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VIII Quaderno di "Poesia da fare", e n.17 della rivista

a cura di Biagio Cepollaro

Articolo postato giovedì 7 dicembre 2006
da Marco Giovenale

Sono on line, a cura di Biagio Cepollaro:


VIII Quaderno di Poesia da fare 2006
www.cepollaro.it/poesiaitali...

Indice:

Biagio Cepollaro (Editoriale)

Olivier Cadiot
K. Silem Mohammad
Rodrigo Toscano
      (trad.Gherardo Bortolotti)
Luigi Cannillo
Francesco Forlani
Gabriele Frasca
Jacopo Galimberti
Marco Giovenale
Francesco Marotta
Giulio Marzaioli
Marina Pizzi
Laura Pugno

e

 
il n.17 (dicembre 2006) di

Poesia da fare
http://www.cepollaro.it/poesiaitali...

Indice:

EDITORIALE (B.C)

TESTI:
Giulio Marzaioli, da Quadranti
Marina Pizzi, da La giostra della lingua

IMMAGINE:
Echi di specchi,3 di Fausto Pagliano



Poesia da fare e i Quaderni di Poesia da fare sono alla pagina
http://www.cepollaro.it/poesiaitaliana/rivista/rivista.htm




78 commenti a questo articolo

> VIII Quaderno di "Poesia da fare", e n.17 della rivista
2006-12-09 09:30:47|di Luigi Nacci

Caro Inglese,

alle tue giuste domande "quante energie il mondo lavorativo ci lascia per fare attività non salariate? Quanto il nostro attivarsi nella realtà avviene al di fuori di ogni retribuzione, ruolo, funzione sociale riconosciuta?" rispondo "Poche; troppo". Ciononostante sono ancora d’accordo con chi (Gramsci etc.) afferma che l’intellettuale deve "mescolarsi alla vita pratica" ed essere fin in fondo "faber" + "sapiens", sebbene oggi non vi sia riconoscimento della funzione sociale e il tempo in cui attivarsi sia parcellizzato. Ma di tempo ne avanza sempre, magari a scapito del sonno o dell’amore o della salute. E faber, anche se precariamente e in bilico, possiamo essere (forse le categorie di FABER & SAPIENS andrebbero ripensate).

Un caro saluto, e grazie per la proposta che fai (Trieste / "Per una critica futura"). Sicuramente troveremo un modo di dar vita ad una conoscenza reciproca.


> VIII Quaderno di "Poesia da fare", e n.17 della rivista
2006-12-08 23:13:23|di mg


( Marco )


> VIII Quaderno di "Poesia da fare", e n.17 della rivista
2006-12-08 23:12:40|

finita l’influenza, ripreso il superlavoro. niente web. (da circa 48 ore ore non entravo in questo post, per esempio). mi scuso con i dialoganti del thread per il silenzio. (involontario). spero di (saper) riprendere il discorso più avanti...


> VIII Quaderno di "Poesia da fare", e n.17 della rivista
2006-12-08 22:24:51|di matteo fantuzzi

ho ricevuto, grazie molte. matteo


> VIII Quaderno di "Poesia da fare", e n.17 della rivista
2006-12-08 09:22:38|

Scusate se approfitto di questo spazio per una riflessione sull’attualità e sulla figura del dissidente.

Il funerale di ieri a Londra di Alexander Litvinenko sotto la pioggia battente con la sepoltura dell’ex spia russa nello stesso cimitero dove è sepolto Karl Marx. Un musulmano si è spinto oltre la grata, s’è inginocchiato dinanzi alla bara e ha iniziato a pregare in arabo: pare che Litvinenko si fosse convertito all’Islam sul letto di morte. C’è, in questa conversione, qualcosa di estremamente provocatorio, assurdo.

Sconcerto collettivo? Vero, allora: questo è il senso più autentico del rifiuto. Il pianeta è enormemente, tragicamente e ridicolamente danneggiato - ora, come nei secoli dei secoli - dalle opposizioni e beghe, ovvero dalle bagattelle settarie. I popoli, con la loro gente, dai veri disperati agli artisti riconosciuti come tali, si odiano ed ostacolano ancora e sempre in virtù di Marx o Heidegger. Vi sono e vi saranno intolleranze e vendette trasversali a partire da differenze di gusto, addirittura.

La gente si denigra, si lede e si elimina vicendevolmente a partire da questa tendenza, che non cessa. A certi individui pare perfino di sentirsi più “individui” quanto più forte è la loro volontà e capacità di portare avanti questa condotta (bellicosa, diffamatoria ed oppositiva). Si prova interesse solo per chi soggiace alle proprie regole. L’omologazione dovrebbe essere la soluzione? Tutti sotto una stessa identica bandiera, quella del più forte che, di volta in volta, malgrado le differenze di colore è, in un modo o nell’altro, sempre lo stesso?

L’avanguardia poetica dovrebbe fare ciò: unire il massimo dello sperimentalismo formale il massimo della forza trasgressiva della dissidenza, avere un piano, vari piani operativi e non un fine fisso.
Tradire il dettato, anche il proprio, e liberarsi dalla gabbia che mistifica la vera faccia delle azioni umane, l’orizzonte storico, magari, voltando la faccia come ha fatto Litvinenko, all’ultimo momento perfino il proprio dio.

bye now, erminia


> VIII Quaderno di "Poesia da fare", e n.17 della rivista
2006-12-08 00:41:09|

Caro Luigi Nacci,
mi chiedi se sono d’accordo per migliorare, moltiplicare le condizioni di incontro? Non mi sembra che ci sono dubbi a proposito, visto che siamo qui a discutere (anche capendoci a sprazzi). Anzi, spero in un invito a Trieste prima o poi. E dal canto mio t’invito a considerare un contributo "Per una critica futura".

Quanto alla formula un po’ pleonastica "attivarsi nella realtà", siamo tutti belli tremendamente attivati dalla realtà che ci azzanna il culo a sufficienza. Semmai bisognerebbe ogni volta specificare: quante energie il mondo lavorativo ci lascia per fare attività non salariate? Quanto il nostro attivarsi nella realtà avviene al di fuori di ogni retribuzione, ruolo, funzione sociale riconosciuta? Ma questa è una faccenda che riguarda quasi tutti noi. Un giorno magari decideremo di chiedere in tanti, in modo perentorio, che questo nostro lavoro intellettuale, che questa circolazione di sapere, sia considerata una ricchezza sociale e come tale valorizzata, riconosciuta, retribuita.

andrea


> VIII Quaderno di "Poesia da fare", e n.17 della rivista
2006-12-07 22:00:01|

Il fatto che Cucchi e Giovanardi abbiamo liquidato così il Gruppo ’93 è per opposizione ai loro sostenitori a cominciare da Luperini e dalla sua proposta di una scrittura (ovvero di una ermeneutica)materialistica, dunque si tratta di una liquidazione (svalutazione) delle teoria che ne faceva da supporto - ed il commento citato da Luigi - “un furioso sperimentalismo linguistico” [...] “agendo all’ombra di confusissime parole d’ordine come ad esempio quella della scrittura materialistica” - davvero terribile, bitchy, su un’antologia Mondadori di questo tipo va a tutto detrimento dei suoi curatori, e non certo del Gruppo ’93, il cui valore di ricerca formale e anche di proposta teorico-ideologica è ben chiaro agli studiosi del periodo, operanti all’estero. Si sa: nemo profeta in patria est ....Gli studiosi a cui penso, miei colleghi (Mussgnug, Forgacs, Caesar, Baranski, ect) non si basano certo per le loro analisi di una introduzione ad una antologia Mondadori!, ma su studi d’altro tipo, monografiche critiche di spessore accademico....Le prefazioni ad antologie per quanto geniali ed illuminanti infatti vanno prese come operazioni di parte, selezioni a volte assolutamente arbitrarie, e legittime, è ovvio, nella loro arbitrarietà, ma certamente non accademiche. Del resto, chi scrive monografie critiche su un dato periodo o fenomeno letterario, ma scrive anche introduzioni a testi antologici come quello in questione, conosce bene la differenza che passa tra un giudizio analitico sostanziato da lunga e seria ricerca (a cui è pervenuto con tutti gli annessi e connessi del caso e del genere) e un giudizio di parte, simpatizzante per l’uno o l’altro sulla base di un umore o di una opinione, di una politica, o di una tendenza. Quindi, direi, "no worries" . Il Gruppo ’93 non sarà liquidato così in modo spicciolo da chi ha da dire cose ben più fondate e serie in questo ambito, da chi è esterno, e scevro da piccole gelosie e rivalse ideologiche, pure umane, comprensibili. (chi ha il potere lo sfrutta!)...Vi assicuro che un atteggiamento come quello che stiamo commentando non passa inosservato a chi si occupa di critica e di "ricostruzione del quadro" storico in modo "serio". Tale atteggiamento (da liquidazione, saldi)viene giustamente giudicato per quel che rispecchia: vale sempre il vecchio detto " l’essere bitchy danneggia chi lo è non chi ne è vittima". bye now, erminia


> VIII Quaderno di "Poesia da fare", e n.17 della rivista
2006-12-07 17:18:50|di Luigi Nacci

Caro Inglese,

citare un brano di Barilli, non significa, come dici tu, lasciare il bilancio sulle avanguardie solo a lui, Cucchi, Giovanardi o chicchessia. Né citarlo significa elevarlo ad auctoritas, o come dici tu a "teorico indispensabile per parlare OGGI dell’avanguardia". Per fare i conti con il passato, a mio modestissimo parere, non si possono escludere a priori questi o quelli. La ricostruzione del quadro coincide anche con inclusioni di voci “negazioniste/oscurantiste”, tipo Cucchi e Giovanardi, che nella nota antologia mondadoriana sul secondo Novecento liquidavano in poche righe il Gruppo 93 (esattamente così: “un furioso sperimentalismo linguistico”, “agendo all’ombra di confusissime parole d’ordine come ad esempio quella della scrittura materialistica”). Anche quel poco serio trattamento di fine rapporto fa parte della storia della letteratura - della storia, quella che anche noi facciamo o tentiamo di fare nel momento in cui discutiamo di ciò che ci ha preceduto. L’avanguardia è il corpus di saggi ANCORA DA SCRIVERE su Spatola, Costa, Niccolai, etc.; ed è ANCHE ciò che ne hanno scritto Bettini, Muzzioli, Mastropasqua, Carlino, Patrizi, Lunetta, etc; ed è ANCHE quello che ne ha scritto Luperini; ANCHE quello che (non) ne hanno scritto Giovanardi e altri come lui; ANCHE quello che ne hanno scritto Sanguineti o Giuliani o Balestrini o Pagliarani e così via.

Penso, e voglio essere ottimista, che negli ultimi anni le cose si stiano muovendo nella direzione di un allargamento/approfondimento della/e memoria/e (in direzioni divergenti, come è giusto che sia): c’è il lavoro che porta avanti Cepollaro e coloro che con lui collaborano, c’è “Baldus” che sta per essere ristampato da Sparajurij, c’è Padua che ha fatto una bella tesi di laurea prossima - spero - a diventare un libro, c’è la nuova collana fuoriformato di Cortellessa, molte altre iniziative del genere che andrebbero citate, e poi c’è tutto un altro versante secondo me fondamentale, e in questo mi ricollego direttamente a quanto detto da Lello e poi ripreso da Nevio: LA CREAZIONE DI SPAZI E CIRCUITI NUOVI (ATTIVARSI NEL REALE!), spazi in cui sia anche possibile allargare e (con)dividere quelle memorie: così faremo il 15 dicembre a Trieste, così facciamo quando chiamiamo i poeti per farli parlare con gli studenti nelle scuole (la scorsa settimana è venuta Rosaria Lo Russo, ma anche Lello è già venuto, e altri sono venuti e verranno a far vedere cosa c’è stato dopo Montale - sì perché oltre Montale a scuola chi ci va?), ugualmente quando organizziamo i dibattiti, i reading, o quando Lello organizza OctoberPoetryFestival o gli slam o quando Dome Bulfaro organizza PoesiaPresente a Monza e così via, in tutti questi casi contribuiamo ad allargare l’orizzonte di ricezione, a far sì che l’idea di poesia sia un’idea aperta, aperta prima di tutto a coloro che dovrebbero costituire il pubblico della poesia, al di là dei poeti e degli specialisti.

La domanda alla fine è: possiamo, restanti le differenze che ci contraddistinguono, migliorare questa rete che si sta costruendo, moltiplicare le occasioni di confronto/scontro/incontro?


> VIII Quaderno di "Poesia da fare", e n.17 della rivista
2006-12-07 17:17:29|di matteo fantuzzi

a lello: dove trovo il saggio su calzavara che sono interessato ?

grazie. mf.


> VIII Quaderno di "Poesia da fare", e n.17 della rivista
2006-12-07 17:02:28|

Ops! m’è scappata una frase: ogni dibattito sull’avanguardia è impossibile SE NON SI CONDIVIDE IL SIGNIFICATO DI QUESTA PAROLA COSÌ AMBIGUA ...

Nevious


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