Absolute Poetry 2.0
Collective Multimedia e-Zine
Coordinamento: Luigi Nacci & Lello Voce
Redatta da:
Luca Baldoni, Valerio Cuccaroni, Vincenzo Frungillo, Enzo Mansueto, Francesca Matteoni, Renata Morresi, Gianmaria Nerli, Fabio Orecchini, Alessandro Raveggi, Lidia Riviello, Federico Scaramuccia, Marco Simonelli, Sparajurij, Francesco Terzago, Italo Testa, Maria Valente.
Macello centrale
Siamo un po’ intontiti, qui, lungo la palude del millennio.
Le punte dei piedi potrebbero tornare ad essere pulite,
questo è certo, ma noi ci asteniamo,
con sguardi profondi da certe azioni. Caro il mio vicino,
neanche tu vuoi mordere le sbarre,
tonde, lucidate dal grasso delle generazioni
(fermata della metro Leninallee e seguito)
- ti guardo negli occhi, nobili! E se
vengono ad aggiustarsi il nome, e quei tipi
col grembiule di plastica diventano i capi del gregge?
Siamo un po’ intontiti, anche se andiamo avanti,
e finalmente raggiungiamo il cancello. Mi sembra di vedere.
Male (Volte)
Cinque volte
mi hanno raccontato
di stupri
Quattro volte
ho visto
uomini che si pestavano
Tre volte
della gente ha maltrattato il cane
davanti a me
Due volte
sono corso all’ufficio per i minorenni
per la mia ragazza
Una volta
ho cercato
di strozzare mia madre malata
Ho diciott’anni.
Cresciuto nel socialismo.
Non ho vissuto la guerra.
Evolution
Ammesso che l’assunto
ogni forma di evoluzione muove spiraliforme dal basso all’alto
corrisponda al vero,
s’impone il quesito: su quale
parete di legno, acciaio, cemento ecc
di questo mondo che gira
si trova detta spirale
e se (da un punto di vista squisitamente ottico)
il pro-ces-so-dell’e-vo-lu-zio-ne
si attui dall’interno della stessa
verso l’esterno
o viceversa, cioè
verso l’interno!
(Hineingeboren, Gedichte 1975-1979)
Il berlinese Uwe Kolbe trascorre i primi anni di vita nelle immediate vicinanze della Bornholmer Brücke, uno dei punti di confine tra le due città, dove assorbe l’ombra di quel muro che segna ogni suo ricordo d’infanzia “Mio padre- scrive nel 1990 – non mi aveva mai davvero convinto di avere attraversato il ponte in entrambi i sensi prima dell’agosto 1961 per andare semplicemente a Wedding, al cinema, e pagare con marchi orientali, si capisce. A pochi anni dalla chiusura del confine giocavo a pallone con gli amici a un tiro di schioppo dall’inaccessibile stazione della S-Bahn, lungo un muro spoglio a ridosso del ponte. Mi piaceva. Il bambino lo giudicava bello. Il pensiero che si potesse attraversare non ci sfiorava nemmeno. Chi calciava la palla troppo alta ne doveva procurare un’altra. Quella persa era irrimediabilmente persa. “Be’, salta di là!” avrebbe detto magari un ragazzo, con un ghigno rivolto al filo spinato”.[…]
Il luogo è sempre cifra negativa e dolorosa nella poesia di Kolbe: è Berlino divisa, è la DDR del caso Biermann, è il dopoguerra che non vuole finire, è il socialismo di chi si illude che basti essere antifascisti per non essere disumani. E’ qui che il poeta si vede hineingeboren: gettato o caduto dentro alla nascita. Nella poesia Male (Volte) il giovane scrittore vede nel pathos della propaganda socialista gli strascichi di una formula consunta, che l’evidenza di una quotidianità efferata smentisce senza possibilità di appello….[…]
Fare poesia significa cercare i nomi giusti, e la sua meta è lo smascheramento degli abusi linguistici della propaganda come in Evolution, lirica sagace che metta alla berlina la retorica ufficiale del progresso e dell’ottimismo. E’ nella vis polemica che Kolbe si emancipa dal linguaggio espressionista per conquistare uno stile più originale, ma più efficaci saranno le incursioni in un lirismo nutrito di un vissuto spesso doloroso: “Come uomo posso testimoniare che l’autore che porta il mio nome non può scrivere nulla che l’uomo non abbia vissuto o toccato, attraversato, battuto o percorso[…] al cui contatto non si sia scottato, raggelato o quasi impiccato. Nulla può scrivere che l’uomo non abbia sentito come solletico o fuoco, che non abbia odiato o amato, nulla che non l’abbia fatto ridere o piangere.”………………..
(di Stefania Sbarra)
Uwe Kolbe
nasce a Berlino Est nel 1957. Il primo volume di poesie, Hineingeboren, esce nel 1980; seguono le raccolte Abschiede und andere Liebesgedichte (1981), Bornholm II (1986), Vaterlandkanal. Ein Fahrtenbuch (1990), Nicht wirklich Platonisch (1994), Vineta (1998), Die Farben des Wassers (2001) e la raccolta di articoli Renegatentermine. 30 Versuche, die eigene Erfahrung zu behaupten (1998). Tra il 1982 e il 1985 gli è proibito di pubblicare dalla DDR. Nel 1985 ottiene il permesso di lasciare il paese, cui segue la decisione di trasferirsi nella Repubblica Federale. Nel 1988 riceve il “Nicolas- Born- Preis”, nel 1993 il “Friedrich- Hölderlin- Preis”.
tratto da "Le storie sono finite e io sono libero"
Sviluppi recenti nella poesia di lingua tedesca, Liguori Editore 2003
Uwe Kolbe
2009-11-03 16:18:47|di Giovanni Catalano
Grazie Maria, ho trovato molto interessanti questi testi.
I temi che hanno fatto grande la poesia di Kolbe, il lavoro sulle potenzialità espressive del linguaggio, la polemica sull’idea di progresso, sono in fondo i classici temi della Poesia di sempre.
Un caro saluto,
Giovanni
http://www.giovannicatalano.it