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Tahar Ben Jelloun

Stelle velate

Articolo postato domenica 10 agosto 2008
da Maria Valente

Tahar Ben Jelloun
Stelle velate
poesie 1966-1995

Scrivo per non avere più volto. Scrivo per dire la differenza. La differenza che mi avvicina a tutti quelli che non sono io ,quelli che compongono la folla che mi assedia e mi tradisce. Non scrivo per loro, ma dentro di loro, e con loro. [..] Ciò che mi unisce a coloro che mi leggono o forse mi leggeranno è prima di tutto ciò che me ne separa […] Mi resta la sopravvivenza della parola legata e consumata. Sono ciò che mi manca. Questa mancanza è tutto ciò che costituisce il mio punto di partenza, il mio itinerario e il mio obiettivo…”

*

Il pianeta delle scimmie

Correte subito là, è un paese da consumare subito
E’ alla portata del vostro piacere
Ah! Che bel paese il Marocco!
Ouarzazate! Ah, le sue cicogne tutelari che si lisciano il
becco sotto l’ala
Lasciate l’ufficio, la moglie e i bambini


Venite di corsa a circondarvi di fili spinati
nei ghetti dove le trippe seccano al sole
venite ad appenderei testicoli sui bastioni di Zagorà
e andate recuperarli a Marrakech-la- rossa
lasciate ibernare i vostri ricordi
e portatevi via nuove nevrosi
Puntate il dito contro il cielo

strappate un po’ di sole al nostro sottosviluppo
la vostra impotenza si moltiplicherà in memorie decapitate
e la vostra notte d’inchiostro spiegherà
le sue muraglie in schiere di tubi di fogna

Attento ai MORI
sono ladri e puzzano
possono portarvi via il cervello
calcinarlo e offrirvelo su una tavoletta di terra muta;
(date retta piuttosto a un’altra voce):
il club méditerranée è la vostra salvezza
Ambiente francese garantito, preteso, rimborsato

Salite sui dromedari
il capogiro sarà l’immagine del vostro appetito
periodico
la vostra bocca si aprirà per fare eco alla caduta e
ai pianti
al mattino bevete un po’ di sangue arabo:
quanto serve per decaffeinare il vostro razzismo;
Regalate agli amici la vostra memoria tatuata
cartolina della beatitudine metallizzata
risonanza oscura del vostro cranio-obitorio.

E poi scopatevi un arabo
è ruspante, un po’ selvaggio,
ma di una virilità…

Sesso a brandelli di carne sradicata
resterà
appeso al filo della vostra memoria vergognosa
Non potrete più mandarlo via dai vostri fantasmi
Vi eiaculerà in piena faccia l’umiliazione e lo stupro
feriti
vi ammucchierete sotto gli alberi privati
vedrete le stelle dissolversi nei vostri sogni facili
la febbre salirà e sputerete sangue
sui vostri buoni sentimenti
quelle carogne vi crocifiggeranno
all’ombra del meraviglioso sole del club
maméditerranée
.

*

Uomini sotto sudario di silenzio

Compagno,
sei vaccinato contro tutte le malattie proprio tutte?
ce l’hai il timbro per l’imballaggio e l’amore
per dare
il sangue la voce i muscoli il corpo
alla prosperità della loro industria?
al benessere dell’umanità nostra tutta?
per portare a casa valuta straniera e per venire a
raccontare
agli altri che laggiù…ah! laggiù!
a Gennevilliers a Aubervilliers o
Argenteuil

baracche piombate per tredici per sette accatastati
nella vostra fratellanza nella vostra solitudine nel vostro

silenzio

tra il sogno e l’officina
con i vostri cazzi a mezz’asta
con il vostro desiderio represso fino a quando mai
nemmeno per beccarsi un’infezione venerea qualsiasi
No, niente puttane per i Nord’af

Assassina l’arabo ch’è in te
portatore di germi di barbarie
Risuscita in altro corpo con altra pelle

ti vogliono
come le nostre cassette di arance
come le nostre scatole di conserve
ti vogliono
senza faccia senza sguardo senza nome senza famiglia
senza bambini
senza desiderio
senza desiderio
ti vogliono
forza bruta
assoluto come un numero
in unità di bulldozer
in braccia metalliche
mani callose
di acciaio di ferro mercanzia di serie
e soprattutto
negato al ricordo
compagno.

C’è una piazza
penisola di silenzio
dove gli uomini vengono ad appendere il sole
nell’indifferenza dei bastioni
e nel rifiuto degli altri

un’ombra tira fuori un occhio
e lo posa sulla stuoia

corpo in vendita
pezzo forte di un duro armamentario
e polsi ammanettati
ho la fronte per rompere le vostre pietre
acciaio e non carne

Dalla mia vita ho prelevato i giorni
per minare il vostro sonno
per impallidire i vostri sogni
per appestare l’aria
e assicurare la vostra morte

violenta

Pesco ancora nella riserva delle parole esplosive
dei serpenti a sonagli
dei nidi di furore
per prepararvi il letto nello stagno canceroso
aspettare per sapere
le vostre lacrime non avranno il tempo di scongiurare il cielo

all’apparire della luna gli uomini raccolgono il loro corpo
e se ne vanno a rettificarlo in mare.

*

da Stelle velate

poesie 1966-1995

di Tahar Ben Jelloun

Einaudi 1998, a cura di Egi Volterrani

Tahar Ben Jelloun è nato a Fès in Marocco, nel 1944; dal 1971 vive a Parigi. E’ autore di romanzi, racconti, poesie e drammi, ha ricevuto il Pramio Goncourt nel 1987; nel 1966 ha vinto il Premio Flaiano.

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