Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine

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Redatta da:

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Rosaria Lo Russo, Nel nosocomio

di Renata Morresi

Articolo postato venerdì 8 luglio 2011


Nel nosocomio le malattie sono: consumismo cronico, dissipazione di sé, sofisticata futilità, feticismo corporale, idealizzazione del fare incessante e temporaneo, intransigente adesione al desiderio continuo, monomania del vedere. Le terapie nel nosocomio sono: la ripetizione dei medesimi sintomi all’interno del medesimo campo, la ripetizione delle paure del fuori che ci tengono dentro, così dentro nel nostro specialmente interiorissimo io il medesimo adorando. Talmente immersi che ci inonda l’illusione: non si invecchia, né si muore.
Una “serie ospedaliera” è Nel nosocomio: un libro che evoca l’andirivieni irrisolto tra malattia individuale e mondo malato, e rappresenta la loro grottesca fusione in un dettato slabbrato, casual, suadente e irretito dai suggerimenti (per gli acquisti) “del nostro direttore”. Non si tratta più de “lo dittatore Amore” che Lo Russo ci presentava qualche anno fa nel libro dallo stesso titolo, ma di un ibrido tra psicologo da talk-show domenicale, capo militare e super-mega-direttore galattico ancora più estenuante ed estenuato, per cui “fiorello” e “freud” sono allo stesso modo apersonali, astorici, ridotti a gadget in plastica, senza neanche le auto-giustificazioni auliche dei “santi padri”. In una divagazione crudele sull’ontologia della superficie, il senso e il non-senso, le antiche beghe sull’essere e il divenire sono tutte risolte nell’esposizione dei corpi in fila. Il balbettio degli a-capo idiosincratici o i formulari del buonismo nazional-popolare gonfiati in modo abnorme ne segnalano lo sfinimento: “Che buono che è il brodo di dado con le stelline di se-/ ra” (dove “se-” è anche il sé, lasciato solo, e “ra” forma l’unico verso finale, parodia dell’illuminazione ermetica e culmine del disfacimento del linguaggio, anche di quello poetico).
Sostenuto dai tic lessicali degli slogan reiterati ad libitum, dai refusi e dai frammenti di un luogo im-pensato, caldo del pathos effimero del parlato provincial-televisivo, caldo di una pietas che continua ad innescarsi comunque, Nel nosocomio va ragionando da lontano con altri studi poetici sulle patologie, individuali e/o sociali, del contemporaneo italico (penso a Shelter di Marco Giovenale, per esempio), o meglio, sullo spazio loro appositamente adibito. Un campo, l’ho chiamato qui sopra, chiuso a forza, dove l’esercizio della cittadinanza è sostituito dalla compulsione all’accumulo, e i bisogni vitali, fisici e morali, quelli che Simone Weil chiamava “i doveri eterni verso ogni essere umano”, sono rimpiazzati dai regolamenti, dai regolatori, dal reclutamento in un sistema che svuota i diritti nell’ossessione. Ma non sa impedire il com-patire per i goffi, confusi, fragilissimi degenti.
[rm]




*




La metafisica è più lampante sotto questa luce
al neon. È straordinariamente immobile e si-
lenziosa la coda dei degenti per il prelievo
nella lunga durata delle albe invernali, è stra-
ordinariamente fosforescente l’attesa, ogni
attesa, e sono molte, per le molteplici attività
del nosocomio: questo meraviglioso luogo
in cui attività e contemplazione coincidono.
In questo luogo di perfezione noi degenti
scegliamo di non pensare al futuro, perché è
qui e ora la compresenza del compimento
del pensiero occidentale: attività e contem-
plazione contemporaneamente la realizza-
zione di tesi antitesi e sintesi sposata dal nostro
direttore.




*




Tu che sei nell’alto di Sky, aiutami, Dottor
Casa, fa’ che non mi caccino proprio ora
che non ho più soldi, dal nosocomio, ormai
mi sono affezionato, disinvestirò altri soldi
ma tu aiutami, Dottor Casa, assistimi durante
la colonscopia che ho domani, ho paura, è la
terza, ti mettono un tubo lungo nel culo, mi
viene sempre da vomitare, ma tu, Dottor Casa,
che sei così dolce e spietato, così sicuro di te,
così pazzo e sexy quando zop-
pichi veloce, accorri in mio aiuto prima che
facciano che gli altri in sala d’aspetto fac-
ciano, che mentre mi inseriscono il tubi-
cino gli altri facciano zap-
ping.




*




Con tanti vecchi schifosi che abbiamo
in italia, dovevi morire proprio tu Da-
niele? Diciott’anni, un arresto cardiaco,
caduto sul campo di calcetto a scandicci.
Potevo esserci io piuttosto che te, Danie-
le, che avevi una faccia simpaticissima,
tanti ricci scomposti, un nasione formidabile,
tu, che a differenza di noi, si vede, che eri u-
no davvero speciale, uno veramente vivo.
Il tuo profilo su facebook è ancora attivo.




Rosaria Lo Russo, Nel nosocomio, Transeuropa, 2011. Allegato al libro il CD L’Estinzione di un colloquio amoroso, di Massimo Zamboni.




3 commenti a questo articolo

Rosaria Lo Russo, Nel nosocomio
2011-10-05 11:55:52|di Albert W.

Un libro meraviglioso, sicuramente degno di nota. Albert Watson dal blog colored wedding dresses site.


Rosaria Lo Russo, Nel nosocomio
2011-07-23 14:17:13|di Martina

Ho letto il libro della Lo Russo e non posso che dire che mi ha profondamente toccata e fatto considerare delle realtà che non conoscevo assolutamente. Lo consiglio a tutti di cuore.

 

Scommettere in questo casino online è semplicissimo e lo staff del casinò non è certo avaro di informazioni sul gioco e di percentuali di payout.

Rosaria Lo Russo, Nel nosocomio
2011-07-19 16:49:31|di Valerio Cuccaroni

chiusi i manicomi, tutt’intorno è il manicomio in cui siamo chiusi, tutti.
referti di un’europa vecchia e malata che non si decide a morire, un’europa che si è recintata tutta, che ha le borse agli occhi e il cardiopalma (cardiopalma di borse, borse al cardiopalma), il principato di monaco eletto a continente, stato privato di vecchi per vecchi.
a naso, sembra la vocazione teatrale della lo russo applicata a squintare il theatrum mundi


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