Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Francesca Spessot ha pubblicato su antologia (Gli Ammutinati - l’antologia poetica, Edizioni Italo Svevo, 2000) poesie dalla raccolta Le porte, rielaborazione simbolica di favole ambientate in una "mente" o in una "anima" dalla stessa autrice; in Splatter, suoi testi inediti mimetizzano invece le situazioni di cui si nutre l’emarginazione, attraversando personaggi di una realtà in un qual modo spietata, o la canzone di un’umanità periferica, abbandonata a se stessa e senza scampo. Su Poien si può trovare "Bistecche", performance realizzata al Festival delle Arti di Morbegno (Sondrio).
3 commenti a questo articolo
> Spessot, cinica o sensibile?
2006-02-19 22:07:08|
rassegna di citazioni (dalle prime 3 pagine):
"E’ specchio di rosa il mare",
"ogni granello ha sapore d’infinito", "Nel muro buio dei mari, bacio color luna / s’irraggia il nostro guscio", "veglia bianca / delle muraglie di ogni eternità!", "il tempo è infinito, fra un momento e l’altro /
è il tempo di vivere un attimo", "Tu che hai incrinato il battito d’ali / delle cattedrali del buio"
> Spessot, cinica o sensibile?
2006-02-19 17:37:41|
non vedo cinismo... mi piace! (volevo essere il primo a dirlo, anche se non ho tempo adesso di spiegare perché per come :)).
lorenzo
Commenta questo articolo
> Spessot, cinica o sensibile?
2006-02-20 03:38:11|
Non so proprio se è cinismo o sensibilità a guidare l’attenzione della Spessot, ma il suo sguardo (sto pensando ai testi di Splatter, in particolare) mi sembra tutto compreso in una tensione che cerca di fotografare l’irreparabile, per salvarne, attraverso le istantanee che si imprimono sulla retina, brandelli di umanità leggibili sottotraccia, come profili la cui ombra rimane per sempre sul rovescio di uno specchio. E in quegli attimi, quando la tensione ritmica si stempera in un gioco sottile di rimandi tra récit e canto (il verso lungo, quasi da sequenza narrativa sghemba e obliqua, più che raccontare sembra un velo disteso a raccogliere e a preservare ciò che si annida negli angoli, negli anfratti della voragine), come a cercare un’oasi di respiro nel naufragio, la pupilla si colora di una "pietas creaturale" che strappa i relitti alla loro deriva, al loro destino apparente di reperti sociologici, e li eleva al rango di vera, autentica dolente poesia. La pietas di uno sguardo che, senza cedere ai facili (e prevedibili) incanti della retorica, si fa grido, sostanza di grido alla sua stessa visione. Sui testi di Porte tornerò dopo qualche rilettura: ma mi sembra di avvertirvi la stessa urgenza, la stessa incandescenza: un’erosione lenta che, dietro le apparenze di una forma "classica", consuma dall’interno i simulacri di senso che fanno ostacolo alla limpidezza dello sguardo.
Sia nell’una che nell’altra raccolta, comunque, vedo all’opera una voce che profondamente incide, seguendo la rotta di indirizzi stilistici ben saldi, la materia poematica in tutte le sue articolazioni: una voce che cifra il suo percorso con la sicurezza di una scrittura "adulta", che rifugge le (in molti casi) involute e autoreferenziali esplorazioni generazionali. Piaciuta moltissimo.
fm