Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Io e Anne è un atto di amore per la statunitense Anne Sexton che la sua traduttrice e performer esegue a mo’ di controcanto, scandito sulle stagioni della vita (e della poesia). E, in più, con la dichiarata intenzione di «trasformare l’esperienza poetica (scritta/vocale) in una esperienza musicale pop, come faceva la stessa Sexton che si esibiva in pubblico non solo con semplici reading, ma anche con un gruppo pop, di fronte a folle da concer-to (Anne Sexton and Her Kind, 1968). Nell’audiolibro parole e suoni, toni e colori, concer-tati con la musica di Mondo Candido, raccontano questa magnifica avventura.
Rosaria Lo Russo
IO E ANNE. Confessional poems
con le musiche di Mondo Candido
Napoli, edizioni d’if, 2010
(si presentano qui il testo di apertura e tre tracce audio tratte dal CD; voce: Rosaria Lo Russo; chitarra: Simone Marrucci; basso: Alessandro Querci; Quando l’uomo entra nella donna è tradotta da Edoardo Zuccato, Noi e La fierezza della femmina da Rosaria Lo Russo).
Diario ovvero Il libro dell’esperienza ovvero Storia della mia vita
(come un proemio)
Mille porte fa, quando non ero nata
ero una bambina meravigliosa:
boccoli biondi occhi verdeazzurri
bocca succosa. In collo al nonno
mi scambiavano per bambola,
è finta, gli dicevano, ed ero bella
grassa, una palla di burro mangiona
e con una parlantina sorprendente.
Nelle scene di mal di pancia isterici
molto melodrammatica, un’attrice nata.
Le me che siamo diventate poi
cominciano proprio negando la fame,
col consuntivo spietato di un corpo
troppo simbolico per stare
tra sé e sé in santa pace.
Polverizzarmi le ossa
spargere le ceneri di me
sul proprio capo, ridursi
così piccina e fragile da
essere per sempre una figlia
di papà, tenera e delicata
come luce in eccesso, con nessun
altra, nessun’altra che me, nessun
altro, nessun’altra che me.
Negare l’amore e ridere di lei,
sì, sì, ridere di lei a crepapelle
morire dal pizzicorino, strizzare
le ascelle, piangere dal ridere
disperatamente. Mamma, mormora
la bambina, piena di pianto agli occhi.
Non so se ti ricordi profumi e balocchi:
lei era i profumi e uscivano la sera
e io restavo coi balocchi rotti
a mangiarmi le unghie dei piedi.
Il Bimbìo Rosso e l’Orso Pillo
dormivano sodo con me. Poi
ebbi per alter ego la gatta Trilla,
femmina al posto mio le facevo
partorire molti gattini e li baciavo tanto
ma tanto, dormivano sodo con me.
Fin qui tutto normale, procedeva
tutto a meraviglia. Negata per gli sport
ma brava in italiano, portavo normalmente
il nome, a Firenze terrone, che mi avevano dato.
Negli anni del liceo, com’è ovvio, venni
meno. Venni meno al mio ruolo di quattr’
occhi kilt e calzettoni bianchi. Divenni
femminista comunista ascoltavo el pueblo
unido. Né carne né pesce soltanto
piccavo e non andavo più a trovare
mio nonno, che mi morì di fronte
mangiando una pera cotta come atto
d’accusa. Diventare qualcosa, qualcosa
agli occhi del mondo, qualcosa di grande e grosso
come la testa. Non andavo alle feste,
ma volevo il ragazzo. Mi innamorai di una testa
di cazzo, per di più fascio, un disastro.
E perché mi lasci? Non avere più fame,
non sentire più i sapori, gli odori,
stare solo a guardare. Ridursi all’essenza
di una santa giovanna pura e perfetta.
Quaranta chili di perfetta efficienza.
Mangiavo i libri, mangiavo poesia.
In bocca solo voce: viva viva la santa
anoressia. Intanto coi ragazzi ci giocavo:
tutto sotto controllo, sesso a tappeto.
Coazione a ripetere, le gesta di mia cugina.
I suoi seni pesanti i suoi piccoli fianchi: amavo
lei e lei sola, per interposta persona. Poi furono
i franceschi e i franceschielli, i miei psico-
analisti. Avrei potuto comprarci una ferrari
con quanto li ho pagati. Ho amato a pagamento,
mi han vietato assolutamente di concepire
la gratuità degli affetti. Finché non è arrivato quello
che disse bomba libera tutti, toccando-
mi nel punto esatto della fame. Madonna che
anni bui, anni sdraiati in un vissutissimo
suicidio. Uscii da Auschwitz finalmente
ma ormai con il metabolismo incasinato.
Disordini ormonali son stati il prezzo
della conquista della femminilità,
bene supremo! Imparai a diventare
un’eterosessuale, ma senza rinunciare
ad essere picchiata: picchia la moglie,
lei sa perché, non è la vulgata?
Ma quale moglie? Non ce l’ho proprio fatta,
vergine da sposa, in menopausa e in menarca:
una minorata coerente. Miracolosamente,
però Teodora è nata anche se da una ragazza
in croce. Il mio corpo in affitto alla gestazione.
Poi furon gli anni loschi degli amanti
sbagliati. Perché non ero una colette, non ero
modernista. Accompagnavo un’orfana
in cerca di accoglienza. Massacri e commozioni,
quasi morivo di consunzione come gaspara.
Mi salvai perché sono razionale e prudente
e perché l’uomo-con-un-braccio-solo aveva lavorato bene.
Però mi dibattevo ancora, infantilmente,
fra il tutto e il niente, tradendo di continuo
i miei lineamenti e la mia gente.
Allora papà e la Giulia mi regalarono due poppe!
Insomma un colpo al cerchio e uno alla botte.
Me la son vista brutta, ma ce l’ho fatta
a diventare una di loro, una che fa
le faccende di casa e mille altre faccende.
Una donnina tridimensionale, insomma.
Una che non s’innamora più ogni giorno.
Allergica alla vita in forma latticina, certo
ma oggi va di moda, quindi pazienza.
Una che finalmente straborda dal suo nome.
Una poppona paziente anche con me, insomma.
Una luce artificiale. La buonanotte di un blando
antidepressivo. Una catena di sant’antonio in espansione.
Il risultato di una conversazione. E soprattutto,
oggi, liberamente, senza radici se non aeree.
(Vorrei avere la penna e il castigliano
di teresa, e soprattutto la sua fede nella vita.
Ma essendo una poetina da mezzo rigo sulla garzantina,
come diceva vivian, essendo una poetrice normodotata,
non indugio più oltre in quest’onesta pseudo rima, passo
e chiudo e buonanotte).
***
Rosaria Lo Russo (Firenze, 1964), poetrice, da quasi trent’anni interprete della poesia contemporanea, ma anche medioevale e moderna, è poeta, performer, traduttrice, saggista.
Ha pubblicato Comedia (Bompiani, 1998, libro cd), Penelope (d’if, 2003), Lo Dittatore Amore. Melologhi (Effigie, 2004, libro cd) e sta per pubblicare Io e Anne. Confessional poems (d’if, 2010, libro cd).
Con la voce e la scrittura ha lavorato, collaborando con musicisti e compositori, per la poesia di Anne Sexton, Sylvia Plath, Piero Bigongiari, Mario Luzi, Giorgio Caproni, Andrea Zanzotto, Amelia Rosselli, Giovanni Giudici, Iosif Brodskij, Friederike Mayröcker, Erica Jong, Wislawa Szymborska, e molti altri.
Su AbsoluteVille conduce il blog ’La Vocazione Poetica’.
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