Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
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29 commenti a questo articolo
The Absolute seen throught time n°02
2007-05-12 02:18:25|di Christian Sinicco
Mi sembra Lello che a intervalli regolari qualcosa scrivo, ma la poesia è investita anche da tutto ciò che accade nella sociologia dell’ambiente, dai gruppi, dai problemi e dai progetti, anche di comunicazione (punto su cui si stava riflettendo in questo post) e non solo dal punto di vista di riflessione storica sulle teorie - certi problemi sono collegati.
Su un punto non posso che concordare: le cisti del "dibattito", da superare con nuove teorizzazioni.
Sullo scomposto, passo - se vuoi solo perché mi interessava discutere di un aspetto dell’attività collegato alla comunicazione, men che meno della gioventù "bruciata" o della tua direzione del festival (?!?), su cui non ho critiche (tranne ciò che ho già esplicitato a caldo sull’interpretazione della sola Giagnoni); piuttosto ragionamenti su alcuni aspetti e proposte...per dirtene una, ripristina i giovani cantautori! Poi si potrebbe ragionare su come valorizzare le risorse del territorio, in relazione ai paesi vicini... ma quello è il tuo lavoro, e se vuoi il mio parere, basta che me lo chiedi.
Sulla purezza (?) non ho mai scritto (non mettermi in bocca per cortesia interpretazioni un po’ forzate, tipo il terremoto-tragedia di Marco), piuttosto "deontologia", dopo una riflessione etica-sociologica.
Sul match, non posso che essere d’accordo con la citazione.
The Absolute seen throught time n°02
2007-05-11 21:22:15|di Lello Voce
@Christian
Allora: intanto mi spiace stufarti, ma tant’è. Poi io non «chiedo» un bel nulla: Mi limito a leggere dei fatti. E a trarne conseguenze. Ciò che colpisce è poi che le stesse persone che ignorano, sono davvero ignoranti, nel senso che a me è capitato e ancora capita di incappare in discussioni on line e su carta (Tradizione v/s Avanguardia, rapporto testo ed oratura, ruolo dell’intellettuale, funzione e possibili utilizzi della citazione, e potrei continuare)dove si pongono le questioni in termini direi pre-fortiniani, tanto per non dire - con supponenza - pre-baldusiani. Mi sembra uno spreco di tempo inutile. Tra poco a qualcuno di questi signori (e signorini) verrà in mete di scoprire il Postmoderno.
In realtà la poesia è un’attività (una disciplina) assolutamente e profondamente storica. Ed è di questo che parlo. Altro che chiedere, muovere il culo et similia.
Io non attacco nessuno: provoco. Ad attacare sei tu (in modo, consentimi un po’ sgangherato e scomposto).
E’ troppo chiederti (al quadrato)di tornare a parlare di letteratura ?
Non ce la faccio più con questa pseudo-purezza che sconta la lateralità (che è tua, quanto mia, che conto quanto il 2 di coppa con la briscola di denaro) con la ricerca costante di strategie nascoste.E non perché non ci siano, certo che ci sono e sono chiare, lampanti, ma non riguardano il fatto che ciascuno di noi sia portato a scrivere e ad invitare prima di tutto gli autori che sente più vicini (che dovrei fare invitare al festival Conte, anche se la sua poesia non mi interessa? idem per lui), quanto faccende molto più serie che sono il controllo dei canali di pubblicazione/comunicazione/distribuzione della merce poesia, che è merce pericolosissima, perchè come tutte le merci artistiche è ’merce-pensiero’.
Insomma, non ci sono match, né abbracci, né strette di mano : occorrerebbe iniziare ad approfondire e a a riflettere, perchè, come diceva la grande Patrizia Vicinelli: «a volte non ricordano»
salutiamo
lv
The Absolute seen throught time n°02
2007-05-11 03:11:03|di Christian Sinicco
Lello,
su Baldus: è chiaro che chi ha permesso di realizzare l’ "antologia" è fuori discussione; mi pare evidente che la comunicazione non sia partita, non ci sono state recensioni, prese di posizione da parte degli stessi redattori (quindi nemmeno dei possibili detrattori); a distanza di un decennio la rivisitazione sarebbe potuta essere interessante - sicuramente l’indifferenza generale è il miglior metodo per evitare di dare importanza a tutta una serie di autori, però non è che questi si stiano così dando da fare per diffondere. Tu però non puoi chiedere alla "gente" di parlare di Baldus, o dire che ai giovani non gliene frega: l’assunzione di responsabilità manca a monte, e l’acqua non giunge a valle. Gli attacchi generalizzati non portano a nulla - potresti prendertela con chi ha condiviso con te quell’esperienza, e ora si fa i fatti suoi, invece dal tuo discorso mi sembra quasi che te la prendi come Gabriella Sica, un giorno, ad una tavola rotonda a Trieste, dicendo che i giovani non hanno letto Prato Pagano, mentre la sua generazione era quella che si era letta tutto. Queste cose m’hanno stufato.
Detto ciò, concordo con te sulla prassi, e l’ho specificato sia sul blog dell’Attenzione che sul blog di Guglielmin (non ti chiedo di andare a leggere), e se mi chiedessi di specificare, come se si trattasse di un mio progetto, non avrei fatica a delineare completamente l’operazione editoriale, a tracciare le sue modalità d’intervento sul contemporaneo - solo avrei bisogno di un po’ di tempo, un po’ di mesi in più per descriverla bene, motivare le sue linee, e con tutta una serie di dati sui costi effettivi copresa la grafica la stampa la distribuzione, e tutto il piano marketing. Me lo chiedi?
Io lo faccio, con calma e precisione; poi, oltre l’eventuale polemica sulle mie note estetiche, sui numeri spero si possa discutere serenamente e scegliere anch altre strade di diffusione. E soprattutto, se non ti offendono poi così tanto queste note, ti prodighi per realizzarla?
Giusto per tornare al discorso operatività blogmeeting.
Sul fatto che io non mi metta in discussione (sul fatto di migliorare l’informazione), beh, mi pare che da quello che ho detto i rilievi mi includevano, essendo anch’io responsabile del 5% di post forse non così attraente, e di altri post incompleti nella proposta, o come ha detto Luigi, mal posti (definizione su cui non sono d’accordo perché per navigare devi capire i venti...sempre menando il can per l’aia, e col sacchetto raccoglier deiezioni:-)
Sull’etica: una riflessione da questo punto di vista non è accessoria: la cecità sociale degli apparati (ormai in disarmo) è ciò che ha permesso agli autori che si promuovono grazie a internet di essere conosciuti; se ci fosse un ambiente ricettivo e preparato, con delle persone che con un’etica professionale si muovono, e non favorini e amichetti, la mia pseudo generazione o gli autori che si sono conosciuti grazie a questo tipo di comunicazione (internet, dove più di qualcuno vale e questo qualcuno magari per anni nessuno se l’è filato) probabilmente non sentirebbero questo richiamo ad una riflessione pure sull’etica. Sulla poesia/etica: tu puoi dirmi che la poesia non fonda un’etica, che può essere semmai civile, ma su questo non sono d’accordo, poiché la poesia si nutre di tutto, è onnivora, e fonda possibilità, anche etiche, riconoscibili negli autori che hanno portato a maturazione questa riflessione.
Le strette di mano e gli abbracci alla fine del match.
The Absolute seen throught time n°02
2007-05-10 18:52:16|di Luigi Nacci
su "Baldus":
penso, Lello, abbozzando una risposta al tuo quesito (qual è la novità, o la caratteristica, se vuoi, che distingue il fare poesia oggi? Quali sono le soluzioni stilistiche, formali (e dunque politiche) che riteniamo più adatte? E perchè?) che i giovani poeti di oggi, in Italia, siano molto poco teorici, ma non per partito preso. Non rifiutano la teorizzazione per contestare l’esorbitante impeto teorizzattivo che contraddistingueva il gruppo 93 (o il gruppo 63 prima ancora), molto più semplicemente non si pongono il problema. Ha vinto la peggiore parola innamorata e il peggior minimalismo di marca lombarda. Le due piaghe reali secondo me della nostra poesia, successive alla prima grande piaga, quella dell’ungarettismo d’accatto e della deriva post-ermetica. Chiedendo a venti-trentenni le ragioni della loro poesia trovo sempre più spesso risposte evasive o grasse risate: le poetiche non esistono e se ci sono hanno a che fare con vite ripetitive e quotidianamente insignificanti; i testi sono fermo-immagini di esperienze banali, piccole, senza prospettiva; la formalizzazione è amatoriale: molti non sanno nemmeno cos’è una stanza, né sanno fare un endecasillabo (e non se non lo sanno creare, come potranno distruggerlo?). Ci sono case editrici che ultimamente incoraggiano simili strazi, avvalendosi di nomi noti come "padrini": Lietocolle, tanto per fare un nome. Editore partito bene, ma degenerato... (ho fatto un nome, ma non è mica l’unico, eh!).
Lello, pensi che a questa gente possa interessare di "Baldus"? Non sanno nemmeno cosa fosse, conoscono "Poesia" perché è "in", al massimo. Si mettono sotto l’ala protettiva di qualche autore maturo e lì riparati vincono un premio qui e uno lì, si piazzano qui e lì in un’antologia e quando li vedi tutti assieme, nella foto di gruppo, prova a contare chi si salva. Mi sbaglio? Chissà. Facciamo un test: prendiamo una cinquantina di poeti mediamente noti (che pubblicano libri e su riviste) sotto i 40 anni, e vediamo quanti hanno prodotto degli interventi teorici sulla poesia, la propria e quella degli altri. Quanti saranno?
Luigi
The Absolute seen throught time n°02
2007-05-10 16:29:12|di sparajurij
Già in passato su absolutepoetry, così come al blogmeeting nel quale ci siamo infiltrati, abbiamo espresso alcuni dubbi, ma anche proposte possibili che non stiamo qui a ripetere.
Tra l’altro alcune mi pare che siano state accolte e riproposte come venissero fuori da una necessità o da una crisi.
Che alcune necessità invece non siano tali ci pare evidente da qualche tempo, ed il silenzio intorno al Baldus - silenzio che non intendiamo rompere così come è giusto che non lo rompano altri che ci hanno già lavorato per consentirne l’uscita (sarebbe l’estrema dimostrazione che un pubblico della poesia non esiste neanche tra i poeti) - è assolutamente indicativo.
Per questa e per altre ragioni stiamo lavorando ad un progetto esterno, chiunque potrà partecipare se lo riterrà stimolante, senza abbandonare la piazza, ma attraversandola come snodo urbano per derive psicogeografiche.
Forse perché, come dice Voce, le cose si fanno, se si pensa che si debbano fare.
The Absolute seen throught time n°02
2007-05-10 15:03:18|di Lello Voce
Caro Christian,
comincio dalla fine. E’ proprio il fatto che questa necessità non sia sentita che mi inquieta. A te no? Poi permettimi di insistere: qual è la novità, o la caratteristica, se vuoi, che distingue il fare poesia oggi? Quali sono le soluzioni stilistiche, formali (e dunque politiche) che riteniamo più adatte? E perchè?
Sui servizi utili: è utile una rivista, meglio un’e-zine? Forse, dipende dal perché nasce e cosa propone. NOn serve in astratto UNA rivista, serve nella prassi LA RIVISTA. Che non può essere la rivista di tutti, perchè una rivista non è una piazza, è in sè una tendenza.
Cosa ci sia di etico in tutto ciò rimane un mistero, visto che, per buona fortuna, la poesia può esser ’civile’, ma etica mai. E fosse pure etica, chi li stabilisce questi valori e perché questi valori sono valori e gli altri disvalori?
Infine ti sarei grato, se, per una volta tanto,tu fossi così cortese da rispondere a quanto ti si chiede e non menare il can per l’aia. Io personalmente mi metto in discussione abbastanza spesso, credimi, prova a farlo anche tu, che lo predichi.
Ma ti voglio aiutare: vuoi fare una rivista? Bene, facciamola, ma siccome non è una piazza, prova a fare davvero il primo passo, che non è quello di contare chi sta, ma chi, in base al progetto di poetica/che della rivista, non può proprio esserci. Tanto per restare nell’ambito della poesia e non debordare in quello del più siamo meglio è. Ma non perché voglia fare il settario, ma proprio perché sono interessato a un dialogo sereno e chiaro con tutti che non può avvenire se si vive nella notte in cui tutte le vacche sono nere.
un saluto
lello
The Absolute seen throught time n°02
2007-05-10 01:55:12|di Christian Sinicco
Sul Blogmeetig, Lello, sei del tutto fuori strada. La questione sull’autorevolezza è stata posta da Nacci, abbiamo fatto un paralellismo con le riviste scientifiche, tutte su web; abbiamo cercato di capire come mai sul web i critici non ci sono; ho rimarcato il fatto, con tutta tranquillità, che non ci sono, che forse un giorno arriveranno (per quel che dicono, vedi Berardinelli ultimamente a Venezia, possono pure destinarsi all’oblio), magari comprenderanno come far emergere la propria professionalità sul web quando capiranno la spinta progettuale di queste pagine; nel frattempo - poiché io non penso ai miei prossimi 5 minuti se devo contribuire a un progetto, ma lo penso tra 5 anni, quando la comunicazione, la publicizzazione e il marketing su web, richiederanno più professionalità -, ripeto, nel frattempo, cosa su cui credo concordasse Mozzi, le persone che hanno desiderio di collaborare al fine di fornire servizi utili (dalla newsletter agli e-book) devono iniziare a farlo, e coordinarsi è un aspetto non facile, ma ci sono dei segnali buoni, ed ovviamente anche il tuo apporto è importante. In questo c’è la volontà di fornire spazi, di crearne, di migliorare quelli che ci sono; con la propria intelligenza allargare lo spaccato della poesia, la sua comunicazione, cercare di aprire, combattere la cecità sociale di pseudo apparati, lobby varie, da un dibattito far emergere il buono.
Questo per dire che la trascrizione di Orgiazzi non fa per nulla capire il carattere operativo, ed etico, dei nostri lavori al meeting.
Sugli eventi: migliorare l’informazione, far in modo sia più completa, è quello che ho scritto - nessuno finora mi pare si sia messo in discussione. E’tutto perfetto? Le statistiche hanno meno importanza del migliorarsi, su questo sono d’accordo, ma se pensi che non possa vivere senza, mi devi spiegare anche come posso stare settimane in alta montagna a contemplare la natura, e talvolta gli abissi. Ne posso fare a meno (ma se ci sono mi permettono di analizzare meglio).
Se pensi che ci siano degli arrivisti, dunque, fai nomi e cognomi, e iniziamo a discutere.
A margine:
Su Nacci: chi non ha visto l’installazione del poema disumano ed è legato ad una visione della poesia che non ha ragionato sulle diverse possibilità di scrittura, è difficile capisca il poema dalla lettura del libro (di Ermini); già la cosa migliora con l’edizione della Galleria Michelangelo che ha il cd, ma come sottolineato dal recente intervento di Cangiano, le analisi rimangono legate troppo alla scrittura tipografica o vocale, e meno ad un’analisi sulla formatività in relazione all’esperienza dell’opera.
Infine, sull’analisi di Rizzante su Baldus: con tutta calma, su quel cd qualcuno ci sta lavorando, ma non per dire cazzate - innanzitutto, per la propria conoscenza. Poi, dopo lo studio, suscitati dai lavori della rivista, si potrà scrivere, in varie forme. Poteva, innanzitutto, muovere il culo chi quell’esperienza l’ha vissuta, per diffonderla in un momento cruciale, cioè in prossimità di una pubblicazione integrale, se vuoi per dare dettagli in più ai lettori. Che questa necessità non sia sentita?
The Absolute seen throught time n°02
2007-05-09 23:41:07|di Luigi Nacci
Caro Lello,
concordo con te su tutto.
Ribadisco che autorevolezza era da intendersi – almeno così io la intendo – in quanto credibilità. E tale credibilità deriva dall’opera. Ciò che ci si domandava era se un’opera solida abbia possibilità di darsi all’altro (lettore/critico) nella sua complessità/integrità sfruttando solo il canale web.
Il potere c’entra, e quand’è che non c’entra? A me Luigi Nacci non interessa il Macht, mi preme molto di più che la mia opera sprigioni Herrschaft: il lettore/ascoltatore/fruitore lo vorrei credente (senza mani congiunte e ad occhi scientificamente semiaperti) rispetto al mio ordine/disordine. Il carisma è nell’opera, è dell’opera. Il carisma è nella poetica. Non mi interessa il consenso come adulazione o omaggio all’autorità dell’autore, né il consenso intorno o sull’opera, bensì il con-senso sulla costruzione/visione dell’opera.
Dici del poema disumano: hai ragione. Così vuoi che sia, io sono l’ultima ruota del carro. Piuttosto mi preoccupo perché tu fai un disco e: quanti critici sono pronti per recepirlo? Quanti hanno gli strumenti per criticarlo? Pochi. Ma qualcosa sta cambiando. C’è un gruppo di persone che in questi anni, anche seguendo l’esempio tuo, di Frasca, Lo Russo, oppure Spatola, Rosselli, Balestrini, e si potrebbe seguitare, c’è un gruppo di persone che sperimenta, senza pregiudizi, chi con un alto grado di consapevolezza, chi meno, ma lo fa. Io mi sento, nel mio piccolo, parte di questo gruppo di persone sparpagliato per l’Italia. Persone che sono diventate o stanno diventando miei amici, e della cui amicizia mi onoro. Guarda anche cosa ha organizzato Dome Bulfaro a Monza. Un’intera stagione poetica che ha al centro la voce, l’oralità. Un’idea nata insieme, con l’obiettivo di contarsi, di conoscersi meglio, e di mettere i poeti adulti e vaccinati vicino ai giovani. Penso anche agli 8 anni di attività degli Ammutinati: tra alti e bassi si è sempre tenuta una direzione, e mi ricordo che nel 1999, quando si iniziò, e si era tutti poco più che ventenni, di reading non ce n’erano dalle nostre parti (nella borghesissima silenziosissima Trieste dei caffè, portare la poesia a voce alta, voce a voce, nelle strade, non fu cosa da poco).
Negli ultimi anni qualcosa si è mosso. Un po’ lo slam (con l’immaginario che ne deriva) che tu hai diffuso, un po’ la voglia di protagonismo/palco dei giovani, un po’ la new economy dei festival che incanala gli eventi naturalmente su una scena amplificata, un po’ per ciò che è stato la pubblica opposizione a un certo tipo di poesia da parte del Gruppo 93, etc. (bello sarebbe anche discutere di questo ‘eccetera’), oggi ci sono molti poeti che incominciano a mettersi in gioco in quanto poeti fuori dalla pagina, con performance o azzardi di performance. Il fatto è che nel 90% dei casi si tratta di poeti che scrivono testi lineari e poi, siccome va di moda, li vogliono interpretare. Niente di più, alle mie occhiorecchie, abominevole. Ma c’è anche una piccola quota di poeti che scrive già cantando, che spinge il proprio pensiero ad organizzarsi oralmente, o che piega il verso e lo stupra per aprire quello che Ong chiamava senso di chiusura del testo stampato, aggiungerei: di chiusura claustrofobica (senza brama di bruciarla a tutti i costi, la carta).
Sono ottimista. Abbiamo dei modelli, dei riferimenti, in Italia e all’estero. Questo è già importante. Parli di disinteresse su ciò che ci ha preceduto. Hai ragione. Ma non la vedo come una novità. Metto in conto anche un sentimento di profonda disillusione storica, l’incapacità a fidarsi e affidarsi a un pater, la sensazione di vivere in un paese in cui l’età media dei presidenti è 80 anni e a 50 anni si è ancora giovani, non solo in poesia (l’altro giorno un TG RAI chiamava GIOVANE il 52enne appena eletto Sarkozy), giovani semper=immaturi=impotenti(nemmeno in potenza)=non formati come cittadini, come genitori, come figli, come autori, come intellettuali.
Dobbiamo, hai ragione, capire se la poesia che facciamo è giusta. Però ti chiedi anche come sia possibile che non abbiamo critici che possano dirci se siamo sulla strada giusta. Tolti alcuni critici di Parola Plurale -Cortellessa, Alfano, Bello Minciacchi – chi sono i critici che negli ultimi anni s’impegnano per comprendere le opere affondanti/affondate in quella complessità di cui parli? Aggiungiamo pur qualche altro nome che ora scordo nella velocità approssimativa della scrittura, a quanto arriviamo, 5, 6, 8? Se ci va bene. Allora ha senso ragionare intorno allo spazio di credibilità da costruire. Ti faccio un esempio: un anno e mezzo fa circa “Atelier” decise di non pubblicare uno stralcio del poema disumano. Va benissimo, hanno fatto bene. D’altronde avrebbero pubblicato alcuni frammenti di testo, non ci sarebbe stato nessun frammento audio, né i disegni. Forse è stato meglio così. Poi mi sono chiesto: scrivo talmente male da non meritare nemmeno un passaggio su rivista? Probabilmente è così; poi però ho pensato che sono moltissimi i giovani e giovanissimi a trovare spazio, anche autori che, a mio modestissimo parere, sono ancora a un livello alquanto scarso di consapevolezza. E mi sono guardato intorno: non ero mica solo! Ricito Dome Bulfaro: classe 1971, nonostante abbia girato in lungo e in largo il paese, nonostante abbia pubblicato nei quaderni di Buffoni, vinto una caterva di premi, solo ora, a maggio 2007, è arrivato al suo primo libro. Le edizioni d’if lo hanno pubblicato ora (lo presentano, per l’esattezza, il 14 maggio a Napoli). Meglio tardi che mai, va bene, ma è ridicolo che un autore come lui vinca una pubblicazione dopo 20 anni di serio lavoro. Oltretutto un libro senza CD. Siamo sempre lì. Quali sono le case editrici che puntano su un certo tipo di soluzioni (mi verrebbe da dire: finali) poetiche? Poche, pochissime. ZONA, SOSSELLA, SQUILIBRI, NO REPLY, EFFIGIE, ora LE LETTERE, poi? Non arriviamo a 10. Quante sono le riviste con supporti multimediali? Nessuna.
Insomma dobbiamo dannarci l’anima per fare poesia, e dannarci le viscere per fare la poesia giusta, ma dobbiamo anche costruire spazi in cui farla vivere da sola ’sta poesia. I festival sono un tassello. Poi ci vogliono altri spazi di discussione e analisi e confronto. Forse io non sono in grado, non ho le qualità per essere all’interno di uno spazio di tali fattezze, ma mi piacerebbe adoperarmi affinché possa nascere. Come hai detto tu: i festival si fanno per riunire la famiglia. Anche le collane editoriali lo fanno, o le riviste. Se esistesse una rivista meno paludata e lombardanonsoloinsensogeografico delle attuali, che contempli tutta una serie di autori come te e Frasca etc., sarei stimolato ancora di più a riflettere sui miei erroriorrori, e imparerei di più, più cose.
Non voglio pensare se sono un buono poeta o no sempre nel caos stantio del mio soggiorno di solitudine dal quale mi connetto, o nella poltrona nella quale leggo, vorrei anche pensarci dal vivo, in batti e ribatti di quarti di copertina, in riunioni di redazioni convulse, quelle stesse riunioni di cui ho letto sui libri quando ero a scuola e poi all’Università, che mi hanno fatto fantasticare e mi hanno fatto affezionare alla letteratura.
L’autorevolezza-credibilità, se ci sarà, deriverà dalla poesia giusta, ma dobbiamo determinare le condizioni affinché ci siano delle persone in grado di intuire la quasigiustezza della nostra poesia.
Tre abbracci,
Luigi
The Absolute seen throught time n°02
2007-05-09 21:57:29|di Lello Voce
Caro Luigi
chi è provocatorio è sempre un po’ offensivo. Me ne scuso, ma è indispensabile. Non so come fossimo noi, lo lascio dire agli altri, quello che so è che non ci si poneva affatto il problema dell’autorevolezza, ma quello della poesia ’giusta’ da fare in quel momento, che questa fosse o meno una via all’autorevolezza. Autorevolezza, essere ’auctor’ questo poi significa, non essere autori riconosciuti, o capaci di gestire questo o quel potere, autori e per diventare auctor ci vuole la poesia giusta, direi addirittura la poesia giusta al momento giusto. Partire dall’autorevolezza è mettere il carro davanti ai buoi.
Io non ho nulla contro le statistiche, ma il fatto è che il nodo non sta in quanti articoli sono nella sezione eventi e quanti in quella ’teoria’ ma in come sono quelli che ci sono.
Tutto il resto è ’letteratura’, nel senso proprio del termine, e non è un complimento.
So bene della sincerità che muoveva molti (tutti) i partecipanti a blogmeeting, ma al di là delle intenzioni, chi legge il resoconto non ci trova molto più di una serie di discussioni su come conquistare spazio., Spazio per cosa? Se non si sa con cosa riempirlo, o se lo si riempie con la stessa idrolitina (bollicina più o meno) che si usava 40 anni fa?. Piccoli poeti in carriera... Mi rendo conto che è dura, posso cambiarla in Piccoli poeti crescono? Il problema è l’attributo, ma quello, finchè si chiede spazio prima di sapere con cosa riempirlo, bhè, è insostituibile.
Io credo che molti dei poeti che erano al meeting e molti di quelli che frequentano questo blog siano ottimi poeti. Bisognerebbe però che tutti noi pensassimo di più al perché siamo (sono) buoni poeti, posto che lo siamo.
Insisto: non un attimo lasciato alla riflessione sul media, su come cambia, se cambia, la scrittura in rete, tutti hanno il blog con il podcast, ma nessuno si rende conto che attualmente la critica letteraria non ha strumenti per analizzare l’oralità, si va avanti a stilcritica, strutturalismo, crocianesimo d’accatto. Capita così che gente brava come te faccia il Poema disumano e i critici siano capaci (quando lo sono) di interpretare, analizzare solo il testo. Ma il Poema disumano non è solo il testo, è di più, è soprattutto l’extra testo. Potrei continuare per ore. Altro che autorevolezza. Io NON VOGLIO ESSERE AUTOREVOLE; VORREI ESSERE CAPACE DI ESSERE UN AUTORE!
In realtà il disinteresse su ciò che vi ha appena preceduto è abbastanza impressionante,(non un commento sull’Intro di Rizzante sul Baldus, meno che su un sito promiscuo di poesia e prosa come NI) siete tesi sul presente, vi confrontate tra voi con vivacità, ma per niente con le altre generazioni (eccezion fatta per i soliti demnziali post post-pasoliniani contro il 63 radice di ogni male, ecc.) Ci basterà Pasolini, Belleza, Conte e De Angelis per fare la poesia che serve a smascherare le pieghe inquietanti di questa nostra complessità? A che ci servirà l’autorevolezza se potremo solo autorevolmente portare lo strascico ai soliti vieti e imbalsamati feudatari?
2 abbracci
lello
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The Absolute seen throught time n°02
2007-05-12 10:07:26|di maria
se posso dire la mia: noi siamo una generazione diversa, noi siamo un po’ più arresi, e un po’ più stanchi, poca voglia di lottare per il presente e per il futuro, figuriamoci per il passato.
E’ già tanto provare a scrivere un buon testo, figuriamoci costruirci sopra un’archistuttura teorica, con questo non voglio dire che si lavori alla cieca, senza cognizione di causa, senza porsi certi problemi, ma la poetica è tutt’al più implicita, solo supposta...e questo perché non c’è una reale comunicazione, non c’è un contesto favorevole in cui fare attecchire un dibattito, ognuno prosegue per la sua strada e oppone testo a testo. Gli unici che sembrano avere assunto una strategia riconoscibile sono i Gamm, ma sono anche poeti con un certo lavoro, un certo peso alle spalle...io credo che una buona teoria in grado di tutelarsi dagli attacchi, in grado di dire qualcosa di serio, sia possibile solo dopo un buon numero di errori e prove empiriche, ecco perché noi, per così dire, non abbiamo acnora le idee chiare, almeno non in una maniera esplicita da formulare.
La mia coerenza sta solo nel conferire certa visibilità a testi per me validi, ma confinati in uno spazio di marginalità, utilizzare il blog come una vetrina è accontentarsi di sfruttare solo una misera percentuale delle sue potenzialità, lo so, ma per il momento non credo di poter fare di meglio. Col tempo si vedrà. Penso si debba fare maggiore affidamento nei mutamenti di lungo periodo, appunto perché in quelli a breve scadenza finisce che a volte non ricordano.
Allora, io non penso ci stiamo muovendo male, solo più lentamente, appunto perché bisogna creare prima le condizioni, non solo è assente un dibattito sul 93, ma ho avuto modo di notare che si è persa dimestichezza anche col 63, allora rilanciare i testi dimenticati per rimettere in campo i principi di fondo non mi sembra inutile. Ricostruire un dibattito sostenibile sarà una conseguenza; se la gente ha dimenticato i testi, di cosa dovrebbe essere interessata a discutere? perché dovrebbe ricordarne le premesse?
Poi, considerando le cose che stanno accadendo in giro, ultimamente -proprio sul fronte eventi- non è così nera. Il nostri background, inteso come vissuto, non è fatto fatto di Fluxus, MilanoPoesia, Castelporziano...i circuiti alternativi sembravano scomparsi, tu, Lello, sei uno che ha sempre lavorato per aprirne di nuovi - questo spiega anche perché lo Slam, dal mio punto di vista, stia diventando un’operazione kamikaze - se è quasi, in assoluto, l’unico spazio ancora aperto, ancora possibile, per una poesia giovane e ancora uno dei pochi, per l’oralità in generale, è comprensibile l’agonismo del pubblico a parteciparvi e allora forse anche qui si rende necessario un cambiamento per le "regole d’ingaggio", basta vedere tutte le richieste di partecipazione che giungono da ogni parte ogni volta che si posta un evento slam per accorgersi dell’aumento della domanda e cominciarne a tenerne conto se si vuole conservare lo spirito popolare, democratico e non trasformarlo in un gioco al massacro per pochi eletti e nella migliore delle ipotesi, sospetto.
Ma, appunto, nonostante il vuoto alle nostre spalle, ora con Monfalcone, le letture alla Casa della Poesia, quelle a Palazzina Liberty organizzate da Inglese, anche l’ultima delle letture indiane inaugurata dal Forlani a Torino, dove, a leggere dai resoconti, ci sono stati interessanti combinazioni di poesia e media... sono indizio che qualcosa sta di nuovo cominciando a girare.
Poi, ovvio, che le tue esigenze saranno diverse dalle mie, tu puoi mostrarti insofferente del mancato raccolto, e a ragione, io devo ancora cominciare a seminare, e anche cominciando dal tuo raccolto, non sono certo in grado di riprendere dal punto in cui tu hai lasciato cadere il discorso. Col tempo, forse. Ma non è credibile che io sostenga la tua lotta per farti ascoltare o ricordare, nella migliore delle ipotesi, anche qui, l’immagine che ne verrebbe fuori sarebbe quella di una furba che ha annusato i nuovi canali e che ha inteso bene dove andare a spendere le energie se vuole ottenere dei risultati concreti. E di certo, con le mie approssimazioni, danneggerei anche la tua di immagine.
Invece, il constatare, giorno per giorno, che tutti gli autori, i testi da me prescelti, in maniera istintiva e autonoma, per essere qui presentati, siano in qualche modo delle tue vecchie conoscenza...quando leggo, che un nome per me assolutamentre sconosciuto ha partecipato allo Slam di Romapoesia, o è stato inserito nell’antologia ma il cielo è sempre più blu etc etc, vedo un serio punto d’incontro, vedo che inconsapevolmente sto seguendo le tue impronte senza calzare le tue scarpe, e questo conforta me, perché mi dico che allora c’ho azzeccato, e dovrebbe confortare te, perché qualche volta, anche se non sembra o non lo sanno, ascoltano e forse ricordano.