di raphael d’abdon
Negli ultimi 10-15 anni il panorama letterario, musicale e culturale africano (ma non solo) è stato travolto dall’arrivo di quella che Zakes Mda ha definito la “spoken word revolution”. Si tratta di un movimento di artisti, per lo più giovanissimi, i quali, adattando gli stili performativi tipici delle loro tradizioni orali ai ritmi musicali delle metropoli africane del XXI secolo, stanno portando in scena la “parola parlata” (spoken word) noi solo nei circuiti underground dei cyphers, della poetry slam e degli open mic (microfono libero), ma anche sui palchi dei principali festival di poesia nazionali ed internazionali.
Questo spazio si prefigge di presentare i profili di alcuni tra i più rappresentativi spoken word artists del Sudafrica e di altri paesi africani, al fine di far conoscere al pubblico italiano le loro opere e la loro poesia. L’obiettivo è quello di contribuire a stimolare l’interesse per la poesia orale “di strada” e per il potente messaggio di “coscientizzazione” (per dirla con Biko) di cui essa si fa odierna portatrice.
Nato a Udine nel 1974, raphael d’abdon (minuscolo, alla bell hooks) nel 2010 ha conseguito il dottorato di ricerca in scienze linguistiche e letterarie con una tesi sulla spoken word nel post-apartheid.
Nel 2007 ha tradotto e curato l’antologia I nostri semi - Peo tsa rona. Poeti sudafricani del post-apartheid, e dal 2008 vive in Sudafrica dove, oltre a coltivare lo studio accademico, organizza eventi di poesia e workshops di scrittura creativa. Collabora inoltre regolarmente con diversi collettivi di artisti, con il blog www.kagablog.com e si diverte ad esibirsi nei circuiti underground di ‘open mic’ (microfono libero).
Nel giugno del 2009 è stato guest poet del Timbila Poetry Project e ad agosto è stato poeta del mese del sito www.consciousness.co.za. Nello stesso periodo è stato ospite dell’ANA (Association of Nigerian Authors) per un reading tenutosi ad Abuja (Nigeria). Ha diviso il palco con diversi spoken word artists tra i quali Dorothea Smartt, Warsan Shire, Myesha Jenkins e June Madingwane.
Links:
Sagarana: www.sagarana.net
Unity Gallery: http://www.unitydesign.co.za/
Consciousness, it’s a lifestyle!: www.consciousness.co.za
Timbila Poetry Project: http://kaganof.com/kagablog/2009/05...
Kagablog: http://kaganof.com/kagablog/categor...
I nostri semi - Peo tsa rona. Poeti sudafricani del post-apartheid. raphael d’abdon (a cura di), Mangrovie, Napoli, 2007: http://www.mangrovie.org/?ac=scheda...
di Cecilia Bello Minciacchi,
Paolo Giovannetti,
Massimilano Manganelli,
Marianna Marrucci
e Fabio Zinelli
di Yolanda Castaño
di Domenico Ingenito & Fatima Sai
di Maria Teresa Carbone & Franca Rovigatti
a cura di Massimo Rizzante e Lello Voce
Agli occhi di chi ha avuto modo di leggere l’ultimo post di questo mio neonato blog di poesia africana, il nome di Aryan Kaganof risulterà familiare. L’intera parte finale di quell’articolo (pubblicato a suo tempo nella rivista "Aut Aut") è infatti dedicata alla cronaca di un triste episodio che vide Kaganof, suo malgrado, protagonista di un grave caso di censura da parte dell’autorità pubblica sudafricana. Chi conosce il Sudafrica odierno in maniera un po’ più approfondita di quanto normalmente accade tra gli “esperti” italiani del settore, non sarà rimasto affatto stupito dinnanzi a tale notizia, e avrà intuito facilmente come non sia stato un caso che il tribunale della cyber-inquisizione del “Nuovo Sudafrica” abbia abbattuto la propria scure proprio su Kaganof, personaggio pasolinano dalla lingua e dalla penna taglienti, spesso abituato (come nella poesia “sul politically correct”, che potete leggere a seguito) a denunciare e smascherare gli aspetti più grotteschi e paradossali di quella che in maniera ipocrita viene ancora definita, dai peggio informati, la “Nazione Arcobaleno”.
Molti dei poeti più giovani che animano e animeranno questo blog sono infatti delle vere e proprie spine nel fianco della cosiddetta “democrazia” sudafricana e i loro versi rappresentano le voci di acuti osservatori delle tribolate società in cui vivono e operano. I loro sono spesso versi di denuncia, rabbia, delusione, ma anche (o soprattutto) canti di autoaffermazione e di liberazione di sé e della propria comunità, provenienti dal cuore pulsante di uno scenario culturale, sociale e politico altrimenti vacuo e decadente. I loro sono altresì versi che scuotono dalle fondamenta l’edificio di menzogne su cui è nata e si è costruita la cosidetta “democrazia” sudafricana, e per questo sono osservati con timore e sospetto da chi, direttamente o meno, si ostina ancor’oggi a sostenere l’impianto ammuffito del potere costituito.
Un esempio adamantino che distilla in maniera sublime quanto sinora affermato, ce lo offre proprio Kaganof il quale, caustico, ci regala una spietata radiografia del Sudafrica odierno nei versi finali della poesia “the rainbow homeless (reprise)”:
merely turning round isn’t a revolution
neither is a government
of black gnats on a golf course
while the indigent
remain the major resident
of the land lack
which was from them taken
but never given back
despite the voting
and other elaborate forms
of time wasting
(pubblicata in We Are…, Natalia Molebatsi (ed.), Penguin, Johannesburg, 2008, pp. 30)
Musicista, romanziere, saggista, filmmaker e documentarista geniale ed innovativo Kaganof è soprattutto, per quello che ci riguarda in questa sede, un poeta raffinato, aperto alle più svariate sperimentazioni e il curatore di un blog (www.kagablog.com) che in questi anni si è affermato come un vero e proprio punto di riferimento per decine di contributors e migliaia di visitatori, sudafricani, ma non solo. L’appassionato di poesia che vorrà approfondire la propria conoscenza sul poliedrico artista Aryan Kaganof potrà trovare una quantità pressoché illimitata di materiale nel suo sito web, nel blog e e nei link suggeriti a seguito. Buona lettura.
Note biografiche:
Aryan kaganof è un progetto dell’ AFRICAN NOISE FOUNDATION
Articoli su Aryan Kaganof:
http://kaganof.com/kagablog/2010/08...
Websites:
www.kaganof.com
www.smssugarman.com
Blog:
www.kagablog.com
Link ad altre poesie di Aryan Kaganof tradotte in italiano (le prime due poesie sono state pubblicate, sempre con la traduzione di Raffaella Malaguti in: I nostri semi – Peo tsa rona. Poeti sudafricani del post-apartheid, raphael d’abdon (ed.), mangrovie, Napoli, 2007, pp. 136-143):
http://kaganof.com/kagablog/2007/03...
http://kaganof.com/kagablog/2007/03...
http://kaganof.com/kagablog/2006/03...
sul “politically correct”
prima massacriamo i popoli indigeni
poi rendiamo illegale insultarli
la notte della luna rosso cremisi
ti scriverò con il sangue
disse la pietra alle
nuvole, ti laverò
con lacrime
disse l’occhio
alla
lingua
sussurrerò
il tuo nome quaranta
tre mila volte
stanotte prima di dormire disse
il poeta alla sua beneamata
mentre lei estraeva lentamente il suo coltello
dalla ferita che gli aveva inferto
... e quando fu seppellito
lessero a voce alta una sua pergamena
che recitava: non importa che tu
mi abbia ucciso, che
vita era in ogni
caso, prima che io
conoscessi le tue
labbra? Non importa che
tu non ricordi
il mio nome, perche’ queste sono
le sole parole degne d’esser ricordate…
seguito dal nome della donna
ripetuto in maniera precisa
43.000 volte
coloro i quali nel
paese
avevano
dimenticato
come si ama
furono immerse
nuovamente nella scintillante
conoscenza che si prova
quando si prova un sentimento
e quella notte, curiosamente,
la luna parve colorarsi di un bagliore
rosso cremisi, come se anche a lei fosse
stata data una pugnalata fatale
*
on political correctness
first we massacre the indigenous people
then we make it illegal to insult them
the night of the crimson moon
i will write you with blood
said the stone to the
cloud. i will wash
you with tears
said the eye
to the
tongue
i will whisper
your name forty
three thousand times
tonight before i sleep said
the poet to his dearly beloved
while she slowly extracted her knife
from his wound
... and when he was buried
they read out his scroll
which said "it doesn’t
matter that you
killed me, what
life was it any-
way, before i
knew your
lips. it
doesn’t
matter that
you don’t remember
my name, for these are
the only words worth remembering..."
followed by her name,
carefully repeated,
43 000 times.
those in the
village
who
had
forgotten
how to love
were immersed
again in the shimmering
knowledge of what it feels like
to feel, and that night, curiously,
the moon seemed to take on a crimson
glow, as if she too had been fatally stabbed.
3 commenti a questo articolo
Politically molto… “ink-orrect”. Genio e sregolatezza nell’opera di Aryan Kaganof
2010-09-22 12:48:37|di raphael
Ciao Mauro, qui tutto ok. La prole (tre anni compiuti qualche settimana fa) e’ sempre piu’ lanciata nel (suo) mondo della musica :)
Credo che tu abbia conosciuto Aryan a Milano. Io ho pubblicato tre sue poesie ne "I Nostri Semi", ma e’ la prima volta che scrivo qualcosa su di lui.
Un caro saluto ;)
Politically molto… “ink-orrect”. Genio e sregolatezza nell’opera di Aryan Kaganof
2010-09-22 12:31:14|di Mauro
Ciao Raphael, leggo sempre con interesse quello che mi mandi. Come vanno le cose? La prole? Non ricordo più se kaganof me lo avevi fatto conoscere tu o se lo avevo visto a milano nel festival del cinema africano di qualche edizione fa.
Un affettuoso abbraccio, sempre pasoliniano,
Mauro
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Politically molto… “ink-orrect”. Genio e sregolatezza nell’opera di Aryan Kaganof
2010-10-17 15:22:09|
Ciao Raph,
finalmente un po di aria e tempo x visitare il tuo blog
nice one
keep on keepin on
bless
missLee