Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine

Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce

Redatta da:

Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.

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SANDRO MONTALTO: Tradizione e ricerca nella poesia contemporanea / Forme concrete della poesia contemporanea

(Edizioni Joker, 2008)

Articolo postato venerdì 30 maggio 2008
da Luigi Nacci

Segnalo l’uscita, per le Edizioni Joker, di due volumi di Sandro Montalto che raccolgono e organizzano alcuni scritti critici editi e inediti su poeti contemporanei: Tradizione e ricerca nella poesia contemporanea e Forme concrete della poesia contemporanea.
*

Dall’ INTRODUZIONE
[…]
Ogni libro che si legge richiede, a volte in modo prepotente, una diversa modalità di lettura. La quale si tramuta in un diverso modo di affrontare criticamente il libro in questione, giungendo a far mutare di volta in volta l’architettura del commento, i procedimenti retorici, il vocabolario. Non stupisca dunque la differenza di accenti e modalità analitiche che si potrà registrare in queste pagine: una critica onesta, la quale deve giudicare ma anche agevolare la lettura, essere utile tanto al lettore quanto all’autore stesso, per sua natura deve essere mobile. Non servile ma certo disponibile, non di palato facile ma nemmeno integralista. Ogni metodo critico rigido fonda il suo successo su esclusioni (di quelle opere che “secondo la prospettiva critica adottata” non paiono utili al discorso: un trucco facile e fruttuoso per evitare confronti e messe in crisi del modello stesso nonché della conoscenza e sensibilità del critico) e va evitato, così come va evitata l’idea populista e disimpegnata della critica alla quale piace tutto, che deve parlare dei libri senza entrare troppo nel profondo, senza violare ciò che si definisce lo “spirito” del libro, la sua “poesia” (la quale, invece, se c’è non può essere scalfita da nessuna analisi, la quale invece se è buona la agevola, se è mal fatta non la sfiora).
Ciò che serve è piuttosto una critica che sappia accostarsi a libri di tutti i tipi segnalando con garbo le ingenuità e castigando con violenza i sotterfugi e le ruffianerie, che sappia leggere ogni testo sfruttando i metodi analitici di volta in volta più utili alla sua comprensione, e che sappia anche rendere non solo il giudizio ma anche la sensibilità e l’emozione del critico. Perché c’è un lato creativo nella critica, fondamentale e sottolineato da tutti i grandi di questa disciplina, oggi smarrito per due motivi: il primo è che mette in crisi gli affaristi della critica (non è affatto vero che carmina non dant panem: ne danno molto ad alcuni di quelli che la criticano), il secondo è che questa messa in gioco creativa ed emotiva è subito stata confusa con una visione estetica della critica, la quale è nel frattempo diventata prosa d’arte (bella o brutta) che ha un rapporto con l’opera di origine non dialettico ma parassitario.
[…]
La critica che un critico “generoso” (generoso di letture abbondanti ed attente, non certo di penna) più frequentemente riceve è quella di essere di palato troppo spesso, di citare troppi autori invece di difenderne due o tre a vita, di dedicarsi al “sottobosco” degli pseudo-poeti (merita d’ufficio il prefisso “pseudo” chiunque non rientri nella propria ristretta famiglia di autori eccellenti, è ormai una regola); poi, sottovoce, al telefono, nell’angolo buio di una sala-convegni o nei bagni di una università, altre critiche si affastellano: il tale critico sarebbe un po’ fesso dal momento che rende conto delle sue omissioni, talvolta corregge suoi antichi giudizi, non è abbastanza perentorio e censorio. Tutto ciò si somma a una ben congegnata serie di misconcetti (il critico deve essere stitico, sussiegoso, scrivere poco ed in modo oracolare o almeno dogmatico…), a un’attoriale espressione di perpetua perplessità nei confronti del lavoro del prossimo e a una sistematica ignoranza dei presupposti del lavoro altrui. Ossia: non basta che un critico scriva un libro dicendo che è la prima parte di un lavoro: gli si criticherà la mancanza di esaustività; non basta che dica di aver scelto alcuni autori per rappresentare al meglio alcune tendenze: gli si farà presente la folla di assenze all’appello; non basta che si disperi a sottolineare come un lavoro critico debba essere in qualche modo “aperto” dal momento che in sé non vale poco senza la dinamicità del confronto: gli si criticherà la mollezza, la mancanza di polso; non basta dire persino ciò che è lampante, ossia che è inutile scrivere capitoletti su autori più che studiati (o vaste monografie spesso uguali tra loro) ed è necessario tentare di riequilibrare le cose non per rifondare il pianeta ma per dare la giusta luce ad autori a proprio parere più interessanti di quelli in voga o almeno interessati ed in ombra: si diventa uno Zorro della critica, ossia un fanatico; se enunci questioni di principio assolutamente basilari ci saranno orde di critici e autori, noti per averle infrante tutte, che le appellano “generiche e assodate da tempo”; scrivi che non vuoi assolutamente fissare un canone, e ti dicono “ma che razza di canone sarebbe quello che ci hai proposto?”. E non facciamo dell’ironia: esponiamo la realtà al ludibrio e alle lacrime che essa ci ispira, tale e quale si presenta a tutti noi. Esiste una corrente di pensiero secondo la quale un uomo che manchi di determinate virtù etiche non può essere un buon poeta; io non sono d’accordo, ma mi accorgo che questo vale invece, eccome, per i critici. E il tempo, mi dispiace cari amici, non fa giustizia, e non è affatto galantuomo: molte cose, dalle storie della letteratura alla storia dei popoli, lo dimostrano! L’importante è definire bene le proprie ipotesi di partenza, per il resto ci sarà sempre chi le ignora o accusa l’opera di attuarle: pazienza, non c’è peggior sordo di chi non capisce niente!
[…]
Non si può discorrere o scrivere di poesia in modo ideologico o fideistico, occorre citare i poeti e i testi affidandosi alla pagina, tenendo sempre presente quali sono i fini e quali i mezzi, scassinando i versi, se necessario, fino a poter osservare il reale colore del loro sangue e valutarne finalmente la portata nutrizionale per la nostra sete di poesia e (ossia cioè) di verità, realtà, mondo. Al primo posto non ci sono mai le idee, i paradigmi o le norme: ci sono i poeti, i testi, la sincronia e la diacronia della lingua poetica. Noi tutti, critici ed amanti della letteratura, siamo posti di fronte a un’interrogazione continua e multidirezionale che indaga l’opera e chi la legge; ne deriva che ogni lettura è un esercizio della responsabilità critica che inizia con un atto di lettura e non con un’idea dogmatica di lettura. In caso contrario assomiglieremmo a chi compra uno specchio per vedere ancora una volta e da una nuova angolazione quanto, e su questo non ha dubbi, sia bello. Vasta è la schiera dei benpensanti della letteratura, per i quali essa è una routine, produzione di oggetti letterari sempre uguali tra loro, dotati di una calibratissima coesistenza di tracce da un passato non rivissuto, false pulsioni (in realtà mal fatte concessioni) e ricerca sulla lingua, di acre dilettantismo filosofico ed etico (quanto abusato gergo – e nulla più - in molta poesia di oggi, quali zoppi inseguimenti di mete etiche e filosofiche niente affatto chiare!), il tutto secondo intramontabili ricette. In realtà la poesia non viene da sé, non è il prodotto di un meccanismo naturale bensì il frutto di un percorso caparbiamente intrapreso e di cui non si può programmare la fine.
Una domanda, semplice, che sarebbe utile porsi è: a cosa serve la critica? Non possiamo far altro che ricordare le varie definizioni che nei secoli si sono rincorse: tentativo di razionalizzare un campo in sé non razionale (la poesia) (!), istituzione che garantisce il giudizio, entità che affianca la letteratura e le è necessaria siccome non è in grado da sola di esplicitare tutte le proprie tensioni… Mah! Ciò che però possiamo sostenere con forza è il rifiuto di un’idea di critica come “collaborazione al testo”, ossia di critica esercitata da un critico che aderisce a un certo schieramento o orientamento e fa di tutto per promuoverlo, sviscerarlo, delucidare, collegare, sovente inventare strumentalizzando le opere. Questo modo di fare porta irrimediabilmente a boicottaggi, omissioni, falsificazioni allo scopo di far emergere la propria estetica. Il critico non deve avere una sua estetica, bensì un’idea di letteratura; un’estetica può essere esclusiva, elitaria, sorniona, imperialista, razzista, folle, ma un’idea di critica deve essere precisa, limpida ed elastica. Il critico vive nella poesia e per essa, ma non la fa (la nozione di critico-poeta non costituisce un’obiezione siccome il critico che è anche poeta quando fa il critico non deve fare il poeta, né l’esteta, anche se può arricchire la critica con alcune intuizioni che la sua sensibilità di autore può suggerirgli, purché questa procedura non diventi egocentrica e indirettamente autopromozionale). Il critico deve analizzare la poesia e veicolarla, non suscitarla con la lusinga di un’etichetta di voga. Ecco allora che la mia idea di “militanza” è quella di difesa di un’idea di letteratura e di scesa nell’agone pronto ad accogliere ciò che appare buono e ad infilzare le fiere, mentre rifiuta la nozione di militanza che alcuni (ssull’orma dei critici d’arte) identificano come creazione (spesso dal nulla).
E’ mia intenzione dimostrare – e questo è la chiave di tutto - che esiste un numero davvero notevole di poeti almeno (ma spesso non solo) equivalenti per valore, impatto emozionale e resa stilistica a quelli che escono presso i grandi editori o che addirittura già da anni sono considerati maestri e quasi mummificati faraoni (potentissimi ma pressoché immobili, e ogni cosa che fanno è sacra anche se non fanno niente). Più si approfondisce la poesia contemporanea più si percepisce uno spostamento grave, un grave errore di parallasse, un grave difetto elettronico in mirini altrimenti in sé acuti e penetranti. Non credo alla lotta di classe in letteratura: non sono gli editori a fare il valore (gli editori, più o meno illuminati, dopo tutto non da oggi per mestiere stampano e cercano di vendere, tutto qui) e dunque non bisogna lottare contro di essi per lottare contro la misinterpretazione della poesia: sta altrove il nocciolo della questione nella scuola, nei media… La questione è che chi esce presso un grande editore ha una visibilità infinitamente superiore ad altri poeti meritevoli e relegati presso seminascoste e talvolta pure onestissime sedi ed occorre lottare contro l’oblìo, proporre e cercare di imporre gli autori che si apprezzano. Questo non in alternativa alla grande editoria, ma in opposizione a quella che si ritiene una poesia falsa e per quanto possibile in una caparbia lotta contro le multiformi strategie di ostracismo.
[…]

**

INDICE - Forme concrete della poesia contemporanea

POESIA CIVILE

Multiformità della lotta (Pensieri preliminari; Cesare Cuscianna, Mauro Macario, Lola Malone, Igor De Marchi, Giovanni Turra, Sebastiano Gatto, Andrea Ponso, Michelangelo Cammarata, Luca Baiada, Antonio Curcetti, Stefano Massari, Leopoldo Attolico, Ferruccio Brugnaro, Marco Simonelli, Giovanni Bollini, Antonio Camaioni, Roberto Cogo, Giuseppina Rando, Domenico Cara, Franco Santamaria, Stefano Semeraro, Nino Majellaro, Gianmario Lucini, Giuliano Gramigna, Marina Giovannelli, Alberto Toni, Luigi Cannillo, Andrea Cotti, Vincenzo Ananìa, Stefano Guglielmin, Francesco De Napoli, Loretto Mattonai, Adriano Napoli, Manuela Pasquini, Alfonso Ravazzano, Mario Rondi, Giuseppina Luongo Bartolini, Franco Cajani, Enzo Bontempi, Fabio Ciofi, Mariano Bàino, Gennaro Grieco, Cesare Oddera, Gioele Valenti)

Nullismo e fenomenognomica: la conquista filosofica, poetica e civile di Roberto Bertoldo

Gilberto Finzi: le asperità della storia e il rifiuto dell’immobilità

Pierre Lepori, qualunque sia il nome

I formicai umani di Giancarlo Majorino

IL CORPO, GLI OGGETTI, IL MONDO

Il corpo nella poesia in termini di etica e distanza (Vivian Lamarque, Patrizia Cavalli, Paolo Ruffilli, Roberto Bertoldo)

Il tema del corpo in alcuni poeti contemporanei (Premessa, Bernard Noël, Carlo Molinaro, Fabio Scotto, Seconda premessa, Antonio Spagnuolo, Giorgio Bárberi Squarotti, Elena Petrassi, Elisa Biagini, Andrea Gigli, Ivano Ferrari, Adriano Accattino, Gabriele Pepe, Michelangelo Coviello, Ljuba Merlina Bortolani, Tiziana Cera Rosco, Fabrizio Lombardo, Franca Maria Catri, Gianfranco Lauretano)

Poeti vegetali (Pasquale Di Palmo, Raffaele Piazza, Andrea Zanzotto, Giacomo Affenita, Pierluigi Bacchini, Vito Giuliana, Mariella Bettarini, Luciano Erba, Alfred Kolleritsch, Emma Pretti)

Antonio Porta: l’utero della poesia

Patrizia Valduga: la valenza cannibalica di sesso e morte

MALATTIA, PSICHE E MORTE

Malattia, psiche e morte in alcuni poeti contemporanei (Fabrizio Barazzotto, Angelo Lamberti, Carmelo Bene, Dante Maffia, Rossano Onano, Lorenzo Pittaluga, Maria Marchesi, Alda Merini, Fortunato Bruno, Caterina Camporesi, Maria Luisa Ripa, Salvatore Risuglia, Dannie Abse, Paola Barni, Angelo Ferrante, Salvatore Toma, Giulio Mozzi, Enzo Mandruzzato, Maria Grazia Calandrone, Tiberio Crivellaro, Remo Rapino, Aldo Ferraris, Alfonso Guida, Beppe Bolognini, Alessandro Di Prima, Corrado Bianchetto Songia, Milo De Angelis)

ALCUNI IRREGOLARI

Tra poesia, teatro e arti (Marco Simonelli, Domenico Cipriano, Mario Lunetta, Anna Antolisei)

Poeti irregolari (Giordano Genghini, Alberto Rizzi, Goffredo De Andreis)

Alessandro Carrera: la convivenza delle lingue e il dialetto della memoria

Marco Ercolani: il veggente notturno

***

INDICE - Tradizione e ricerca nella poesia contemporanea

LIMITROFI ALLA TRADIZIONE

Il doppio fondo della tradizione (Achille Abramo Saporiti, Corrado Bagnoli, Carla Binaghi Brocchi, Silvia Bre, Gabriella Leto, Sergio Calzone, Ettore Campadelli, Edvige Campadelli, Alberto Bertoni, Rocco Vincenzo Scotellaro, Alfredo Rienzi, Filippo Ravizza, Marco Molinari, Gene Gnocchi, Gabriella Galzio, Lorenzo Gattoni, Alessandro Broggi, Carlo Dentali, Giorgio Favaro, Elio Tavilla, Giovanni Turra, Fabio Vallieri, Riccardo Ielmini, Marco Conti, Simone Salandra, Lucia Gaddo Zanovello, Camillo Pennati, Giorgio Gazzolo, Giovanni Commare, Gino Rago, Milena Tagliavini, Marica Larocchi, Massimo Scrignòli, Andrea Laiolo, Giuseppina Luongo Bartolini, Giorgio Linguaglossa, Gabriela Fantato, Carlangelo Mauro, Paolo Fabrizio Iacuzzi, Martino Baldi)

L’insufficienza della semplicità (Claudio Damiani, Beppe Salvia, Mariella Cerutti Marocco)

Poeti del gelo (Yves Bonnefoy, Roberta Bertozzi, Maria Benedetta Cerro)

Franco Buffoni: il cammino verso di sé

La poesia di Corrado Calabrò: tra scienza e mito

Alfredo De Palchi: un perpetuo scoppio di vita

Alberto Di Janni: l’algida perfezione del disfacimento

Arnaldo Ederle, Roberto Mussapi: il controcanto della poesia e l’oralità

Lucetta Frisa: la notte alta della voce

Gilberto Isella e Silvia Aman, Giancarlo Pontiggia: il caos disciolto nell’essere

Dante Maffia: l’osmosi dell’esistenza

Lo stile e la precisione della ferita: la poesia di Mario Marchisio

Renato Minore nella notte impenetrabile

La sensibilità lussureggiante di Daniela Monreale

L’“anno dell’anima” di Massimo Morasso

Le quartine di Marco Morello

Il portico polimorfo di Marco Munaro

I TERRITORI DELLA RICERCA LETTERARIA

Alcuni percorsi di ricerca letteraria (edizioni Anterem) (Brandolino Brandolini D’Adda, Giorgio Bonacini, Osvaldo Coluccino, Ranieri Teti, Eugenio Lucrezi, Walter Isola, Silvia Bortoli, Tiziano Salari, Franco Cavallo)

Quattro volumetti Dedalus (Hassan Abbas, Emilio Piccolo, Pietro P. Daniele, Otto Anders)

Sentieri che si biforcano (Anna Laura Longo, Tiziano Salari, Gian Piero Stefanoni, Annamaria Ferramosca, Maria Pia Quintavalla, Patrizia Mari, Antonella Doria, Lia Cucconi, Maria Teresa Ciammaruconi, Luigi Celi, Maria Lenti, Adam Vaccaro, Jacopo Ricciardi)

Gli idioti di Danilo Bramati

Davide Brullo: testimoniare l’apocalisse quotidiana

La parola comune di Alberto Cappi

“Stirrings still”: l’ultima poesia di Cesare Ruffato

Il “trobar clus” di Massimo Sannelli

Flavio Santi: la lingua inventata e la lingua imparata

Recenti casi di utilizzo del verso iper-lungo (Emanuele Occelli, Marco Ortenzi)

2 commenti a questo articolo

SANDRO MONTALTO: Tradizione e ricerca nella poesia contemporanea / Forme concrete della poesia contemporanea
2009-02-10 15:14:23|di fallin

Anch’io ho la sensazione che in rete ci siano dei bravissimi autori, probabilmente anche più bravi di molti nomi noti che provengono, non si capisce come, dalla grande editoria.


SANDRO MONTALTO: Tradizione e ricerca nella poesia contemporanea / Forme concrete della poesia contemporanea
2008-06-15 00:53:35|di anna ma e

arguto il tuo pensiero
ma sempre manca qualcosa
mancano nomi e scritture
manca chi non riesci a classificare
schieramenti all’opposto di altri

alla fine conta la conoscenza personale

siamo il paese dei comuni e delle signorie perenni.


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