Articolo postato venerdì 1 dicembre 2006
Avvertenza: qui si parla
dell'attore, ma si parla anche di altro.
Primo studio. L’attore secondo Mejerchol’d
“Il teatro non è
fatto dal regista. Il regista fa il cinema. Il teatro è
fatto in primo luogo dall’attore”.
S.M. Ejzenstejn

L’attore
è un uccello
(inutile volo)
senza mestiere, è un incontro
corpo / tecnica
movimento, voce, pensiero
trama verbale-fonica / poesia
(musica) (melodia / timbro)
consapevolezza del processo creativo / pensiero

L’attore
è un ritmo
(danza tumultuosa)
re-citare, non ripetere persone vere
non tutto è previsto
cesura, accento, pausa, velocità, tono,
sfumature dinamiche
passione / inganno
le parole devono suonare
un silenzio inatteso

L’attore
è una maschera
(segno allegorico)
non coincidenza tra attore e personaggio
guizzare fuori
dalla parte
distanza / niente riviviscenza
trasgressione eccentrica / niente interpretazione
la quarta parete viene abolita
abolizione della psicologia

L’attore
è un eccesso
(smascheramento burlesco)
grottesco / mutamento / angoscia e disperazione
tragico e comico, buffo e disgustoso
la faccia girata al rovescio
un magnifico balzo / corpo deforme
corpo-parola / parola-materia / parola deflagrata
contraddizione tra forma e contenuto

Secondo
studio. L’attore secondo Artaud
“Quella
voce ci sferza, scegliendo il registro di una dissonanza che perfora”.
Carlo Serra
L’attore è una dinamica
oppositiva
(comunicazione crudele)
una forma di discordanza / oltre la norma
manifestazione di un delirio
corpo esaltato e scordato
stridore antitetico
l’urgenza di esporsi, di dire, fra le
rabbie e gli spasmi del silenzio
riconoscere l’esistenza come un insulto

L’attore
è un suppliziato
(che brucia e rinasce)
la cruauté:
les corps massacrés
corpo esposto, a frammenti / attrazione e orrore
marionetta disarticolata / contro-ritmo
è il luogo della libertà
io-non io / altro da sé (mai essere
altro, sempre cercare altro)
torturata bellezza

L’attore
è voce
(voce
scheggiata e rotta)
il corpo si partiturizza,
diventa musica
timbri deformati / emissione vocale tesa e
stridente
voce ribelle ad una metrica rigida
una stimbratura
atroce / una tremenda invettiva
dizione imperfetta, sperimenta
nell’eccesso le sue qualità espressive
aritmie, strappi, dissonanze, è
catastrofe, caos che brucia i valori

L’attore
è poesia
(danza alla rovescia)
révolte
/ corpo-teatro / il diluvio dell’orrore
scrittura declamata, ritmo corporeo, respiro
franto
corpo-desiderio / glossolalia
canto di rifiuto e di
rivolta
montaggio / corpo-suono
uso musicale degli spazi bianchi

Terzo
studio. L’attore secondo Carmelo Bene
“Usava
la voce per negare il dire, quel
‘bel dire’
portato da un attore a ridosso del personaggio”.
Sergio Colomba
L’attore è una macchina
(un corpo che sfugge a se stesso)
il venir meno della dramatis
personae
parodia / sospensione del
tragico
voce-relitto, contraddire il cantare,
dividere la parola dal suo significato
eccedere le forme / difetti del senso, senza
consolazione
strumentazione fonica / partitura definita
squartamento del linguaggio
L’attore è un radicale indicibile
(tutto il resto è teatro)
pregare in un bordello o bestemmiare in chiesa
sospensione del dialogo, grido-silenzio, delirio
recitare a nessuno / disorganizzare la sintassi
negazione del viso, maschera fonica
guerra di parole
contro la rappresentazione di stato
L’attore è artifex
(la poetica dell’indisciplina)
non vuole rappresentare, mai rassicurare
voce-linguaggio-musica
/ sgomina il servilismo
il non-attore, l’artefice / quindi
cantore, poeta, non attore
la poesia come verità
Majakovskij,
l’opera della morte nella poesia
l’attore-poeta-artefice
elimina la finzione dell’attore-interprete
L’attore è una voce-orchestra
(sonorità del senso)
I grandi silenzi, la balbuzie, le afasie
vocalità come rendimento poetico /
poesia è la voce
l’oscillare dei toni, le variazioni di
velocità, dei timbri
recitarsi addosso / contro la voce bene impostata
(contro)
la voce è pura teatralità
parlata
musica del caos
Quarto
studio. L’attore secondo Carlo Marx
“Una
prassi così dichiarata diventa potenzialmente una dialettica
della comunicazione, del confronto e della trasformazione”.
Carlo Finale
L’attore è un corpo
(inventivo e polemico)
questa realtà lacerata / la falsa
identità, incarnazione dello spirito del capitale
corpo sociale, manifestazione vitale che procede
per riappropriarsi di se stesso
la completa emancipazione (la più bella
musica)
negazione della negazione
(il corpo come luna e cometa)
la forma del suo esser-altro
egli contraddice i concetti correnti
L’attore è uno svantaggio
(l’unico necessario)
conseguenze funeste / merce / società
in declino
concorrenza, mercato / nessuno soffre
così crudelmente
adeguarsi alle richieste del mercato? (domina la potenza disumana)
la sua infelicità è lo scopo
dell’economia
senza capitale, senza rendita, una bestia (una
bestia abbruttita)
soltanto fuori dal teatro si sente presso di
sé
L’attore è in contraddizione
(il denaro è il potere alienato
dell’umanità)
è l’affermazione di
sé in contraddizione con se stessi
al di là della riduzione della
realtà a rappresentazione
si sottrae all’ovvio / corpo economico
l’economia come disciplina dei corpi
il riscatto del corpo dall’economia
è il dissidio, la frattura, il
disordine negli eventi del mondo
L’attore è
Quinto
studio. L’attore secondo Emilio Villa
“Nessuno
si sorprenda, quindi, se nella nominazione
vedrà assenti molte delle prede del mercato o della critica,
della museocrazia o del
gusto”. E. Villa
L’attore
è un’invenzione linguistica
(un sperme qui meurt)
fallimento / agonia del senso
riscattare, nel linguaggio, il non dicibile
tensione anti-istituzionale
(in urto con il mondo cattivo)
un naufrago (pornofonia-
questo disordine di cose (ma veramente non
disordine, solo interruzioni dell’ordine, soprassalti,
interiezioni, fragmina
dell’Ordine mai a portata di mano)
la parola si pronuncia sovraccarica
L’attore è avversione
(le tout merde)
la miseria di vivere / destrutturazione e parodia
dies
irae (maschera
corrucciata, arcaica)
gioia improvvisa, baccanale
scalfendo la profondità delle nazioni e
delle terre
i critici sono la merda
sovvertire l’ordine dei luoghi comuni
L’attore è una dinamica accanita
(celebrazione della voix)
hystrio
o clown o gran millenario sciamano
voce oracolare
/ folle voix
martirizzata
unda
voculata, inquietante
deriva (brandelli)
si separa dal codice
spettri di storia
corpo
mitico
L’attore è un allarme cristallizzato
(flatus mundi)
in gettito di tenerezza, trasalimenti, calvario (e
paralisi)
forse è un’unghiata, o un
barlume, una vibrazione accidentata
(un’urgenza fonocriptica)
(eclisse-elisione-arresto)
feroce riga / rotta (fuori riga)
agonia clamorosa, apocalittica in senso sobrio e
musicale
une resurrection
sans fin?
Sintesi
parziale. L’attore secondo me
“Bambino
mi chiedevo: se
l’attore fa il personaggio, chi fa l’attore?”.
Carmelo Bene
“Attori
falliti (ossia coloro i quali hanno proposto un teatro necessario e
impossibile)”. Antonio Attisani
Se
l’attore vuole finalmente uscire dal ghetto, se lo
attore vuole
davvero
liberarsi
(contraddizione,
eccezione, anomalia) (e ironia), se
liberarsi
dalla sua connotazione polverosa di noia
sulla soglia
d’uno stanco naturalismo, se
oltre la sua
sostanza reazionaria
(attore di
un teatro del consenso)
(invece
indagine e rischio, senza le garanzie del senso comune)
se
l’attore vuole distaccarsi dal rumore del tempo, se
dal
pettegolezzo e dalla chiacchiera diffusa
e dallo
spettacolo della merce (se
produrre
pacificazione, se non vuole produrre
(inganno)
(consenso del consumatore), se
portatore di
crisi percettive
uscire dal
vincolo corrosivo del tempo-capitale
togliersi di
scena, se vuole
(il tuttora
incompreso Carmelo Bene), se
ma
continuando a fissare se stesso come teatro
rompere
il muro, se vuole produrre differenza (e diffidenza)
inventare,
se vuole inventare (nel fango
interrogazioni
nuove, nella palude (se lo dice e ci crede)
insomma
sognare è legittimo (ma vuole sognare?), se
partitura /
conoscenza / canto (grido-soffio)
(corpo e
confronto), se vuole
opporsi
allo spirito
del tempo-merce (se
corpo-voce-mente
(l’attore, solo lui fa il teatro) (e lo spettatore)
(tutto il
resto è regia, ossia è il nulla), se
l’attore
così
diversamente dal banale quotidiano, così
altro (altro
dalla famiglia trinitaria Io-Interpretazione-Carriera),
altro
se non offre
soluzioni, solo dubbi (dubbi d’angoscia
(se lavora
sulla soglia, senza definizioni), se
RIFIORITURA DELLA CARNE (oltre
ciò che è) (oltre
la
merda del denaro, oltre
il
gioco del possesso
(attore invasato),
se vuole trasferire la sua propria essenza oltre
l’anima
alienante del mistico intrattenimento capace soltanto di partorire
parole identiche alle feci che sgorgano dalla dottrina generale del
denaro come unica lingua, se vuole
(teatro-istituzione,
teatro-carcere, teatro-stato)
poesia
orale
(grottesco
/ allegoria / rivolta) (attore come unghiata), se vuole
esibirsi
nella forma della propria necessità e divenire
un
essere integrale di poesia (se vuole davvero
in questo
autunno, in questa tenebra perenne, in questo
orrore
annichilente, se vuole FARE DEL SUO CORPO
LINGUA
(questa lingua
fetida)
(ah,
la lingua che fa boc-boc,
che boccheggia e s’arpeggia e tira una boccata di liquida e
putrida phoné,
che si strimpella con le labbra su questo boccascena, dove
l’attore apre il suo bocchettone e un gesto nauseabondo e
risonante si sbobina boccaccesco e si consuma, aspro, il suo baccanale,
senza requie, e gl’esce ‘sto puzzo di fiato,
ché il suo boccale è intasato e la voce
gl’esce bocconi, tutta pezzettini sgraditi), se
se
la lingua respira col corpo, è corpo (LINGUA-MASCHERA), se
lingua, ti
prego, aprimi le labbra
lingua come
delirio
concertato, come stratagemma
dal turbine
del corpo, come
attacco alla
lingua consolidata, lingua
ch’esce
irregolare, transitando tra il dentro e il fuori, dispiegando
l’assenza in forma d’agonia, col fiato strozzato,
profonda e grave la voce che fissa la lingua, acuta quando meno te lo
aspetti (se
se di questo
splendido balbettio l’attore vuol fare musica, se
l’attore
si consuma di questa lingua eretica (ed erotica), se
per tutta la
notte ha provato col mal di denti, se
se
il suo corpo, questo corpo mal sano, incontra il mondo e la voce
reagisce, la voce e la sua stessa fiamma ribelle, caotico cimitero di
visioni, urla di rabbia, la voce dice la gioia, maledice il capitale,
si fa eco di spasmi amorosi, freme, scava, sussulta, tace
se tacere
è l’aspirazione massima, tacere
il ruolo
imposto, tacere la parte, tace
respirare in
contrappunto, se
se
la voce è l’interno dell’esterno,
è l’individualità fottuta dalla storia, e un
micro-cosmo che si fa mondo plurale, perché è nel
respirare dentro la storia che il corpo esiste in quanto phoné, liquida e
putrida phoné,
se
se
l’attore gesticola senza giustificazione, se
nell’ebbrezza
totale, senza lirismo, se
la
sua voce poliforma
disconosce
l’autorità
dell’Io, se
vuole,
davvero, l’attore, spiazzare
la
percezione
(gestus
sovversivo),
se vuole
dopo
avere studiato Mejerchol’d,
Artaud, Bene, Marx,
Villa, se vuole
allora
metta in conto la sconfitta
(Testo pubblicato su dissidenze.com curato da Giampiero Marano)
> UN ARTISTA DEL CORPO
2006-12-04 14:53:33|di nevious
Mah, Luigi, discorso complesso ... Per formare un pubblico ci vuole prima di tutto CONTINUITA’ ... di spazi, di proposte, di qualità ... La COERENZA è un altro elemento importante. Quando non cedi alle lusinghe del “mercato” e insisti nel proporre la tua idea, il pubblico si avvicina ... Così come è importante il LEGAME CON IL PRESENTE. Che non è, bada bene, ricorrere alla cronaca o usare modalità alla moda (tipo il teatro di narrazione). E’ piuttosto fare cogliere come elemento principale del tuo “fare” la capacità di stare nel tempo: la capacità di DARE FORMA al tempo ... Ed è anche questione di COMPETENZE ... Nell’ambito performativo, e in particolare in quello teatrale (che reputo il più interessante e quello che ha dato risposte migliori sulla questione - anche sulla questione della poesia performativa), gli “specialisti” sono una parte importante, ma non la determinante. A differenza del “pubblico della poesia”, che solitamente è formato da poeti in proprio, in teatro si incontrano spesso persone che non fanno teatro, ma che amano semplicemente l’incontro fisico in uno spazio circoscritto (una sorta di assemblea estetica, se vuoi). Ciò influisce sul “fare”, così come il “fare” influisce sulla ricezione ... E’ un cortocircuito sfinente, però esaltante ... Il pubblico nasce all’interno di questo meccanismo (ma si distrugge anche) ... C’è un grosso problema: la CONVOCAZIONE del pubblico, cioè come lo attrai ... Ma qui il discorso si complica ulteriormente ...
Nevious
http://www.neviogambula.it