di Massimo Arcangeli
Massimo Arcangeli è linguista e sociologo, critico letterario (militante) e scrittore.
Coordina numerose imprese editoriali, dirige varie riviste accademiche (oltre a un Osservatorio della Lingua Italiana per l’editore Zanichelli), è titolare di rubriche giornalistiche, radiofoniche, televisive.
Il suo ultimo libro è il pamphlet Il Medioevo alle porte, pubblicato da Liberilibri (Macerata 2009).
di Cecilia Bello Minciacchi,
Paolo Giovannetti,
Massimilano Manganelli,
Marianna Marrucci
e Fabio Zinelli
di Yolanda Castaño
di Domenico Ingenito & Fatima Sai
di Maria Teresa Carbone & Franca Rovigatti
a cura di Massimo Rizzante e Lello Voce
Un poco, tra l’ansia crescente
della nera vaporiera,
l’addio della sera si sente
seguire come una preghiera,
seguire il treno che s’avvia:
Ave Maria…
E, come se voglia e non voglia,
il treno nel partir vacilla:
quel suono ci chiama alla soglia
e alla lampada che brilla,
nella casa, ch’è una badia:
Ave Maria…
Giovanni Pascoli
La meraviglia, che abbiamo sopra noi,
non la guardiamo mai, ma fila il treno,
disegnando coi suoi fili a lato un vero
e proprio ritmo, che trascorre in metro;
che almeno nelle pause del daffare,
possa trovare, tu, il tuo baleno,
o sconosciuto e intento viaggiatore,
che leggi di cultura su un giornale
arancio, industrial-domenicale
Gianni D’Elia
Mentre mi annunci la notte
distraimi verso la luce.
La litania di un treno balbettante in partenza e l’inarrestabile corsa di un altro. Il ritorno a casa, mentre muore il giorno, e la discreta luminosità di un raggio di superiore quiete; un viaggio con il Sole domenicale che si spera squarciato da un raggio di fulminante fede. Non sarebbe male, ogni tanto, perdere il treno e restare a guardare. Non importa se in alto o in basso, se a destra o a sinistra; purché non sia guardare sempre dritto davanti a sé. Lo ammettono da tempo anche gli storici: le metafore non sono semplici ornamenti del discorso, sono incarnazioni del mondo reale.
Quante volte andiamo come un treno? Fermiamoci o rallentiamo, e lasciamo correre gli altri. Se anche dovessimo arrivare con l’ultimo treno non facciamone un dramma.
Treno
2010-08-19 20:44:51|di enrico dignani
Sorprendenti ambigue
probabilità attive
invadono
le contorte trame di relazioni
percorse
da titolari di guance senza carezze,
come la carezza che ti dà
sul viso la vita
e ti dice:
no tesoro, non sei scemo,
se è questa mamma terribile
a dirtelo
allora ci credi.