Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Non sono un lettore affezionato de "Il Giornale", ma c’era poco da leggere alla vigilia di Natale, visto lo sciopero ad oltranza. Così mi sono ritrovato di fronte a un articolo, che vi ripropongo. Premesso che non ho avuto modo di sentire nessuna delle 2 trasmissioni, questo pezzo qualche spunto/interrogativo/irresoluzione/titubanza (cfr. i miei scolastici grassetti) me l’ha dato. A voi?
***
"Il Giornale", 24.12.2006
Il poeta non fa poesia, i carcerati sì
Nelle ultime due settimane, il palinsesto di Radio3 ha ospitato due programmi che più diversi non potrebbero essere. O, quantomeno, così sembrava leggendo che in uno dei due cicli, Da poeta a poeta , Edoardo Sanguineti raccontava Giovanni Pascoli, con la collaborazione di Sergio Rubini che leggeva le poesie pascoliane. E nell’altro ciclo - Voci da dentro - si raccontavano «storie, drammi, speranze nel mondo del carcere», brandelli di vita strappati al popolo dietro le sbarre dal pool di autori: Gabriella Caramore, Monica D’Onofrio, Flavia Pesetti e la regista Cettina Fiaccavento.
Due proposte, si diceva, diversissime fra loro. Eterogenee alla massima potenza, come è eterogeneo tutto il panorama della programmazione della Radio3 targata Sergio Valzania. A volte, fin troppo eterogeneo, tanto da costare un po’ di anima e di identità alla radio.
Eppure, persino in due proposte così diverse come il Pascoli di Sanguineti-Rubini e le voci dal carcere, è possibile riuscire a trovare uno spirito unificante, un filo rosso che può aiutare a leggerle insieme. Perché - nonostante l’ispirazione con cui Rubini declama e gli spunti a tratti banali e a tratti genialoidi del poeta Sanguineti - le puntate su Pascoli non riescono mai a raggiungere le vette della poesia. Sempre troppo scritte, troppo impostate, troppo tutto per poter essere poetiche nel senso più pieno della parola. Servirebbe un Dino Campana, non un’impostazione da impiegati della poesia. E la colpa non è (non solo) di Sanguineti, né tantomeno di Rubini, attore non protagonista. È proprio lo spirito della trasmissione che non ha funzionato. Nonostante partisse dall’idea del poeta che racconta il poeta. Sulla carta, quanto di più poetico ci sia in natura.
Discorso diametralmente opposto, invece, per le Voci da dentro con cui Radio3 ha raccolto le istanze provenienti dalle carceri italiane. Perché, in questo caso, il programma è nato con dei difetti congeniti: primo fra tutti, un sociologismo di fondo che analizzava - nelle premesse - il carcere con i parametri dei libri e del buonismo, anziché con quelli della realtà. Ad esempio, perché non affrontare davvero anche il punto di vista degli agenti di custodia, l’altra metà del cielo carcerario, spesso prigionieri pure loro, ma senza aver fatto nulla di male?
Eppure, nonostante questo approccio fondamentalmente sbagliato, Voci da dentro riesce a firmare brani radiofonici straordinari. In particolare, è drammaticamente bellissimo il racconto da parte dei carcerati del tempo che diventa non-tempo e dietro le sbarre pare non passare mai.
I detenuti, raccontandolo, fanno vera poesia. Proprio perché loro non partono dall’idea di fare poesia.
13 commenti a questo articolo
> SANGUINETI vs GALEOTTO: chi il poeta?
2006-12-28 10:45:48|di Luigi
Ciao Silvia,
scusa, non è un post a 2 tra me e hannibal (forgive me, il lavoro mi sta accecando, su absolute cerco un po’ di respiro in questi giorni). Innanzitutto mi piace il tuo essere in punta di piedi, ma ti prego di piantare ben giù le piante, sul pavimento, e di restare tra noi. Come avrai notato non sempre le discussioni riescono a prendere il volo, anche se le questioni messe nel piatto a volte farebbero presupporre di sì.
Quando scrivi non credo che il presupposto della poesia "vera" sia quello che "non la si vuole fare" sono d’accordo con te. Ma io, se mi permetti, sposterei il faro su un altro punto, secondo me posto dall’articolo (articolo che non commento, d’altronde le mie sottolineature dicono già abbastanza):in che modo si rende, rendiamo servizio alla poesia (che non è parente di Muse o Ancelle o Principesse sul pisello, e se parenti non li ha nelle fosse comuni, è gente da SLUM, da Dodeskaden), quando tentiamo di divulgarla? Quando andiamo nelle scuole ad esempio, il modo in cui ci rivolgiamo agli studenti, in specie i più piccoli, che modo è? Ci pensiamo prima, o ci basta esibire fieri il nostro ego romantico e acuto come il pescecane i suoi denti? Quando andiamo in radio, in TV, sui giornali, anche locali, anche giornalini parrocchiali, o quando presentiamo letture, dibattiti, convegni, anche minuscoli, e così via, pensiamo a come interagire col pubblico? Insomma: i poeti, in questa web(media)society, sono dei buoni comunicatori?
> SANGUINETI vs GALEOTTO: chi il poeta?
2006-12-28 01:13:29|
Vedo che è una roba a due, mi tolgo dalle.
Molesini.
> SANGUINETI vs GALEOTTO: chi il poeta?
2006-12-28 00:13:56|
I am exactly the one you think.
Annibale Letterio
> SANGUINETI vs GALEOTTO: chi il poeta?
2006-12-27 23:26:18|di Luigi
Dear Hannibal,
tell me who you are, then we will eat together :-)
> SANGUINETI vs GALEOTTO: chi il poeta?
2006-12-27 17:20:12|
Argomento a cui ci si avvicina in punta di piedi (è il secondo post che azzardo). Non credo che il presupposto della poesia "vera" sia quello che "non la si vuole fare". La condizione del carcere, il tempo-non tempo, diventano luoghi di innesco di movimenti interiori a restituire consapevolezza (nelle sue molte forme).
Silvia Molesini
> SANGUINETI vs GALEOTTO: chi il poeta?
2006-12-27 00:18:20|
Ci provo.
Ti va bene un abbonamento annuo alla cialtroeffemeride con l’aggiunta di trecentosessantacinque paia di guanti? ;)
Non è meglio tenersi un complimento, per quanto, potenzialmente, carico di zuccheri?
Quelli, con due giorni di dieta a base di verdure, vengono smaltiti... Un po’ più difficile, penso, smaltire un anno di porcate. Non trovi?
Tuo Annibale Letterio
> SANGUINETI vs GALEOTTO: chi il poeta?
2006-12-26 17:57:16|di Luigi
I complimenti sono come i cannoli siciliani, più ne mangi e più ti viene fame: e poi a Sig. Diabete chi glielo dice? Quindi Mr. Hannibal The Cannibal vedi se puoi convertirli in qualcosa di meno dannoso :-)
> SANGUINETI vs GALEOTTO: chi il poeta?
2006-12-26 14:59:45|
Beh, Luìs, stavo solo facendoti un complimento...Penso con terrore a cosa avresti scritto, se tu fossi stato un redattore di quella cialtroeffemeride.
Buone feste anche a te, my brave kid.
A.L.
> SANGUINETI vs GALEOTTO: chi il poeta?
2006-12-26 12:36:09|di Luigi
Gentile Hannibal Lecter,
in bocca a lei - cannibale partorito non senza dolore e ribrezzo dalla penna sbilenca di Thomas Harris - la parola ignobile fa alquanto sorridere. Riveli l’identità del suo cuore, piuttosto, e si liberi del fardello che l’attanaglia!
Buon appetito e succulente feste,
non si riguardi,
suo Brave Kid
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> SANGUINETI vs GALEOTTO: chi il poeta?
2006-12-30 02:28:55|di silvia molesini
Si, l’articolo pone ,"di traverso", questa questione che dici, e comunque la poni tu, ora. Il mio sguardo si posava (ma ora inforcherò gli occhiali...) sul teorema " purezza/inconsapevolezza/fare arte", affascinante di per sé ma costruttivamente falsificabile. In qualche modo nel vedere la vera poesia nei luoghi del dolore e dell’abbandono si fa riferimento a questo teorema.
Ma la vera forza comunicativa dei percorsi più impegnativi, quelli che ci tolgono dai palchetti romantici, sta nell’ accostamento ad una realtà "precisamente problematica", che sa toglierci dalla vacuità della rappresentazioni della cosa artistica del nostro secolo. Sembra essere una porta sul mondo vero, così sentito, e fa scrivere questi articoli al Giornale. Questa dunque la comunicazione,l’interazione con il pubblico di cui parli.
Mi fa pensare a quelle cose fantastiche che si riuscivano a costruire, in termini di attenzione e consenso, con la collaborazione dei Centri di Salute Mentale ( e tuttora questo laboratorio continua, più circoscritto mi pare). E’ un interrogarsi buono sull’idea di mondo possibile, va percorso, indagato (c’è ad esempio tutto un aspetto dei gruppi di lavoro che perplime, quando ci si inventa un sottomondo che può esistere solo LI in un mondo che non ha nulla che possa condividere con lui, ma questo Trieste lo sa bene).
Non so se siamo buoni comunicatori, non credo. Ma non credo nemmeno che la domanda passi prioritariamente dai luoghi del dolore e dell’abbandono, semmai dovrebbe riconsiderare il nostro, personale, abbandono, per riuscire a restituire qualcosa di autentico al pubblico/sociale che dici.
Nel riconoscerci parte di un movimento (qui c’è l’web) "che parla e si pensa" forse stiamo gettando le basi per una possibile autenticazione di un’istanza che arrivi a comunicare/ci.
Silvia