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VALERIO MAGRELLI: il confine tra la mia vita e la morte altrui

(intervista a cura di Luigi Nacci)

Articolo postato martedì 4 settembre 2007
da Luigi Nacci

Propongo un’intervista realizzata la scorsa primavera e pubblicata sul numero 96 di "Fucine Mute".

***

Il confine tra la mia vita e la morte altrui
passa dal divanetto di fronte alla tv

intervista a Valerio Magrelli


Luigi Nacci (LN): Valerio Magrelli, classe 1957, un esordio fulminante, accolto bene dalla critica, Ora serrata retinae, nel 1980, preceduto dalla pubblicazione su riviste nel 1977 (“Periodo ipotetico”, “Nuovi Argomenti”) e dall’inserimento, l’anno successivo, ne La parola innamorata, l’antologia a cura di Enzo Di Mauro e Giancarlo Pontiggia che tanto ha fatto discutere. A distanza di trent’anni, che cosa pensa delle sue prime prove in versi? E chi è stato, se c’è stato, il suo “mentore”?

Valerio Magrelli (VM): Ho avuto la fortuna di incontrare molti lettori interessati alla mia ricerca. I miei primi testi sono stati pubblicati da Elio Pagliarani, su “Periodo Ipotetico”, e da Enzo Siciliano, su “Nuovi Argomenti”. Più tardi, Enzo Di Mauro e Giancarlo Pontiggia li inserirono nell’antologia La parola innamorata, e Antonio Porta li presentò nell’“Almanacco dello Specchio” Mondadori. Qualche anno dopo, Aldo Tagliaferri li accolse nella collana della Feltrinelli. Quanto all’impressione che provo davanti alla mia opera prima, potrei ricondurla al concetto freudiano di “perturbante”: sono ancora io, e già non sono più io. Mi interessa l’aspetto geologico del passato, per meglio dire, la geologia della biografia. C’è una frase che rende tutto ciò in maniera mirabile. Difficile da tradurre, io la intendo così: "Più noi proviamo a guardarla da vicino, più lei ci osserva da lontano". Il suo autore, Kark Kraus, si riferiva alla parola e alla sua potenza estraniante. A me invece, in un primo momento, è venuto spontaneo applicarla all’impressione che provoca in noi lo sguardo di una bestia. Mi sbagliavo. In verità si trattava dell’infanzia: "Più noi tentiamo di guardarla da vicino, più lei ci osserva da lontano". Ma l’infanzia, la bestia, la parola, non abitano forse nella stessa regione, alla stessa, remota distanza da noi?

LN: La sua scrittura è contraddistinta da mappe, diagrammi, reticoli tratteggiati con rigore che segnano le frontiere tra ciò che può e non può essere percepito, tra veglia e sonno, tra superficie uniforme e irregolare trama interna; cito una sua riflessione: «la secessione di una parte dal tutto, annunciando il futuro disassemblaggio, fa da memento mori»; cito una sua poesia (Non sono di nessuno, in Nature e venature): «Non sono di nessuno / le terrazze condominiali. / Vi si lasciano / i panni ad asciugare, / i panni del deserto. / Sono altopiani vasti, / vasti e disabitati, / abbandonati ad un’infanzia aerea». Quanto conta, simbolicamente, nella sua poetica, la topografia del/i confine/i?

VM: Vorrei rispondere con tre poesie incluse in Didascalie per la lettura di un giornale (Einaudi 1999), ma originalmente uscite per i tipi di Avagliano con il titolo Confini. Tra l’altro si tratta di uno dei rari casi in cui ho fatto ricordo a una specie di eteronimo, firmando l’ultimo testo con un nome che non è il mio:


Posta dei lettori:
Ah, la burocrazia…

I.

Il confine tra la vita e la mia vita
corre fra gli allegati che sto compilando da sempre.
Sono io l’allegato. Sono io
venuto alla luce per questo?
Per questo ho superato febbri e fratture
e morti e lutti e offese?
Ho superato le offese solo perché il mio tempo,
carne-tempo, fosse così smembrato e offeso
e capillarmente umiliato?
La disappropriazione che una volta
veniva dal lavoro, ora è metastasi.
Perciò, se cancellassi le ore immolate al nulla,
non resterebbe l’età di un neonato
- l’aborto che qui scrive.

II.

Il confine tra la mia vita e la morte altrui
passa dal divanetto di fronte alla tv,
pio litorale dove si riceve
il pane dell’orrore quotidiano.
Davanti all’ingiustizia che sublime
ci ha tratti in salvo per farci contemplare
il naufragio da terra, essere giusti
rappresenta appena la minima moneta
di decenza da versare a noi stessi,
mendicanti di senso,
e al dio che impunemente
ci ha fatto accomodare sulla riva,
dal lato giusto del televisore.

III.

Il confine tra la mia morte e la mia vita
io non riesco a vederlo
mentre continuo a spuntare ricevute.
Penso all’obbligo d’essere felice
nella facilità di un’esistenza normata,
e sono annichilito dalla nausea
di questa manutenzione universale.
Mi basta un’altra fila, un’altra pratica
per ritrovarmi a sperare che la morte venga
e mi porti in salvo dalla vita,
per ritrovarmi a sperare che la vita venga
e mi porti in salvo dalla morte.

Un fedele abbonato


LN: Introducendo il volume antologico einaudiano (1996) che riunisce Ora serrata retinae, Nature e venature e Esercizi di tiptologia (più altre poesie sparse), lei afferma che una raccolta è un «mezzo di segnalazione», e il suo «senso profondo risiede infatti nella distanza dalla precedente, anzi, nell’averla definitivamente persa di vista: il nuovo testo è la testimonianza di un avvenuto disorientamento». È passato un anno da Disturbi del sistema binario (Einaudi): dove si trova Magrelli, adesso, a quale e quanta distanza dall’ultimo mezzo di segnalazione, a quanta e quale distanza dal prossimo?

VM: Mi sento ancora troppo vicino al libro precedente, che “copre” la zona circostante. Sono ancora all’interno del suo campo (in senso letteralmente elettromagnetico). Per ora procedo a tentoni, provando e riprovando, ma certo senza ancora sapere in quale direzione. Nell’abecedario Che cos’è la poesia?, ho citato questa illuminante confessione di un romanziere, Giuseppe Pontiggia: "Io non metto il messaggio nel testo, ma glielo chiedo. E’ da lui che lo aspetto, per scoprire ciò che non sapevo di sapere".

LN: Che cos’è la poesia? (Luca Sossella, 2005) nelle sue parole si configura come «un resoconto stilato dopo trent’anni di pratica e di ricerca (ovvero di una pratica che consiste nella ricerca). Non ha nulla di sistematico, anzi, andrà piuttosto considerato come un contromanuale». Il sottotitolo è La poesia raccontata ai ragazzi in ventuno voci. Due domande: cosa pensa delle scuole e dei corsi di scrittura? Lei è anche docente: come insegna, tramanda la passione per la poesia ai ragazzi?

VM: Riguardo alla prima questione, ammetto una certa perplessità. Proprio per questo motivo, in un centro di studio organizzato con Giuseppe Antonelli presso l’Università degli studi di Cassino, dove entrambi lavoriamo, ho proposto l’adozione di una nuova dicitura: “Scuola di lettura creativa”. Inutile spiegare cosa intendo; tutto sommato, non saprei dirlo meglio di quanto faccia questa semplice formula.
Quanto alla seconda domanda, devo invece precisare che il mio lavoro non consiste nell’insegnamento della poesia, bensì della letteratura francese. Sembra un dettaglio, ma non lo è. Ho cioè delle responsabilità che mi obbligano (cosa che faccio d’altronde con grande piacere) a privilegiare il contesto storico, il tessuto artistico, ideologico, biografico, a scapito, talvolta e purtroppo, dell’analisi testuale. Questo per dire che, se insegnassi poesia, lo farei certo in modo ben diverso.

LN: Si è occupato – tra gli altri – di autori del calibro di Valéry, Proust, Breton, Joubert; ha diretto la collana di poesia italiana e straniera “La Fenice” per Guanda e “Scrittori tradotti da scrittori” per Einaudi. Cosa rappresenta nella sua dimensione di letterato e poeta il lavoro di traduzione? Ha dei maestri o dei modelli in questo campo? C’è qualche autore che vorrebbe a tutti i costi tradurre in italiano?

VM: Sì: auspicherei che si traducessero in italiano autori ungheresi come il Nobel Imre Kertész, o sommi classici della letteratura giapponese come la Storia di Genji, senza passare da lingue intermedie come il tedesco nel primo caso, l’inglese nel secondo. Mi sembra un compito semplicemente improrogabile, per mettere fine a quello che costituisce un autentico scandalo culturale.

LN: Negli ultimi anni in Italia si moltiplicano un po’ ovunque, dai teatri alle piazze, i reading, i poetry slam, le performance, gli spettacoli di poesia: si tratta, secondo lei, di un fenomeno positivo? Assiste spesso alle letture di altri poeti? In un’intervista ha detto che «sentire un testo con la musica di sottofondo è veramente un crimine, perché lo snatura, lo sposta. Come è un crimine secondo me lavorare sentendo la musica. […] Una poesia letta con una musica dietro è come una poesia letta in mezzo al traffico». Ci sono però autori, anche suoi coetanei, come ad esempio Lello Voce, Gabriele Frasca, Tommaso Ottonieri, o più giovani, come Rosaria Lo Russo, o andando più indietro Edoardo Sanguineti e Nanni Balestrini, solo per fare alcuni nomi, che hanno interagito e stanno interagendo in modo complesso con la musica e gli effetti sonori. Cosa pensa di quel tipo di operazioni e di opere?

VM: Mi piace assistere alla lettura di poeti: io stesso ho letto a lungo, prima di essere pubblicato. A questo proposito, vorrei anzi cogliere l’occasione per un chiarimento di cui già parlai su “Atelier”, quando, per una svista, mi vidi attribuita l’idea di essere contrario agli slam poetry. Come ho scritto più volte, ritengo invece che questa esperienza rappresenti un’ottima forma di divulgazione e di collaudo. Molto diverso il caso della musica. Le parole riportate si limitano a esprimere una mia personalissima idiosincrasia: per me la musica richiede, pretende un’attenzione totale, assoluta: posso ascoltare un disco facendo ginnastica o rassettando casa, non certo leggendo. E’ ovvio, tuttavia, che chiunque dovrebbe poter scegliere in piena libertà: basta non imporre l’ascolto contro il desiderio altrui, come purtroppo succede in molti negozi o nei peggiori ristoranti. Lo ha spiegato una volta per tutte Immanuel Kant: "Alla musica è propria quasi una mancanza di urbanità, a causa della proprietà che hanno i suoi strumenti di estendere la loro azione sul vicinato, per cui essa si insinua e va a turbare la libertà di quelli che non partecipano all’intrattenimento […] E’ pressappoco come del piacere che dà un odore che si spande lontano. Colui che tira fuori dalla tasca il suo fazzoletto profumato, tratta quelli che gli sono intorno contro la loro volontà".
Quanto al secondo punto, resto convinto che sia criminale “aggiungere” musica a un testo preesistente in occasione di una lettura pubblica (quel che definirei, tanto per capirsi, “l’effetto Alberto Lupo”). Ciò detto, però, anch’io collaboro da anni e in modi assai diversi, con musicisti: vorrei almeno ricordare Guido Baggiani, Fabrizio De Rossi Re, Luigi Ceccarelli, Daniele Carnini e Carlo Boccadoro, con cui sto progettando un nuovo lavoro.

LN: Nel 2005 ha pubblicato un libro con DVD, Sopralluoghi (Fazi), un’auto-antologia di dodici testi che lei legge passeggiando per ambienti diversi della capitale (la discarica, il cimitero, la biblioteca, il negozio di giocattoli, la sala cinematografica, il sotterraneo, Villa Borghese, il lungo-Tevere). So che ha studiato cinema (a proposito di “immagine”, mi viene in mente anche un suo testo intitolato Ecce video, con una laconica epigrafe: «In memoria di E.H. / ritrovato nel suo appartamento / nove mesi dopo il decesso / seduto davanti alla TV»): come giudica la video-poesia, e più in generale, le contaminazioni tra poesia e multimedialità?

VM: La trovo molto interessante, ma personalmente non mi interessa affatto, almeno per il momento.

LN: Alcune recenti statistiche parlano dell’esistenza in Italia di due milioni di poeti o presunti tali. Di contro, la poesia non supera il 2% del fatturato totale delle vendite (il 3% insieme ai libri di teatro), le riviste vendono pochissimo (tranne “Poesia”, tutte le altre al massimo arrivano a qualche migliaio di copie) e la tiratura media dei volumi di versi è di 1.000 copie. Internet potrebbe contribuire ad avvicinare la poesia al pubblico di non addetti ai lavori? Frequenta siti e/o blog di poesia?

VM: Leggo riviste on line.

LN: Concludo: mi farebbe i nomi di tre poeti fondamentali del ’900? E tre poeti contemporanei di cui, invece, si potrebbe fare a meno? Segue le nuove generazioni di poeti?

VM: Preferisco indicare i nomi di tre autori viventi di cui non si dovrebbe fare a meno, né come poeti, né come saggisti, benché enormemente diversi fra loro: Yves Bonnefoy, Wislawa Symborska, Andrea Zanzotto. Venendo a me, ho smesso di dirigere la collana di poesia da Guanda, poiché, insegnando fuori sede, non avevo più il tempo per leggere che mi arrivavano e rispondere agli autori – leggere e rispondere, dico, con la necessaria attenzione. Ricordo di sfuggita che si tratta di un vero e proprio lavoro, il quale, se ben fatto, prenderebbe diverse ore al giorno. Ora mi limito a leggere i testi che mi giungono, continuando a seguire la produzione poetica, ma senza più quello scrupolo e quella competenza che avevo negli anni, precedenti, in cui avevo assunto una responsabilità tanto grande.

7 commenti a questo articolo

VALERIO MAGRELLI: il confine tra la mia vita e la morte altrui
2007-09-07 02:13:20|di Christian Sinicco

Forse, sulla questione della musica Valerio, potresti spiegarti meglio (chissà se sei in ascolto?)... anche perché la lettura di un poeta è, per me, una prima forma di esecuzione e per altri aspetti - più privati - una sorta di prova della tenuta del testo, nel suo essere sonoro o teatrale... Credo che chi continua a lavorare il testo eseguendolo, abbia come feedback numerose informazioni, e la musica, che non è detto si muova nella stessa direzione del testo-partitura, può mettere in crisi la scrittura poiché spesso il poeta prende come unico metro la propria voce, ci "crede" troppo. La domanda che ti sottopongo è dunque questa: quali dettagli, informazioni, feedback, ti sono serviti per il lavoro sul testo, anche come aggiustamenti, ripensamenti, correzioni, migliorie?


VALERIO MAGRELLI: il confine tra la mia vita e la morte altrui
2007-09-06 23:33:15|di e.

ho incontrato magrelli a oxford ad una poetry reading universitaria, sette otto anni fa....- leggeva col mio ex, che ha fatto e fa ancora credo il suo speciale traduttore in inglese, un certo poeta UK, anche egli di oxford...e non dico altro. devo dire che mi apparve un tipo rosso-grigio- intelligente vena tuttavia, con quella sua storia reiterata delle mille sue infinite malattie, della sua ipocondria...e il mio ex-ragazzo giù a tradurlo e a imitarlo, perché nella poesia di Magrelli ci trovava la sua ipocondria mai così’ bene espressa.


VALERIO MAGRELLI: il confine tra la mia vita e la morte altrui
2007-09-04 17:42:55|di Alessandro Ansuini

Ma la video-poesia, la trova molto interessante o non gli interessa affatto?

E se la musica deve essere musica, perché ha collaborato con i musicisti?


VALERIO MAGRELLI: il confine tra la mia vita e la morte altrui
2007-09-04 14:56:14|di OhelodovevodireSANTAPAZIENZA!!!!!!!!!!!

MIIIIIIIIIIIIII, L’AVREI TANTO VOLUTA VEDERE.....MA L’IDEA MI è SEMBRATA PERFETTA..


VALERIO MAGRELLI: il confine tra la mia vita e la morte altrui
2007-09-04 14:20:37|di lorenzo

c’azzecca perché l’ha organizzata magrelli.

lorenzo


VALERIO MAGRELLI: il confine tra la mia vita e la morte altrui
2007-09-04 11:30:02|

e che c’azzecca con magrelli la perfetta rassegna??


VALERIO MAGRELLI: il confine tra la mia vita e la morte altrui
2007-09-04 11:13:06|di OhelodovevodireSANTAPAZIENZA!!!!!!!!!!!

LA RASSEGNA TEATRALE AL TEATRO ARGENTINA!!! SEMPLICEMENTE PERFETTA!!!


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