagliarani. Non solo: i poeti della generazione precedente, quelli nati negli anni Dieci come Luzi, Sereni, Caproni, Bertolucci, già negli anni Sessanta, prima ancora di scrivere i loro libri più importanti, erano culturalmente significativi, rappresentavano tendenze, modi, stili. Cosa che non è successa ad autori contemporanei come Cucchi, Conte, Viviani, Zeichen, oggi ultrasessantenni, o a poeti della generazione degli anni Trenta come Fernando Bandini e Jolanda Insana. Il loro pubblico è soprattutto quello dei poeti. Non mi meraviglia che un regista di cinema, per esempio, li ignori completamente. I più noti si sono fatti conoscere diventando dei personaggi come Zeichen, o magari con un’ intensa attività sui giornali, come Conte». E non è solo per il fatto che, oggi, nella scrittura in generale ci si fa conoscere più tardi. «I loro coetanei narratori, penso a Vassalli, Tabucchi, Orengo, Montefoschi, hanno una rilevanza culturale maggiore». Una situazione che, secondo Cordelli, può essere letta in due modi. «Il primo, più ottimistico, è che, essendo il panorama culturale occupato per intero dal mercato, la poesia si ritira in punta di piedi, perdendo così di incisività. Il secondo è che anche i migliori tra loro hanno di fatto rinunciato alla battaglia culturale, forse perché si sentono talmente con le spalle al muro rispetto alla sopraffazione del mercato da dirigere le loro energie solo sui versi». I più giovani, secondo Cordelli, sono messi anche peggio. «Mario Santagostini, per esempio, è senz’ altro un buon poeta, ma pochi lo conoscono. Umberto Piersanti pure, se ne sta lì ritirato a Urbino. Patrizia Valduga e Mariangela Gualtieri, anch’ esse brave, anche se in modo diverso, si sono costruite come personaggi prima ancora che come poetesse». Tra i più giovani, secondo Cordelli, il più identificabile è Magrelli. «Gabriele Frasca, un altro cinquantenne, è quello che ha un più alto profilo culturale. Se avesse operato quarant’ anni fa sarebbe molto più conosciuto». Ma la crisi dei poeti, secondo Nicola Crocetti, fondatore e direttore della rivista «Poesia» che ha appena festeggiato i vent’ anni, riguarda anche altri Paesi. Il suo è un osservatorio privilegiato dal momento che il 90 per cento dei versi pubblicati su «Poesia» sono di autori stranieri («Se dovessi fare una rivista dedicata alla grande poesia italiana chiuderei dopo dieci numeri»). «Più che una mancanza di grandi poeti sento la mancanza di maestri, non tanto dal punto di vista letterario, ma dal punto di vista morale. Morti Luzi e Raboni, con Giudici e Zanzotto che non scrivono quasi più, mancano figure capaci di tracciare delle linee guida, di creare una scuola. Ma lo stesso discorso vale per la Francia, dove è rimasto solo Bonnefoy. In Gran Bretagna c’ è Tony Harrison e in Spagna l’ ultimo gigante è Antonio Gamoneda, fine».Il problema, secondo Crocetti, è che oggi ci sono tante conventicole che si boicottano tra loro, autori «che parlano male l’ uno dell’ altro e poi pubblicamente si baciano e si abbracciano». E poi la poesia è la forma d’ arte che offre meno. «In pochi possono aspirare al premio Nobel. Gli altri si aspettano tre cose: la pubblicazione, la recensione e un premietto. Anche se io ho nel mio archivio undici lettere di autori che dicono di essere il migliore poeta italiano vivente». Il critico Andrea Cortellessa, invece, rifiuta l’ espressione «grande poeta»: «È enfatica, ridondante, non significa niente. Non è che non esistano più, semplicemente sono mutati i connotati dell’ industria culturale, è mutata la qualità del nostro ascolto, si fa fatica a riconoscere quella che si può definire grandezza. Persino Amelia Rosselli non riesce a incontrare il pubblico che merita. La Rosselli è arrivata con pochi anni di ritardo su una scena in cui altri poeti, magari meno importanti di lei, avevano avuto un’ immediata riconoscibilità. Oggi uno come Gabriele Frasca, che avrebbe le qualità per essere un intellettuale del nostro tempo, non ha accesso al sistema dei media e perciò probabilmente lo conosciamo in meno di mille pur essendo la sua poesia assolutamente all’ altezza dei predecessori. La non riconoscibilità non ha a che fare con l’ intrinseca qualità del poeta, ma con un sistema dei media che oggi ha estromesso la qualità letteraria dal novero delle caratteristiche che fanno di un autore un personaggio pubblico. Questo riguarda anche la narrativa: gli scrittori che fanno notizia non sono i migliori, ma quelli che hanno imparato a fare pubblicità per se stessi». A dire la verità sui poeti contemporanei, secondo Cortellessa, sarà il tempo, ma una generazione interessante, secondo lui, è quella nata tra gli anni Cinquanta e Sessanta: De Angelis, Valduga, Magrelli, Bàino, Anedda, Fo, Voce, Ottonieri, Pusterla, Mesa, Bonito, Dal Bianco, Nove. «D’ altronde la storia del Novecento è la storia della riscoperta di grandi sottovalutati che oggi sono dei classici, come Dickinson, Rimbaud, Trakl, Campana. La poesia ha sempre avuto queste caratteristiche di minorità, anche in Italia. Soltanto all’ inizio della postmodernità c’ è stato un momento di grande visibilità degli intellettuali nella vita politica e sociale. Ma la stagione dei Pasolini e dei Testori è rimasta circoscritta».

Cristina Taglietti

20 febbraio 2008 - "Corriere della Sera"

1 commenti a questo articolo

Poesia, la fine dei maestri
2008-02-25 07:56:55|di number 1

questa e’ poesia, maestri!!!

suite presidenziale

fate mettere il buiobello al mondo
ha la canicola traspirante e gli occhi stretti stretti all’illusioni fisse
il coraggio
quello no’ si muove travalica il debole orizzonte
le felci prosciugano la rugiada per farne un cubo rubato al cielo sottovuoto
tornero’ sui miei passi colmandoli come fa’ l’argine con la sabbia nel sacchetto
guarda l’ora impressa al sangue alza il velo il sonno perpetuo
chiuse nei torrenti dentro files interminati sgancia un peso
questo e’ il molto che s’aggiace in fondo all’ego
quello e’ il poco che prende agli altri le distanze
cosi’ che viene appresso al caldo mattutino il freddo intestinale
la pressa muove il re
schiacciato il mio pensiero ora ha un futuro nel tubo di colgate
nell’alito del vento che non vuole spirare....
.....comincia la riunione alle 14 e 14
tutti i membri son presenti
io sorrido con disinvoltura tranne una carie al naso per un pircing non capito del nipote presidente
tutto il patrimonio e’ appeso a un filo che passa e aggangia il treno
io viaggio finalmente all’opposto
dopo tanto mi vedo contrario e contento
tutto il viaggio aspetta il calore delle suole
nei piedi c’e’ il senso delle cose
ragiono in fretta
e scaldo il bus che porta il sole alla revisione
un’altra marcia innesto
sento che si parla del morto
l’ennesimo
bianco
non perche’ bianco
ossia e’ bianco ma bianco
insomma bianco bianco
un morto vero pulitissimo
un morto del lavoro
non si muore al lavoro
si lavora al lavoro
e se si muore
si muore per lavoro
poi si torna a casa
ci si riposa
per un po’
molto
ma comunque e’ sempre
lavoro


Commenta questo articolo


moderato a priori

Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Un messaggio, un commento?
  • (Per creare dei paragrafi indipendenti, lasciare fra loro delle righe vuote.)

Chi sei? (opzionale)