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Viviana Scarinci: inediti da ATTI DEL FARSI

di Francesco Marotta

Articolo postato domenica 1 agosto 2010



Viviana Scarinci è nata nel 1973. Suoi testi sono presenti su numerose riviste, tra le quali "Nuovi Argomenti", "Atelier", "Gradiva", "Capoverso", "Il Segnale", e sui maggiori blog letterari della rete. Ha curato per Apeiron Editori il libro di memorie collettive L’isola di Kesselring. Nel 2009 ha pubblicato il libro Le intenzioni del baro, poesie 1995-2007; in e-book La luna dei cani, 2010.
Gestisce il blog personale “Diaria dell’interezza” e quello dell’Associazione Culturale Porto di Terra.



Viviana Scarinci- Inediti da Atti del farsi.

La lingua è un cane che azzanna, tu pensi che sia quel morso, l’ultimo che ti ha assestato a dolere ma non è così. È come se il cane ti fosse gemello, animale che ti nasce da un morso che appartiene ad un’altra razza e tira per il suo buio.


Il padre

1.
sto nelle cose come
un’estensione tua
le proseguo e ti combatto
e non sembra in questo
buco che un dilagare
passando ristrettezze
aggrumate a un centro
così puro che non esiste
come non esiste parola
per cui si cerchi più
di un bisogno ammutolito
l’impronta più fonda
di un claudicare, il passo
che non sostiene e sottrae
protraendo nient’altro
che questo scambio iniquo
di pesi e venti che
la terra solleva

2.
tu lo sapevi l’abitato
la distorsione refrattaria
a darsi conto o pace
ed eri come quelle notti
meridionali che acquetano
le mura in una sola ombra
a segnarti dove
mandare a memoria
dove smettere
la somma delle stagioni
e sui giorni da venire
operati dall’ansia
di sapersi, come
un vago esorcismo
cominciavi a eclissarti

3.
è tutto lì, rintracciabile
attorno a una coerenza perduta
e manifesta che ci attende
non è che passare da un varco
il darsi a questo ricorso
mettendo a dimora ogni sentenza
adesso che una forza
continua a dimenticarci
come fossimo sempre
stati in fuga da quell’animale puro
spaventoso e ora lo si veda
per intero nei nostri occhi
e senza più fretta
di concludergli un assetto
il gigantesco edificio
di ciò che non abbiamo saputo
toccare barrisce la sua mole
enorme, miserabile


Tu

intessi aghi
che obliterano una carta perduta
mai conquistata, un corpo
disarticolato e supremo
per cui non battersi – campi segni
fili d’ombra e un occhio annerito
e avverso, truccato di stanca crescita
che arretra al colmo del viso
fratto di spaventi

l’armonia la riduci a una zona di lessico

– manco Io, manca la linea prona
a un senso che avvera, manca
il fatto difforme del viso
a dire quanto di bianco abbatta
i minuti come un piccolo
insignificante esercito sopraffatto

divieni come un numero
– l’oggetto cardinale del vertice
cambia orizzonte estende
sottrae al fossile, nasci senza
volto, senza fame, senza pietra
che tiene calcareo il conio


Nasci

1.
Qui la marginalità veglia
senza contraddire l’ora
– neanche la partecipa
mira una rarefazione a venire
endemica e provvisoria
esprime il suo spendersi
nei corpi involontari
e collaterali, nella parola
che fa di sé e del resto
un paesaggio da cui
il tempo lentamente
distoglie finanche metterla
a tacere. La parola resiste
solo come dubbio
e anche taciuta, esiste
una sua solidità che
impedisce anche solo
con un lemma la dissolvenza
orchestrata dal tempo

2.
A guardarsi il volto di prima
si vede un’infanzia immobile
che coincide con queste fattezze di poi
Tutto è riscontrabile in quella contusione
tra provenienza e indirizzo
che sperde il volto dei bambini
e li lascia immobili come mitili
cui l’onda infrange senza intaccare
loro minima fissità

3.
Una deflagrazione erompe
nel corpo dell’amore
Le persone diventano storia
come se nella normalità
non lo si fosse, che troppo contenuti
da un’evidenza collettiva
Come se l’amore recasse
un corpo espanso, percettivo
e rendesse atti al farsi


***

L’immagine di testa è di Anna Bernasconi

1 commenti a questo articolo

Viviana Scarinci: inediti da ATTI DEL FARSI
2010-08-03 17:25:44|di Albizzi

Ritengp la Scarinci un’autice perfetta, quasi troppo umana nella sua profondità di leggere, descrivere e far risaltare ciò che e lì, di fronte a noi, e che solo lei però sa cogliere nella sua immensità.

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