Absolute Poetry 2.0
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Sulla tomba di James U. Curtin, nel centenario della morte

Point Quarantine (Grenada), 30 aprile 2007

Articolo postato venerdì 4 maggio 2007

Sulla tomba di James U. Curtin, nel centenario della morte

Point Quarantine, 30 aprile 2007





A Point Quarantine, un promontorio roccioso proteso a mezz'aria verso il mar dei Caraibi, che lo circonda quasi a trecentosessanta gradi, all'estremo sud-ovest dell'isola di Grenada, in mezzo a grandi pietre rade sparse su un prato misteriosamente verde e apparentemente curato in mezzo alla foresta bruciata dalla stagione arida, c'è una sola tomba con un piccola modestissima lapide, ai piedi di un piccolo arbusto sempreverde. Probabilmente è il primo e l'ultimo punto della costa da cui si avvista il sole rispettivamente all'alba e al tramonto. Sulla lapide è incisa una scritta, orientata non in direzione dei passanti ma in direzione del mare e del tramonto: In loving memory of my bearly beloved husband James U. Curtin. Born Toronto Oct. 29, 1875 – Died March 24, 1907



Infine giungerai a questo palmo

di terra, a questo assurdo tuffo

di un prato inglese strappato alla foresta,

al gesto di una mano di roccia aperta verso il mare

e troverai, forse, le ragioni che mossero

ogni tuo illecito passo verso il nulla, ogni respiro

strette in convivio poco prima dell'alba

sulla lapide azzurra dell'oceano, e sull'altra

minima e ferma

le tue labbra ritrarsi nel silenzio

che si irradia prima e dopo la scena.

E troverai nel nome di un fratello,

my bearly beloved husband

James Umbert Curtin,

ancorato e steso

qualcosa che ti stringe e lì saprai

che c'è, che esiste, che non muore

il qualcosa nascosto che si perde,

il patto segreto del viaggio.

E forse per qualcosa avrai dovuto

attraversare i cieli e le foreste, sentire

il canto acuminato delle scimmie e dei serpenti

mentre cala la nebbia notturna nel vulcano

e nel verde più verde, nell'azzurro

più azzurro, nel nero più nero

per qualcosa, forse, avrai dovuto

vedere spalancare le fauci

della bestia letale e l'omicidio perfetto

pronto da estrarre nel fodero della notte.


Oh, beloved wife, Miss Curtin,

che cent'anni adesso gravano sulle tue lacrime,

quale errore mi guida qui, testimone in ritardo

del doloroso culmine del tuo amore, ignota

invidia degli amanti che non sanno

che la luce dell'inizio è la luce della fine

e la luce della fine un tepore eterno

e che i nostri stupidi gesti altro non sono

che l'ombra della tua infuocata speranza

di salvare qualcosa che non esiste

se nessuno la nomina.

Miss Curtin, in nome della luce

del cui mistero è ombra, io ti chiedo

cosa è accaduto veramente qui,

ti chiedo di conoscere il miracolo

che ti spinse ad amare quest'uomo

fino a offrire per sempre alla sua fronte il mare.

Lo invidieranno adesso Elena e Didone

e le più nobili amanti dei poeti a cui

cuori di carta offrirono pomi di cartone,

non questa felicità improvvisa della sorte

questo perpetuo bacio sulla fronte

un infinito “buongiorno (o buonanotte), amore”

che con l'andare del sole gli ripeti

e che insegni adesso a chi si spinge

fino alla soglia marina del cercare,

in questo piccolo spoglio e nascosto

definitivo mausoleo della luce.


5 commenti a questo articolo

Sulla tomba di James U. Curtin, nel centenario della morte
2007-05-27 02:01:02|di Cris

ha un ritmo splendido.. una malinconia che definirei religiosa.. grazie


Sulla tomba di James U. Curtin, nel centenario della morte
2007-05-22 15:56:19|

Notevole.
Più sanguigno di quel che non sembra.
E "il canto acuminato delle scimmie" è il Serravalle della tua poesia.
Non ti dico lo Stelvio perchè non è problema di altezza, ma di visuale.
E da Serravalle si vede il mare.

R(aymond). Scaldini.


Sulla tomba di James U. Curtin, nel centenario della morte
2007-05-06 01:38:15|di Christian Sinicco

La svolta luzi-sereniana di Baldi domina il pezzo, davvero intenso però, e fortemente ritmico.


Sulla tomba di James U. Curtin, nel centenario della morte
2007-05-05 20:29:29|di Martino

Ciao Luigi. Il titolo originale in effetti era "Elegia sulla tomba..." ma la scelta dell’elegia non e’ una scelta di campo. Chi mi conosce un po’ sa che se c’e’ una caratteristica predominante nella mia poesia e’ quella dell’inclusivita’ di toni e contenuti. Per me la pagina e’ un palcoscenico in cui non risuona una sola voce ma molte, potenzialmente tutte le voci. Non credo che la voce di un poeta sia ricercatrice o portatrice della traccia di un suo particolare rapporto con la verita’ tanto quanto possa esserlo come persona drammatica tra le altre. Ogni altra tentazione mi sembrerebbe una tentazione assolutistica, totalitaria, lontana dalla mia concezione di verita’ e giusta rappresentazione. Da questo nasce la mia esigenza di lavorareper una progressiva liberazione da modelli (ed esclusioni), per una disideologizzazione della voce. Naturalmente questo e’ un aspetto che trova la sua realizzazione nella dimensione della pluralita’ propria del libro o dell’opera piu’ che del singolo testo. Diciamo che se c’e’ una direzione che queste poesie tracciano credo che sia la direzione della disinibizione, su cui cerco di camminare ormai da diverso tempo.

In questo l’esperienza di Grenada e’ per me molto importante. Lo scrivevo a Sinicco in privato in occasione del precedente testo qui postato da me. Lui diceva che era troppo novecentesco, tirava fuori Luzi e non so chi altri, mi suggeriva di spezzare, di infrangere l’idillio (quello verbale intendo), e cose simili. Comprendo benissimo le sue argomentazioni ma se le seguissi sarei fedele a una poetica e non a una necessita’ che vedo nelle cose. Facevo a Sinicco un esempio, un po’ brutale e semplificatorio ma credo (ci ho ripensato) calzante, per quanto estemporaneo, e gli dicevo: Christian, tu mi parli di coito interrotto, di contraccezione, ma qui dove sono, su questa isola che sta diventando la mia casa, quando fanno l’amore non si fermano, "vengono dentro"; qua le ragazze a diciannove anni hanno gia’ due figli, magari da due padri diversi. E quella poesia, di cos’altro parlava se non di questo, in fondo? Cos’altro faceva se non mettere in scena una metamorfosi da occidentale a caribico?
Inoltre, sempre secondo Christian, c’era un eccesso di ridondanza, ma - fuori da ogni contenutismo spicciolo - cos’altro vuoi trasmettere - gli dicevo e mi dicevo - se non la ridondanza della presenza incessante e dominante del mare e degli alisei, che ti svuotano di ogni occidentalita’? Ridondanza e idillio? Perfetto: credo d’aver fatto il mio dovere, non sovrapponendo troppo alcuna poetica a quello che sto vivendo eppure trasfigurandolo in stile.

Vale lo stesso discorso per questo secondo testo. L’elegia e’ li’, su quella collinetta, in quella lapide, ed e’ talmente potente e nonostante tutto nascosta che non potevo far altro che coglierla e usarla, senza inibizioni stilistiche, ovvero cercando di restituire stilisticamente quello che ho percepito in quel momento come "vero", ovvero come la lezione che sul promontorio l’esistente mi ha imposto. Sara’ pur vero che tutti noi viviamo momenti tragicomici, momenti tragici, momenti eligiaci, momenti idilliaci nella nostra vita e non soltanto un tipo di questi (a meno che non viviamo con l’anima otturata dal cervello), o no?


Sulla tomba di James U. Curtin, nel centenario della morte
2007-05-05 14:52:38|di Luigi Nacci

Comincio dalle cose buffe (o coincidenze): digitando JAMES CURTIN su google, il primo link è di wikipedia, che recita:

James Curtin is a British professional wrestler best known by the ring name Spud. Curtin, known for his small stature, is considered the smallest mainstream wrestler in the United Kingdom and his high-flying high-risk style of wrestling is often compared to The Amazing Red, another small wrestler from the United States.

***

ricordo personale: mi hai fatto venire in mente il mio arrivo a Finisterre, l’anno scorso, dopo il lungo cammino - l’ultimo lembo di terra prima del grande oceano (ché l’oceano è l’oceano, col mare non c’azzecca per niente).

***

il testo è molto intenso, più ancora di quello che hai postato su AP la scorsa settimana, e mi sembra di poter dire che rappresenti una svolta nella tua scrittura: tutta la parte tragicomica è sparita, il tono è pittosto quello dell’elegia. E’ frutto di una scelta, Martino, che covavi, o è stata Grenada a fare tutto..?


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