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ROMA di Franco Buffoni: città come macrotesto

intervista di Marco Simonelli

Articolo postato lunedì 14 giugno 2010

ROMA di Franco Buffoni: città come macrotesto


MS: Mi sembra che Roma (Guanda, Parma, 2009) sia un testo costruito, proprio come la città, strato su strato: ingloba tuoi testi in origine apparsi in altre compagini, risemantizza parte del tuo lavoro precedente, tuttavia non si tratta affatto di un libro riassuntivo di un periodo di lavoro. Come nasce e come si sviluppa l’idea di questo “macrotesto dell’urbe”?

FB: ROMA è un libro di 180 pp, circa il doppio di un “normale” libro di poesia. Oltre 120 poesie - scritte negli ultimi cinque-sei anni - costituirono il primo dattiloscritto, quello che ricevette approvazione e contratto editoriale. Un libro quindi assolutamente inedito. In seguito mi resi conto che alcuni testi apparsi in libri precedenti avrebbero potuto trovare nuova vita in ROMA. Chiesi se ci fossero problemi, mi fu risposto di no, così interpolai alle nuove alcune pertinenti pagine scritte in precedenza.
Il fatto che tu - attentissimo mio lettore anche dei libri più antichi, più introvabili - dica di ROMA: “non si tratta affatto di un libro riassuntivo” mi dimostra di aver visto giusto. E’ semplicemente un libro più ricco, più articolato di quello concepito inizialmente.
Ciò che conta per me in poesia è l’intonazione. Credo molto alla struttura-libro, al macrotesto, quindi alla costruzione, alla stratificazione. Il lettore mi segue perché gli racconto una storia: in questo caso la storia del mio rapporto con l’Urbe dentro alla storia dell’Urbe, e di altri artisti anche del passato che, come me, la scelsero come città d’elezione.

MS: Mi sembra che una costante nella tua poesia sia la presenza di figure maschili intorno a cui si sviluppano molti dei tuoi testi: spesso si tratta di un’umanità anonima (penso agli avventori del Cinema Rosa in Suora Carmeliatana), oppure figure emblematiche fra Storia e storie (mi viene in mente Ötzi in Il Profilo del Rosa, i ragazzi magrebini di Noi e loro, come pure, anche se in forma differente, i nazisti in fuga di Guerra). In Roma ad esempio parli del Pinturicchio, del giovane Leopardi. Come si comportano, nella tua scrittura, queste identità? Entra in gioco una sorta di fascino? Possiamo parlare di entità “musaiche”?

FB: In senso molto lato direi di sì; anche se – ovviamente – farei qualche differenza tra i nazisti in fuga (che sostituiscono al berretto rigido quello floscio e fuggono in Sud America aiutati dal nunzio apostolico a coltivare rose nelle discrete ville suburbane) e i ragazzi magrebini (berberi arabizzati dai costumi fenici alessandrini greci, seduti in circolo al tramonto accosciati a raccontarsi storie di mare sapendo d’alghe d’inchiostro ed invitanti me a restare).
In ROMA, hai ragione, questa funzione “cattivante” la svolgono anche Keats e Leopardi, Pinturicchio e Caravaggio, e soprattutto Penna e Pasolini. Ma vivi e pulsanti, operativi, umani molto umani.

MS: Ho notato che in alcuni punti i testi che compongono Roma esprimono una tensione quasi erotica, addirittura, mi pare, maggiore di quella di Noi e loro, il libro con cui ti proponevi di “riconquistare anche in letteratura al sesso omoerotico spazi che per il sesso etero sono consueti”. A mio avviso Roma dimostra come una tensione sessuale omoerotica sia congenita alla tua scrittura – penso alle minuziose descrizioni, ai dettagli, a quanto di figurativo c’è nei tuoi testi. Dal polittico che apre Il Profilo del Rosa fino alle “Sovrapposizioni e accostamenti/ di nudi quadri e quadri incorniciati/ Finendo con le labbra tra le gambe/Tozze di Cristo” (Roma, p. 84).

FB: Eh sì, credo che anche qui tu veda giusto: sono molto umano anch’io.

2 commenti a questo articolo

ROMA di Franco Buffoni: città come macrotesto
2010-06-16 08:51:48|di Marco Simonelli

bello!
un po’ off topic ma io apprezzo.


ROMA di Franco Buffoni: città come macrotesto
2010-06-15 18:09:05|di laudato

Roma: "città come MACROtesto". ma aggiornatevi, ora è Roma: "città come MAXXItesto"!

ciao,
laudato sii


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